Test per la diagnosi di schizofrenia

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE TRISTE STANCHEZZA PSICOSOMALa schizofrenia è una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’affettività, da un decorso superiore ai sei mesi, con forte disadattamento della persona ovvero una gravità tale da limitare le normali attività di vita della persona.

Test per la diagnosi di schizofrenia

Spesso si ritiene che possano essere configurati degli specifici test per la schizofrenia. In realtà, da questo punto di vista, bisogna fare una certa attenzione, perché la diagnosi della schizofrenia è molto complessa e non può essere affidata al fai da te. Online possono trovarsi dei quiz, che danno delle indicazioni molto spesso non attendibili. Un vero test psicologico deve obbedire a dei criteri ben precisi, come la standardizzazione, la validità del contenuto, l’efficacia rispetto ad un criterio esterno e la validità del costrutto. Solo in questo modo può essere considerato attendibile. Comunque, in senso generale, il disagio schizofrenico può essere riconosciuto solo ed esclusivamente da personale sanitario esperto, attraverso un’attenta e generale considerazione dell’anamnesi e del quadro sintomatologico del paziente.

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Distacco di corpo vitreo: precauzioni, cosa fare, integratori utili e tempi di guarigione

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE EYES ANATOMY RETINA FOVEA CORPO VITREO CORNEA VISTA VISION SCLERA COROIDE MACULA CRISTALLINO LIMBUS NEO MELANOMA NEVO MIOPIA DALTONISMO PRESBIOPIA STRABISMO OCL’umor vitreo è una sostanza gelatinosa dentro la camera vitrea del nostro occhio, che può staccarsi parzialmente o completamente dalla retina alla quale aderisce, il risultato è uno spostamento verso la parte centrale del bulbo oculare. Il distacco del vitreo è comune nelle persone sopra i 65 anni e può far parte del normale processo di invecchiamento dell’essere umano.

COSA È IL VITREO?

Il vitreo è contenuto nella camera vitrea, il corpo vitreo o umor vitreo è una sostanza gelatinosa che fa da supporto al cristallino nella parte anteriore del nostro bulbo oculare, e nella parte posteriore è il supporto della retina. Il vitreo costituisce circa l’80% del volume oculare. Esso è composto principalmente da:

  • acqua (99%),
  • acido ialuronico,
  • fibre di collagene.

Queste fibre hanno il compito di far aderire bene il corpo vitreo e la retina, sono infatti delle fibre di giunzione, nel copro vitreo non passa alcun vaso sanguigno.

CAUSE DEL DISTACCO DEL VITREO

Come prima citato la prima causa del distacco del Vitreo è da addebitare all’invecchiamento, la perdita in età avanzata dell’importante acido ialuronico tende a rendere più acquoso l’umor vitreo e quindi a perdere la sua consistenza gelatinosa che porta il Vitreo a ritirarsi al centro dell’occhio staccandosi dalla retina. In questo caso gli specialisti non considerano il distacco del vitreo una malattia ma un evento di invecchiamento naturale, non esistono prove di una maggiore predisposizione di alcuni soggetti rispetto ad altri. Gli altri fattori che causano questo distacco invece sono dovuti a difetti congeniti alla vista, processi infiammatori, interventi chirurgici o traumi, i più comuni sono:

  • Miopia molto forte
  • Uveite
  • Trattamento laser intraoculare
  • Microchirurgia intraoculare
  • Traumi oculari di vario tipo.

SINTOMI

Nella maggior parte dei casi il distacco del vitreo è asintomatico e quindi non determina disturbi visivi apprezzabili, è infatti difficile rendersi conto di questo stato. Quando invece il distacco è sintomatico si hanno i seguenti fastidi alla vista:

  • visione sfocata: il soggetto non riesce a mettere a fuoco gli oggetti in qualunque condizione di luce;
  • fotopsia: visione di cerchi, lampi o linee di luce improvvisa;
  • visione dei “corpi mobili” detti anche miodesopsie: dai pazienti vengono descritti come corpi mobili di varia forma, come puntini o fili di ragnatela, alcuni invece li percepiscono come delle piccole mosche. Queste anomalie della vista hanno una grandissima variabilità, alcuni le vedono piccolissime, altri grandi e di numero variabile, da poche a moltissime. Lo stesso paziente può vedere aumentare o diminuire di numero questi corpi mobili senza una ragione apparente.

Le sintomatologie descritte possono essere anche tutte presenti in un solo soggetto, non esistono regole. Il distacco del vitreo può essere a tutti e due gli occhi e quindi bilaterale, o ad un solo occhio e quindi essere monolaterale, la condizione bilaterale è tipica dell’invecchiamento.

