Perché la pressione venosa è inferiore a quella arteriosa?

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONEIl cuore è una vera e propria “pompa” che – grazie all’azione del miocardio – spinge il sangue in tutto il corpo, imprimendogli una certa pressione. Quest’ultima dipende quindi dalla forza di eiezione del sangue in uscita dai ventricoli, ma anche dal diametro del vaso attraversato dal sangue e dalla natura della parete che costituisce il vaso.
Allontanandosi dal cuore, la pressione tende a diminuire ma le arterie, costituite di tessuto connettivo denso, all’arrivo dell’onda sfigmica si dilatano e restituiscono – in virtù delle proprietà elastiche della parete – la maggior parte dell’energia al sangue stesso, contribuendo, anche grazie alla diminuzione progressiva del diametro vasale, a mantenere alta la pressione e quindi permettere al sangue arterioso di giungere in tutto il corpo, anche in zone distanti dal cuore.
Nelle vene, le pareti sono diverse rispetto alle arterie: si “deformano” di più e restituiscono meno energia al sangue, ciò determina una pressione meno elevata rispetto alle arterie, anche in virtù del fatto che la pressione impressa da cuore in sistole, a livello venoso, è ovviamente molto più bassa in virtù delle resistenze periferiche.

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Il sugo al pomodoro fa bene al cuore e combatte i tumori

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO PASTA DIETA MEDITERRANEA CUCINARE CIBO DIETA DIMAGRIRE CUCINA POMODORI (4)Il sugo al pomodoro fa bene alla salute grazie a 40 polifenoli antiossidanti racchiusi nei suoi ingredienti: è il risultato di uno studio spagnolo pubblicato su Food Chemistry, condotto da un gruppo di scienziati dell’Università di Barcellona che hanno confrontato diverse salse vendute al supermercato. Secondo gli autori della ricerca le virtù del sugo al pomodoro si nascondono nel mix di tutti i suoi ingredienti: agli antiossidanti del pomodoro si aggiungono quelli di olio, cipolla ed aglio.

Rosa Maria Lamuela, coordinatrice della ricerca, ha affermato: “Con 120 grammi di sugo aggiunto alla pasta si introducono dai 16 ai 4 milligrammi di polifenoli per porzione e dai 6 ai 10 milligrammi di carotenoidi. Questi composti sono molto utili e un loro consumo è correlato alla riduzione dei tumori e delle malattie cardiovascolari, come ha dimostrato lo studio PREDIMED (PREvention with a MEDiterranean Diet) nel quale si è valutata la frequenza dell’uso di sugo di pomodoro connessa con il rischio di patologie a cuore e vasi, senza però “misurare” esattamente che cosa, dentro all’alimento, sia responsabile dell’effetto protettivo. La nostra ricerca ha perciò individuato le sostanze responsabili dell’azione benefica del sugo”.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Com’è fatto il cuore, a che serve e come funziona?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma COME FUNZIONA IL CUORE ECG ONDE2 Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaIl cuore è un muscolo potente, all’incirca delle dimensioni di un pompelmo, di forma conica, posto leggermente a sinistra del centro del torace. E’ uno degli organi più potenti del corpo ed oggi cercherò di spiegarvi come è fatto e come funziona, nella maniera più semplice possibile! Per prima cosa partiamo dalla sua posizione nel corpo.

Dove si trova il cuore e che forma ha?

Il cuore è posto nel torace, dietro lo sterno che lo protegge, posizionato leggermente a sinistra e poggiato sul diaframma in una zona che viene chiamato mediastino anteriore. Ha la forma di un tronco di cono ad asse obliquo rispetto al piano, immaginate una specie di triangolo con una base che guarda in alto verso il vostro mento ed un apice a sinistra nel quinto spazio intercostale (lo spazio tra la quinta e la sesta costa).

Quali sono le dimensioni del cuore e quanto sangue può contenere?

Le dimensioni del cuore variano ovviamente molto da persona a persona ed in base al riempimento; per approfondire l’argomento leggi questo articolo: Quanto pesa e quanto sangue contiene un cuore?

Come è diviso il cuore al suo interno?

All’interno, è diviso in quattro cavità distinte:

  • due cavità superiori chiamate atrio destro e atrio sinistro;
  • due cavità inferiori, denominate ventricolo destro e ventricolo sinistro.

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Una spessa parete muscolare, il setto atrio-ventricolare, divide le due parti del cuore. Completano il cuore le quattro valvole cardiache, importantissime perché mettono in comunicazione atri con ventricoli, ed il cuore stesso con la circolazione esterna. Le valvole regolano il flusso unidirezionale del sangue cardiaco, impedendo che esso torni indietro creando reflussi che sono alla base di varie patologie.

Leggi anche: Valvole cardiache: cosa sono, quali sono ed a che servono

Da cosa è formato il cuore?

Il cuore è composto da tessuti sovrapposti:

  • il pericardio, una sacca sierosa che lo avvolge e protegge;
  • l’epicardio;
  • il miocardio, il “muscolo” del cuore;
  • l’endocardio, che costituisce le pareti interne del cuore.

MEDICINA ONLINE PERICARDIO STRATO SIEROSO FIBROSO FOGLIETTO VISCERALE EPICARDIO E PARIETALE VANO PERICARDICO SACCO PERICARDICO LIQUIDO LIQUOR PERICARDICO STRATI DEL CUORE.

Il cuore è formato da tessuto muscolare striato involontario, ma a differenza degli altri muscoli del corpo umano il cuore è capace di generare da solo lo stimolo nervoso che ne assicura il movimento. Il miocardio, in particolare, è composto da fibre muscolari e da cellule cardiache chiamate miocardiociti. Queste cellule sono in grado di assicurare l’impulso nervoso necessario alla contrazione, cioè il battito cardiaco che permette la circolazione sanguigna. Il “generatore” di questo stimolo è il nodo seno atriale, posto tra vena cava superiore ed atrio destro, che trasmette l’impulso a contrarsi a tutto il cuore attraverso le fibre muscolari. Nel cuore si trovano anche fibre nervose autonome che costituiscono il plesso cardiaco, mentre il nervo vago e le fibre simpatiche connettono l’organo con il sistema simpatico, parasimpatico e sensitivo assicurando la coordinazione del cuore con gli stimoli cerebrali.

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Le valvole cardiache

Abbiamo visto che il cuore è diviso in quattro cavità: atrio destro e atrio sinistro superiormente e ventricolo destro e ventricolo sinistro inferiormente. Come già accennato prima, affinché non si verifichino “ingorghi”, ogni accesso nelle varie parti del cuore è regolato da un sistema di quattro valvole. Il sangue entra nell’atrio destro e nel sinistro, quindi, per passare nei ventricoli è necessario che si aprano la valvola tricuspide – a destra – e la valvola mitrale – a sinistra. A sua volta, per uscire dai ventricoli devono quindi essere superate la valvola polmonare (a destra) e la valvola aortica (a sinistra).

L’irrorazione sanguigna del cuore e l’infarto del miocardio

Il cuore necessita di un abbondante rifornimento di ossigeno e nutrienti che gli è fornito da un altrettanto abbondante quantità di sangue, assicurato dal sistema coronarico. Il sangue affluisce al cuore attraverso le arterie coronarie che si dipartono dall’aorta e rivestono il cuore con una fitta rete vascolare. L’arteria coronaria sinistra si divide in due rami principali; l’arteria coronaria destra decorre con un unico ramo; dai tre rami principali si dipartono numerosissime arterie di calibro progressivamente minore, in modo da raggiungere – con i rami più piccoli, i capillari –  tutte le cellule del tessuto cardiaco. Quando il miocardio non viene irrorato del tutto o non viene irrorato a sufficienza, a causa di un restringimento delle coronarie e di altri fattori concomitanti, il cuore e i suoi tessuti soffrono per la mancanza di ossigeno.Si parla in questi casi di ischemia del miocardio (cardiopatia ischemica o ischemia miocardica) che si concretizza nel temuto infarto del miocardio (o sindrome coronarica acuta). Altre patologie che possono colpire il cuore sono di origine infiammatoria, lesioni vallvolari e problemi della conduzione nervosa come l’aritmia.