Cosa fare se si sospetta di avere la patologia?

Se una persona vede dei lampi di luce sul campo visivo bisogna recarsi con urgenza (lo stesso giorno) in pronto soccorso. Il medico deve valutare con cura la retina centrale e periferica ed escludere eventuali lesioni retiniche o rotture che possono evolvere nel distacco della retina. In questi casi, l’oculista può consigliare un intervento urgente per evitare che il distacco peggiori.
Se il paziente rimanda l’operazione, ci sono più difficoltà di recupero.
Il 10% dei pazienti che presentano il distacco del vitreo hanno la rottura della retina (la metà di questi hanno più lesioni).

COMPLICAZIONI

Il distacco del vitreo in una percentuale del 10% dei casi può portare a lesioni della retina. Può in alcuni casi determinare una lesione come il “foro maculare”, questa condizione porta alla formazione di una apertura sulla macula che interrompe la continuità retinica. Questa rottura della retina può portarne il distacco, questo avviene secondo degli studi nel 40% dei casi.

DIAGNOSI

Il distacco del vitreo viene diagnosticato tramite l’esame del fondo oculare da parte dell’Oftalmologo. Viene utilizzata un particolare strumento detto “lampada a fessura” che permette di visionare accuratamente retina ed umor vitreo, è infatti una sorta di microscopio che emana una forte luce del tutto innocua. Prima del controllo viene applicato nell’occhio un collirio a base di atropina che provoca la dilatazione involontaria della pupilla per un ottimale esame dell’occhio, i suoi effetti si hanno in circa 30 minuti e possono persistere fino ad oltre sei ore, non è consigliabile guidare in questo frangente di tempo.

TERAPIA DEL DISTACCO DI VITREO

Nella maggior parte dei casi la migliore terapia è attendere la spontanea scomparsa dei sintomi, che di solito avviene entro i sei mesi dal distacco del vitreo. Si raccomanda una dieta bilanciata, ricca di vitamine, sali minerali ed acqua. I pazienti possono giovarsi anche di alcuni integratori alimentari, come questi:

Il distacco del corpo vitreo posteriore è pericoloso?

La maggior parte delle persone che sviluppano un distacco del vitreo posteriore non è in pericolo di ulteriori complicazioni all’occhio.
Il solo sintomo residuo può essere la persistenza di alcune mosche volanti nel campo visivo. Il 7-15% di coloro che hanno un distacco vitreo posteriore con corpi mobili, fulmini, lampi di luce (detti anche fosfeni) o calo della vista, può avere anche la rottura della retina. La rottura della retina può portare ad un distacco della retina.
Purtroppo, i sintomi di un distacco del vitreo senza una rottura retinica sono gli stessi di quelli con una lesione. La presenza di una lesione è riconosciuta solo da un oculista durante una visita con dilatazione della pupilla. I corpi volanti possono essere fastidiosi, ma sono innocui. Di solito persistono ma sono meno evidenti con il tempo perché affondano all’interno dell’occhio a causa della gravità e quindi si spostano dalla retina. I flash di solito regrediscono tra 4 e 12 settimane, ma in alcuni pazienti questo periodo può essere più lungo.

Precauzioni in caso di distacco del corpo vitreo

La maggior parte delle persone con un distacco del vitreo non deve stare a riposo. Non ci sono prove che se il paziente interrompe alcune attività impedisce al distacco del vitreo di causare una rottura della retina. Non esiste una prova che le seguenti attività possano causare problemi con il distacco del vitreo:

  • sollevamento di carichi molto pesanti o attività fisica intensa;
  • praticare sport di contatto come il rugby, arti marziali o boxe;
  • sport estremi, come il bungee jumping;
  • posizioni difficili assunte durante le attività come lo yoga o il pilates.

È possibile che alcune di queste attività rendono più evidenti i corpi mobili. Questo fenomeno è dovuto al movimento durante le attività fisiche, ma non ad un alterazione anatomica all’interno dell’occhio, quindi si consiglia di attendere che i corpi mobili e i flash tornino come prima. È possibile continuare con le attività quotidiane come:

  • camminare;
  • fare esercizi di ginnastica dolce;
  • nuotare in maniera non agonistica;
  • leggere;
  • guardare la TV;
  • utilizzare smartphone, tablet e computer.

Attualmente non ci sono prove scientifiche del fatto che volare con un aereo possa danneggiare il corpo vitreo o peggiorare la situazione.