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La grande efficienza del cuore

Il cuore è un organo straordinario, potente e resistente: durante l’attività fisica il cuore è in grado di pompare fino a 20-30 litri di sangue al minuto per assicurare il maggior fabbisogno di sangue da parte dei muscoli; a riposo il cuore fornisce circa 5 litri di sangue ossigenato al minuto. La pressione arteriosa considerata ottimale è compresa tra 130 (pressione sistolica o alta) e 80 (pressione diastolica o bassa) mmHg anche se tali valori variano molto in base al soggetto (età, costituzione…).

Come si muove il sangue all’interno del cuore e uscendo da esso?

Il movimento del sangue dentro al cuore è semplificato nell’immagine che segue. Per meglio capire come si muove il sangue all’interno del cuore ed all’uscita da esso, leggi questo articolo: Come si muove il sangue all’interno del cuore?

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Che significa sistole e diastole?

Il cuore garantisce la sua attività di pompa attraverso movimenti coordinati chiamati ciclo cardiaco. Tale ciclo si compone, di due fasi che si ripetono in media 70 volte al minuto a riposo: una fase di rilassamento (diastole) e una di contrazione (sistole). La circolazione si fonda sulla diversa pressione che il sangue esercita sulle strutture cardiache, provocandone la chiusura per evitare il flusso retrogrado.

  • Durante la fase di diastole, le valvole tra atri e ventricoli sono aperte, la muscolatura delle camere è rilassata e il sangue scorre liberamente tra camere e atri. In questa fase le valvole semilunari sono chiuse, impedendo che il sangue entri nei letti vascolari.
  • Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma COME FUNZIONA IL CUORE ECG ONDE1 Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaDurante la sistole, atri e ventricoli si contraggono in maniera coordinata: prima gli atri (sistole atriale) e poi i ventricoli (sistole ventricolare). Nella contrazione ventricolare la pressione del sangue spinge l’alto le valvole atrio-ventricolari e ne provoca la chiusura, non permettendo che il sangue torni negli atri, e il sangue viene pompato nelle vene effluenti, vale a dire quelle attraverso il quale il sangue esce dal cuore.

La coordinazione tra sistole e diastole avviene – semplificando – grazie ad una specie di “percorso elettrico”: l’elettricità compie uno specifico schema nel cuore ed “attiva” le varie parti in maniera coordinata. Tale elettricità viene registrata da un apparecchio chiamato elettrocardiografo e determina le famose onde che vediamo nei tracciati elettrocardiografici. Per approfondire: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

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Lavori troppo? La tua salute è a rischio: ecco i 10 trucchi per faticare di meno a lavoro

dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-ecografia-vascolare-LAVORI TROPPO SALUTE RISCHIO articolare-medicina-estetica-mappatura-nei-posturale-dietologo-roma-ecografia-articolare-flebologo-aiuto-medicina-privato-studio-visita-prenota-costoLe vacanze estive stanno finendo per molti di noi, le città lentamente si riempiono di nuovo e si ritorna a lavoro, ma ora una ricerca britannica ci ricorda un dato che ad alcuni può apparire scontato: lavorare troppo fa male alla nostra salute. Secondo questa ricerca, pubblicata recentemente su Lancet, basta lavorare un’ora più del dovuto ogni giorno per veder salire del 10% il rischio di incappare in un ictus nei successivi otto anni e mezzo. Naturalmente il pericolo si impenna per gli stakanovisti: lavorare 55 ore o più a settimana porta il pericolo ad aumentare di un terzo. Inoltre chi passa più tempo a lavorare è anche più incline a sviluppare una cardiopatia o un ictus cerebrale (il rischio aumenta del 10%).

I dieci consigli per stancarsi di meno a lavoro

1) Bevi un bicchiere d’acqua quando ti svegli

2) Svolgi le priorità lavorative sempre per prime

3) Ogni ora di lavoro, riposa 5 minuti

4) Programmiamo il 90% della giornata (il 10% è per gli imprevisti)

5) Ordiniamo gli oggetti

6) Preparati un “piano B” nel caso in cui le cose vadano male

7) Loda in pubblico e critica in privato

8) Ascolta il tuo corpo

9) Il lavoro non è tutto

10) Il lavoro domani è ancora lì: puoi continuare a lavorare domani!