Quali sono i tempi di guarigione? Prognosi del paziente con distacco del corpo vitreo

La maggior parte dei pazienti recupera completamente e risolve i sintomi. Il distacco non si ripara, ma i sintomi associati tendono a diminuire progressivamente e generalmente non ci sono complicazioni. La maggior parte dei pazienti si abitua gradualmente alle miodesopsie e le notano solo se guardano uno sfondo molto luminoso e tentano di concentrarsi. Per risolvere il disturbo serve un tempo estremamente variabile in base alle condizioni del paziente, generalmente servono alcuni mesi od anche più tempo.
I lampi o fotopsie si risolvono gradualmente quando il vitreo si scioglie completamente e smette di tirare sulla retina. Raramente i lampi sono così fastidiosi da considerare l’intervento chirurgico (vitrectomia).

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Esame invasivo o non invasivo: significato ed esempi

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PSICHIATRIA MEDICINA DELLE DIPENDENZE DIRETTORE MEDICINA ONLINE TIROIDE BIOPSIA AGO ASPIRATO TIROIDE ENDOCRINOLOGO COLLO PUNTURA DOLORE INIEZIONE NODULO TIROIDEO CANCRO TUMORE

L’agoaspirato tiroideo è un esame più invasivo della semplice ecografia della tiroide

L’invasività è un parametro che viene utilizzato in medicina per descrivere la capacità di un esame clinico di penetrare le difese naturali dell’organismo umano e quindi procurargli danno. Può essere di grado moderato, medio o elevato. Anche una tecnica medica od un intervento chirurgico possono essere più o meno invasivi.

Invasività negli esami clinici

I diversi esami che vengono utilizzati in medicina per indagare le cause di una qualche malattia, hanno ognuno un potenziale di invasività che è utile al medico per scegliere quale esame sia meglio utilizzare, in rapporto alle condizioni di salute del paziente. Questo potenziale si riferisce alla possibilità che l’esame finisca per compromettere ulteriormente lo stato di salute del soggetto, invece di aiutare il medico a migliorarlo: questo perché gli esami più invasivi (per esempio prelievo di liquor cefalorachidiano, biopsia cerebrale) sono anche quelli che hanno la maggior probabilità di portare agenti contaminanti (virus, batteri, tossine, sporcizia) all’interno del distretto interessato, e di causare così un’infezione che finirebbe inevitabilmente per aggravare le condizioni del paziente; oppure, come nel caso della biopsia cerebrale, la sua pericolosità deriva anche dal fatto che un solo movimento errato del medico potrebbe seriamente danneggiare un’importante area encefalica, con conseguenze anche molto gravi.

Come regola generale, dunque, in medicina si tende a privilegiare sempre l’esame meno invasivo, mentre quelli più invasivi vengono utilizzati solo se il paziente è abbastanza in buona salute da poterli sopportare senza grossi rischi, oppure se le sue condizioni fanno supporre una patologia tanto grave da rendere accettabile il rischio di comprometterne ulteriormente la salute pur di ottenere una diagnosi migliore e potenzialmente salvavita.

Esempi di esami ad invasività differente

La misurazione della pressione arteriosa sistemica può avvenire mediante due metodi:

  • la misurazione della pressione arteriosa periferica viene effettuata mediante l’utilizzo di uno sfigmomanometro, cioè un bracciale la cui pressione sul braccio del paziente può essere regolata manualmente o elettronicamente dal medico stesso;
  • la misurazione della pressione arteriosa centrale viene effettuata mediante l’utilizzo di una sonda o catetere, che viene inserito nell’arteria femorale e va a misurare la pressione a livello dell’aorta ascendente.

La seconda tecnica, pur essendo più precisa della prima, non viene utilizzata di frequente proprio per la sua maggiore invasività: l’inserimento di un catetere arterioso centrale, infatti, comporta un rischio maggiore di quello del tradizionale sfigmomanometro, ed è da riservare ai casi in cui i benefici superano i rischi.

Un esempio di esame ad invasività moderata che viene utilizzato con una certa frequenza è il prelievo sanguigno: pur comportando l’inserimento di un ago in vena, e quindi un certo rischio correlato all’introduzione accidentale di microrganismi patogeni se l’ago non è ben sterilizzato, questo esame è l’unico in grado di darci tante informazioni sullo stato di salute dell’organismo con un rischio così piccolo. Il rapporto utilità/rischio molto favorevole lo rende quindi uno degli esami più utilizzati nella pratica medica di tutti i giorni.

Una ecografia della tiroide ha ovviamente una invasività decisamente minore rispetto allo stesso esame eseguito associandolo a biopsia, come anche una cavitazione per l’eliminazione del grasso corporeo ha una invasività molto più bassa rispetto ad una liposuzione. Una ecografia sovrapubica (eseguita con la sonda poggiata sul pube) ha una invasività minore di quella eseguita con una sonda transrettale (inserita nel retto) ed entrambe sono meno invasive di una laparoscopia che a sua volta è meno invasiva della chirurgia “open” (a “cielo aperto”).

Un esempio di come gli sviluppi tecnologici abbiano permesso di abbandonare tecniche più rischiose a favore di tecniche meno invasive, è rappresentato dalla diagnosi di encefalite, soprattutto per quanto riguarda le encefaliti da HSV. Fino all’inizio degli anni ’90, infatti, l’unico metodo che consentiva una diagnosi tempestiva di encefalite da HSV (permettendo così una sua rapida eradicazione prima dell’insorgere di gravi danni) era una biopsia cerebrale, tecnica però estremamente pericolosa per i motivi già ricordati. Al giorno d’oggi, con gli sviluppi della tecnologia, la biopsia cerebrale è stata abbandonata per un metodo molto meno invasivo, la ricerca di materiale virale nel liquor tramite PCR: pur non essendo scevra di rischi, questa tecnica permette infatti di evitare il contatto con le sensibilissime cellule encefaliche, ed è quindi dotata di un potenziale di invasività decisamente minore della biopsia cerebrale.

Attualmente, gli esami clinici con l’invasività più bassa e la più alta capacità di dare al medico informazioni sullo stato di salute del paziente, sono quelli appartenenti alla cosiddetta diagnostica per immagini: la radiografia, la RMN e la TAC.

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Testicolo gonfio e dolorante: cause, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TESTICOLO GONFIO DOLORANTE CAUSE TERAPIE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa presenza di un testicolo gonfio, o di entrambi, è una condizione che può facilmente indurre il soggetto ad attraversare uno stato di forte preoccupazione e di paura, nel sospetto che si tratti di una patologia grave. È molto comune ricondurre il gonfiore di un testicolo al segno di un tumore, ma in realtà, è bene premettere fin da subito che un tumore ai testicoli in genere si manifesta con la presenza di un nodulo facilmente identificabile mediante palpazione dello scroto e dei testicoli, e che si nota per una consistenza molto più dura rispetto ai tessuti circostanti. È anche bene ribadire che il tumore ai testicoli non è certo una patologia diffusa quanto temuta, e che se trattata in tempo ha probabilità molto alte di guarigione. Notare un testicolo gonfio, dolorante e duro può comportare delle forti ripercussioni psicologiche, temendo per la propria capacità riproduttiva, per la propria virilità e per la propria vita sessuale. Ma se per un lato la presenza di un gonfiore ai testicoli procura un forte senso di ansia, dall’altro spesso il soggetto temporeggia per senso di imbarazzo.

Il gonfiore testicolare può associarsi a molteplici altri sintomi, in relazione all’evento patologico alla base della manifestazione, quali:

  • febbre;
  • dolore ai testicoli e allo scroto;
  • ematuria (presenza di sangue nelle urine);
  • emospermia (sangue nello sperma);
  • vasi sanguigni dilatati ben visibili attraverso la cute dello scroto.

Inolte, al tatto il testicolo può essere duro e rigido e portare alla manifestazione di disuria (difficoltà nell’atto della minzione) e stranguria (dolore nell’atto di urinare). In ogni caso, sia che il sintomo si manifesti da solo, ai testicoli ed allo scroto, che accompagnato da altri sintomi, si raccomanda di informare il proprio medico con la massima celerità, il quale, valutata la situazione, vi indirizzerà verso una visita specialistica più approfondita, in genere presso un medico specialista in andrologia. In molti casi la causa alla base del sintomo in questione può essere risolta del tutto, preservando la capacità riproduttiva e quindi la fertilità del soggetto, ma in altri casi un intervento tardivo può compromettere in maniera irreversibile sia la fertilità che la salute generale del soggetto. Come lasciato intuire le cause di testicolo gonfio sia destro che sinistro sono molteplici, alcune di facile risoluzione, mentre per altre vi è la necessità di trattamenti più mirati.

Ernia inguinale

Per buona parte della vita fetale i testicoli sono accolti nella cavità addominale, per poi, in genere nel corso del 7° mese di gestazione, discendere nello scroto attraversando una struttura anatomica complessa che prende il nome di canale inguinale. Non è raro, specie nei bambini nati prematuri, o molto più facilmente a seguito di un eccessivo sforzo fisico, che alcune strutture dell’addome attraversino proprio questo canale andando a localizzarsi all’interno dei testicoli causando gonfiore e dolore, anche se quest’ultimo non è sempre avvertito dal paziente. Alla palpazione si nota facilmente la presenza di un’asimmetria e di una massa che ha una consistenza diversa rispetto al tessuto circostante.