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Insufficienza venosa e vene varicose: cause, prevenzione e trattamenti

MEDICINA ONLINE INSUFFICIENZA VENOSA CAUSE VENA VENE VALVOLE VARICI GAMBE CHIRURGIA TRATTAMENTI DOLORE FASTIDIO SANGUE CIRCOLAZIONE MICROCIRCOLO.jpg
Il termine “insufficienza venosa” definisce una condizione patologica dovuta ad un difficoltoso ritorno del sangue venoso al cuore. L’insufficienza venosa degli arti inferiori innesca un aumento di pressione nei capillari, con successiva formazione di edema, ipossia generalizzata e lattacidemia (eccessiva presenza di acido lattico nel sangue).
L’insufficienza venosa richiede un intervento terapico, farmacologico e/o medico: quando non trattata o trascurata, la condizione può degenerare in una sindrome progressiva contraddistinta da dolore, gonfiore, alterazioni cutanee e, nei casi più gravi, varicoflebite (formazione di un trombo secondario insorto su varici).

Incidenza

L’insufficienza venosa costituisce una condizione patologica particolarmente diffusa nei Paesi Occidentali ed industrializzati, mentre nelle aree poco sviluppate, come i Paesi poveri di Africa ed Asia, il fenomeno si presenta in misura molto minore.
L’insufficienza venosa è una realtà attuale: in genere, le donne sono molto più colpite rispetto al sesso forte. In Italia, ad esempio, si stima che il 30% della popolazione femminile ed il 15% di quella maschile sia affetto da insufficienza venosa di entità variabile.
Da quanto riportato sulla rivista European journal of vascular and endovascular surgery si possono ricavare interessanti stime:

  • In età giovanile, l’insufficienza venosa colpisce il 10% dei maschi e il 30% delle femmine
  • Dopo i 50 anni, il fenomeno vascolare si manifesta nel 20% dei maschi e nel 50% delle donne.

Da questi dati si comprende non solo che l’insufficienza venosa colpisce prevalentemente il gentil sesso, ma anche e soprattutto che l’incidenza del disturbo aumenta proporzionalmente all’età.

Leggi anche: I 12 segni che indicano una cattiva circolazione da non sottovalutare

Cause e classificazione

In base alla causa scatenante, l’insufficienza venosa può essere classificata in due macrogruppi:

  1. INSUFFICIENZA VENOSA ORGANICA: causata da alterazioni patologiche delle vene. In questa categoria rientrano:
    • Dermatite da stasi: persistente infiammazione della cute degli arti inferiori, generata da una stasi vascolare. La dermatite da stasi è una condizione patologica tipica dei pazienti affetti da disturbi circolatori nelle vene delle gambe; il disturbo si presenta con edema cronico agli arti inferiori, prurito, escoriazioni ed essudazione.
    • Sindrome delle gambe senza riposo (RLS): alcuni pazienti affetti da questa sindrome sviluppano successivamente insufficienza venosa.
    • Trombosi venosa profonda: condizione patologica dovuta all’ostruzione di una vena a causa di un trombo (grumo di sangue). Una simile ostruzione del circolo profondo è responsabile, a sua volta, del difficoltoso ritorno venoso; si parla pertanto di insufficienza venosa profonda.
    • Varici: le vene varicose sono dilatazioni anomale e permanenti di vene ed arterie, espressione di un’alterazione dell’efficienza delle valvole venose.
  1. INSUFFICIENZA VENOSA FUNZIONALE: condizione dovuta ad un sovraccarico funzionale delle vene che, pur in piena salute, sono sottoposte ad un lavoro eccessivo rispetto alle loro possibilità.
    • Linfedema: il ristagno di linfa nei vari distretti dell’organismo, che caratterizza il linfedema, è dovuto ad una compromissione del sistema linfatico. Il linfedema richiede un superlavoro da parte delle vene, pertanto può favorire l’insufficienza venosa.
    • Ridotta mobilità degli arti (tipico dei soggetti che rimangono in posizione statica per lungo tempo → edema da immobilizzazione). Anche le anomalie posturali (piede piatto, alterazioni della morfologia del rachide ecc.) costringono le vene ad uniperlavoro, che può sfociare nell’insufficienza venosa.
Classificazione clinica dell’insufficienza venosa
Classe 0 Assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa
Classe 1 Presenza di teleangectasie o vene reticolari
Classe 2 Presenza di vene varicose
Classe 3 Presenza di edema
Classe 4 Turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, ipodermite
Classe 5 Come classe 4 con ulcere cicatrizzate
Classe 6 Come classe 4 con ulcere in fase attiva

Fattori di rischio

Alcuni pazienti sono più predisposti all’insufficienza venosa rispetto ad altri.Quali sono i fattori di rischio?

  • Assunzione di una postura statica per lungo tempo
  • Gravidanza
  • Ipertensione
  • Obesità
  • Lavori in ortostatismo (che richiedono di rimanere in piedi e fermi per lungo tempo)
  • Predisposizione genetica
  • Fumo di tabacco
  • Pregressa storia di trombosi venosa profonda
  • Sesso femminile
  • Statura: i soggetti alti sono più a rischio di insufficienza venosa
  • Terapia ormonale estrogenica.

Leggi anche: Vene varicose: sintomi iniziali e come curarle ed eliminarle

Sintomi e segni

I sintomi e segni di insufficienza venosa sono molto variabili, tuttavia spesso sono i seguenti:

  • Ulcere cutanee
  • Vene varicose
  • Gambe gonfie e pesanti
  • Caviglie gonfie
  • Ispessimento della pelle
  • Porpora 
  • Prurito
  • Comparsa di macchie scure
  • Crampi ai polpacci
  • Dilatazione delle vene superficiali
  • Dolore in corrispondenza di una vena varicosa
  • Edema persistente 
  • Flebite
  • Formicolio alle gambe
  • Teleangectasie
  • Trombosi venosa profonda.

Leggi anche: Formicolio alle mani, piedi, braccia e gambe: cause e cure

Gravità

In base alla gravità, esistono sette classi di insufficienza venosa:

  • Classe 0 assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa
  • Classe 1 teleangectasie o vene reticolari
  • Classe 2 vene varicose
  • Classe 3 edema
  • Classe 4 turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, ipodermite
  • Classe 5 Come classe 4 ulcere cicatrizzate
  • Classe 6 Come classe 4 ulcere in fase attiva.

Complicanze

L’insufficienza venosa può determinare, direttamente o indirettamente:

  • cellulite batterica;
  • distrofie cutanee;
  • ischemia e necrosi della pelle;
  • setticemia;
  • embolia polmonare;
  • ulcerazioni cutanee;
  • infezioni cutanee;
  • varicoflebite.

Diagnosi

La diagnosi di insufficienza venosa consiste inizialmente nell’anamnesi e nell’esame obiettivo. Possono poi essere necessari vari esami, come ad esempio TC, ecografie con colordoppler ed esami del sangue.

Diagnosi differenziale

L’insufficienza venosa va distinta da altre patologie per alcuni versi simili, tra cui:

  • Manifestazioni cutanee di patologie cardiache/renali
  • Teleangectasie
  • Ulcere d traumi
  • Vene varicose
  • Allergia da contatto
  • Carcinoma basocellulare
  • Cellulite batterica
  • Dermatite da stasi
  • Erisipela.

Leggi anche: Differenza tra massaggio drenante e massaggio linfodrenante

Terapie

La cura dipende dalla causa specifica che ha determinato a monte l’insufficienza venosa. In genereale è utile:

  • eliminare il fumo;
  • perdere peso se obesi;
  • praticare esercizio fisico costante e regolare (anche una semplice camminata di mezz’ora al giorno);
  • seguire una dieta sana e bilanciata;
  • bere molta acqua;
  • utilizzare calze elastiche/bende a compressione;
  • evitare di rimanere in posizioni statiche per lunghi periodi;
  • evitare di rimanere in posizione eretta per lungo tempo;
  • evitare di rimanere in ambienti caldi;
  • applicare creme o pomate ad azione capillaro-protettiva, antiedemigena e decongestionante;
  • muovere spesso le gambe;
  • rialzare il letto nella zona in corrispondenza dei piedi;
  • non indossare scarpe con tacchi alti;
  • non indossare abiti troppo aderenti;
  • evitare di assumere la pillola anticoncezionale;
  • non sporsi per lunghi periodi al sole o fare bagni molto caldi;
  • seguire corsi di rilassamento e yoga.

Sono utili gli integratori a base di:

  • Vitis vinifera
  • Ginkgo biloba
  • Ippocastano
  • Rutina
  • Amamelide
  • Diosmina
  • Luteina
  • Esperidina.

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I farmaci più indicati sono:

  • farmaci anticoagulanti ad applicazione topica;
  • scleroterapia;
  • farmaci flebotonici;
  • farmaci profibrinolitici.

Nei casi più gravi, si ricorre alla chirurgia, tramite:

  • valvuloplastica;
  • rimozione della vena interessata;
  • laserterapia;
  • ablazione con radiofrequenza.

Sia l’ablazione con radiofrequenza che la terapia laser possono creare effetti collaterali fastidiosi, anche se reversibili: piccoli ematomi, ustioni cutanee, formicolii alle gambe e lievi lesioni dei nervi. Entrambi gli interventi producono risultati eccezionali nel trattamento dell’insufficienza venosa.

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Cos’è un infarto e quanti tipi di infarto conosci?

MEDICINA ONLINE INFARTO DEL MIOCARDIO POLMONARE RENALE CEREBRALE CORONARIE ARTERIE TROMBO EMBOLO OSTRUZIONE DIFFERENZA ICTUS EMORRAGICO EMORRAGIA ISCHEMICO ISCHEMIA NECROSI MORTE PERICOLO SANGUE CIRCOLAZIONE.jpgMi capita spesso che i pazienti mi chiedano lumi riguardo la parola “infarto”. Tutti sanno cosa sia, ma quando gli chiedi cosa significa esattamente, non tutti… sanno cosa sia! Cerchiamo oggi di fare un po’ di chiarezza. Inizio col dire che quando comunemente si usa la parola “infarto”, nella maggior parte dei contesti è praticamente ovvio che ci stiamo riferendo all’infarto del miocardio. Ma in realtà tale parola può riferirsi a diverse patologie.

Ma quindi esistono diversi tipi di infarto, non solo quello “del cuore”?

Cominciamo con lo spiegare che la parola “infarto” significa necrosi tissutale (cioè morte delle cellule che compongono un dato tessuto) causata da ischemia (cioè diminuzione o assenza del flusso di sangue in quel tessuto). La diminuzione o assenza del flusso sanguigno è a sua volta causata da vari fattori, molto spesso da aterosclerosi  (cioè ostruzione del vaso sanguigno da parte di placche lipidiche) o da trombosi o da un embolo. Ricapitolando: l’ostruzione di un vaso sanguigno provoca il mancato afflusso di sangue ad un tessuto (ischemia) ed esso, se non viene ripristinato al più presto il flusso, andrà incontro a necrosi – cioè morirà – dal momento che le cellule che lo compongono sono rimaste senza sangue (e quindi senza ossigeno e nutrimento) troppo a lungo. Questo evento prende il nome di infarto. Dire “infarto” e dire “infarto del miocardio”, pur se usati spesso come sinonimi, non sono però la stessa cosa: è necessario chiarire che l’infarto del miocardio è una data tipologia di infarto, in cui l’ischemia, quasi sempre determinata da ostruzione delle arterie coronarie, colpisce il cuore.

Ischemia ed infarto sono sinonimi?

No, non lo sono. “Ischemia” indica diminuzione della perfusione ematica, mentre “infarto” indica la morte del tessuto provocata da una prolungata ischemia. E’ importante ricordare che non tutte le ischemie determinano necessariamente un infarto: se il flusso di sangue viene ripristinato molto rapidamente, il tessuto potrebbe non subire alcun danno permanente; se invece il flusso ematico NON viene ripristinato rapidamente o non viene ripristinato affatto, il danno tissutale sarà probabilmente permanente e, spesso, determinerà il decesso del paziente. Il tempo in cui il danno necrotico si instaura, dipende non solo dalla causa della mancata perfusione (ostruttiva o non ostruttiva, acuta o cronica) ma anche dal metabolismo soggettivo di ogni tessuto: più un organo ha bisogno di sangue per sopravvivere, più velocemente andrà in necrosi in caso di ischemia.

Vari tipi di infarto

A seconda del tessuto che rimane privo del necessario afflusso sanguigno, l’infarto prende un nome diverso. Se ad esempio è il tessuto intestinale ad andare incontro a necrosi, allora si parla di infarto intestinale; se invece vi è necrosi di tessuto cerebrale, si parlerà di infarto cerebrale (o ictus cerebrale). Quando ad essere ostruiti sono uno o più rami dell’arteria polmonare, si parlerà di infarto polmonare. Se l’interruzione del flusso arterioso avviene a livello dell’arteria renale, a rimanere senza nutrimento è il rene con conseguente ischemia renale ed infarto renale. Questi tipi di infarto sono tra i più diffusi (tranne quello renale, più raro), ma abbiamo dimenticato il più diffuso, cioè…

L’infarto del miocardio

Si parla di infarto del miocardio quando il tessuto interessato da necrosi è il miocardio. Cos’è il miocardio? E’ il muscolo cardiaco che in questo momento permette al vostro sangue di circolare nel vostro corpo. Il cuore è un muscolo, ricordiamocelo!
All’inizio dell’articolo dicevo che quando comunemente si usa la parola “infarto”, è praticamente ovvio che ci stiamo riferendo all’infarto del miocardio. Perché ciò avviene? Semplice: l’infarto del miocardio è l’infarto più diffuso, quindi ormai, nell’uso comune, “infarto” ed “infarto del miocardio” sono praticamente dei sinonimi.

Per approfondire:

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Sapresti riconoscere un infarto del miocardio? Impara ad identificarlo e salverai una vita (anche la tua)

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CUORE DOLORE TORACE ADDOMEQuello che sto per dirvi oggi, dovrebbe essere insegnato almeno dalle scuole medie in poi, perché l’infarto del miocardio è una di quelle patologie in cui la velocità di diagnosi e di trattamento, può realmente fare la differenza tra la vita e la morte. Se voi od una persona di fronte a voi, ha un infarto cardiaco (più precisamente “infarto del miocardio”, cioè del muscolo del cuore), saperlo riconoscere in tempo, salva una vita.

Cos’è un infarto?

L’infarto miocardico acuto (IMA) è una necrosi dei miociti provocata da ischemia prolungata, susseguente a inadeguata perfusione del miocardio per squilibrio fra richiesta e offerta di ossigeno, spesso secondaria all’occlusione di una coronaria causata da un trombo. In parole semplici: non arriva abbastanza sangue al muscolo cardiaco (spesso a causa di un trombo che occlude le coronarie) e quest’ultimo muore e smette di funzionare.

Leggi anche: Com’è fatto il cuore, a che serve e come funziona?

I sintomi e segni tipici dell’infarto del miocardio

Vediamo ora una sintetica lista di sintomi tipicamente associati ad un infarto del miocardio:

  • pressione o dolore oppressivo al centro del petto, che si può irradiare su tutto il torace, sul braccio sinistro e sulla mandibola;
  • dispnea (difficoltà a respirare);
  • stanchezza;
  • nausea;
  • vomito;
  • sudorazione fredda;
  • cute umida;
  • agitazione e ansia;
  • pallore;
  • vana ricerca di una posizione capace di calmare il dolore;
  • vertigini;
  • svenimento;
  • senso di morte imminente.

Non necessariamente tali sintomi e segni indicano infarto, tuttavia in presenza di essi vi consigliamo di chiamare subito il 112.

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Quando il paziente deceduto “resuscita”: la sindrome di Lazzaro

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO SEMEIOTICA FONENDOSCOPIO ESAME (2)E se il paziente, dopo essere deceduto, tornasse in vita? Raro, ma può succedere: è la sindrome di Lazzaro. Di cosa si tratta esattamente? La sindrome di Lazzaro è caratterizzata dalla spontanea – ed inaspettata – riattivazione del sistema cardiocircolatorio dopo che la rianimazione cardiopolmonare ha fallito. Il nome di questa curiosa sindrome deriva da Lazzaro di Betania che, secondo quanto narrato nel Nuovo Testamento, sarebbe stato resuscitato da Gesù. Si tratta di un fenomeno estremamente raro, riscontrato in circa venti casi documentati negli ultimi cinquanta anni.

Il caso Colombiano: donna “resuscita” poco prima di essere sepolta

Uno di questi pochissimi casi è avvenuto quattro anni fa: gli addetti delle pompe funebri della città colombiana di Cali hanno avuto uno shock, quando una donna di 45 anni, dichiarata clinicamente morta dai medici, ha improvvisamente iniziato a respirare e a muoversi, mentre veniva preparata per la sepoltura.
Gli strumenti medici non rilevavano più sulla paziente né la pressione arteriosa, né la frequenza cardiaca, secondo Miguel Angel Saavedra, un medico della clinica dove la donna era stata ricoverata. Il personale medico così ha firmato il certificato di morte. Si è trattato della “sindrome di Lazzaro”, secondo i medici di quell’ospedale. La donna in realtà era morta, ma ha poi cominciato a respirare di nuovo e a fare dei movimenti. Successivamente la donna venne riportata all’ospedale dove purtroppo entrò in coma.

“Fenomeno Lazzaro”: il caso nel Regno Unito

Altro caso nel Regno Unito. Due medici inglesi, Vedamurthy Adhiyaman, geriatra al Glan Clwyd Hospital e Radha Sundaram, specialista in anestesia e terapia intensiva al John Radcliffe Hospital definirono alcuni anni fa “fenomeno Lazzaro” il caso di un loro paziente di 70 anni che aveva subito un’arresto cardiaco in ospedale. Le tecniche di rianimazione non avevano dato risultati sperati, ma dopo quaranta minuti in cui era a tutti gli effetti morto, improvvisamente iniziò a respirare di nuovo, mentre la sua circolazione sanguigna si riattivava spontaneamente.

Cause della sindrome di Lazzaro

Le cause della sindrome di Lazzaro non sono state ancora definite, vi sono solo teorie a riguardo. Una di queste teorie si basa sull’accumulo di pressione all’interno del torace in conseguenza delle manovre di rianimazione.

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La teoria dell’accumulo di pressione

Nel corso della rianimazione cardiopolmonare una eccessiva ventilazione del paziente risulta estremamente dannosa in quanto comporta un aumento di pressione intratoracica e viene a ridurre il già scarso ritorno venoso durante l’arresto cardio-circolatorio. Le manovre di compressione toracica all’inizio di ogni “ciclo” di RCP servono a ripristinare una più bassa pressione intratoracica. Solo dopo la normalizzazione della pressione toracica le ulteriori compressioni divengono realmente efficaci nello “spremere” il sangue dalle cavità cardiache e nei vasi polmonari, in quantità decisamente maggiore rispetto al volume contenuto nel solo cuore,  permettendo un flusso nei vasi arteriosi. Le ventilazioni eccessive contrastano questa azione ed impediscono la ripresa di circolo.
Si pensa che la normalizzazione della pressione al termine della rianimazione cardiopolmonare possa permettere l’espansione del cuore, cui consegue la riattivazione del nodo senoatriale e l’instaurarsi di nuovo del battito cardiaco e quindi della “resurrezione” del paziente.

Altre teorie

Oltre alla teoria sull’accumulo di pressione all’interno del torace in conseguenza delle manovre di rianimazione, vi sono altre teorie che sembrerebbero spiegare la sindrome di Lazzaro. Le maggiori teorie considerano come principali  fattori l’iperpotassiemia e l’utilizzo di alte dosi di adrenalina, tuttavia la scienza è ancora lontana dal trovare una spiegazione veramente valida.

Curiosità

Un caso di sindrome di Lazzaro è alla base del thriller del 2015 “The Corpse of Anna Fritz”, film spagnolo scritto e diretto da Hèctor Hernández Vicens.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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