Idrocele

Si verifica nei soggetti in cui non vi è stata la corretta chiusura del canale inguinale a seguito del passaggio dei testicoli dall’addome allo scroto. Questa mancata chiusura consente il transito di liquidi provenienti dall’addome che di norma vengono riassorbiti dai tessuti, ma che in alcuni soggetti, specie nei bambini, quando il liquido è presente in quantità, determina la comparsa di testicolo gonfio e dolorante destro o sinistro. Negli adulti questa condizione si instaura a seguito di un traumatismo, di un’ infezione o di un tumore.

Varicocele

Si tratta di un’ectasia venosa, ossia una dilatazione delle vene che costituiscono il cosiddetto plesso pampiniforme. Questo evento si manifesta con molta più frequenza nel testicolo sinistro rispetto al destro, a causa delle caratteristiche anatomiche dei vasi sanguigni. In condizioni di varicocele il flusso di sangue è rallentato, il suo riversamento nella vena renale risulta più lento e si ha il ristagno di sangue all’interno delle vene del testicolo, che appariranno congestionate e dilatate. Caratteristica ben osservabile anche attraverso la cute dello scroto. Il ristagno di sangue va a causare un aumento della temperatura del testicolo, e quando questa supera la soglia di tollerabilità degli spermatozoi, il paziente corre il rischio di subire serie ripercussioni sulla sua capacità fertile.

Epididimite

L’epididimo è una piccola struttura situata posteriormente al testicolo e che rappresenta il tratto di congiunzione tra il didimo (testicolo) e le vie spermatiche, consentendo allo sperma di fluire verso il dotto deferente. Questa struttura è facilmente soggetta ad infiammazione che può essere provocata sia da traumi che da infezioni che colpiscono le vie genito-urinarie, e ancora da infezioni sessualmente trasmissibili (gonorrea e clamidia). Il gonfiore al testicolo, se la causa è di natura infettiva, si associa facilmente a febbre, dolore, brividi e linfonodi ingrossati.

Orchite

L’orchite è un’infiammazione dei testicoli, analogamente per quanto accade nell’epididimite può essere sia di natura traumatica che di natura infettiva, pertanto al gonfiore testicolare si associano febbre, brividi, ematuria, emospermia (presenza di sangue nello sperma), l’intera zona pelvica può essere dolorante ed in genere si riscontrano linfonodi ingrossati. Si tratta di una condizione più frequente negli uomini adulti, specie dalla quinta decade di vita in avanti

Torsione del testicolo

Si tratta di una vera e propria emergenza medico-chirurgica, per cui si deve intervenire entro 4-6 dall’episodio di torsione, altrimenti il testicolo viene perso per la mancanza di flusso sanguigno a nutrire il normale metabolismo dei tessuti. Questa evenienza si manifesta con più frequenza a seguito di sforzi fisici di grande entità, a seguito di forti emozioni, di traumi o di rapporti sessuali intensi, e consiste nell’attorcigliamento del legamento gubernaculum che permette la fissità del testicolo all’interno della borsa scrotale. Come anticipato, la torsione del testicolo va a comprimere la rete vascolare, causando una progressiva sofferenza che procede fino alla necrosi e quindi alla perdita del testicolo. La torsione del testicolo porta al gonfiore del testicolo e dello scroto, dovuto alla congestione sanguigna, ma si caratterizza sicuramente ben più per una sensazione dolorosa molto intensa e che porta il soggetto a rivolgersi al pronto soccorso con celerità.

Come si effettua la diagnosi?

Ribadiamo ancora una volta la necessità di rivolgersi al consulto medico in ogni caso, sia quando il testicolo si presenta gonfio senza altri sintomi, che ovviamente quando al gonfiore si associano altri sintomi. Quando, invece, il gonfiore è improvviso ed è accompagnato da un dolore molto intenso si invita a rivolgersi alle cure immediate in un pronto soccorso, perché potrebbe trattarsi di una torsione del testicolo. Condizione che come abbiamo visto in precedenza, costituisce una vera e propria emergenza e che necessita di un intervento immediato. Una visita medica in genere è costituita da una fase di raccolta di informazioni (anamnesi), momento in cui il medico chiede quando è insorto il sintomo, da quanto persiste, se è accompagnato da altri sintomi e se il soggetto aveva manifestato episodi precedenti. A questa fase segue l’esame obiettivo, ossia il momento in cui il medico verifica visivamente e manualmente l’entità del problema, quindi osserva se vi è la presenza di vasi sanguigni ben visibili attraverso la cute dello scroto (indice di varicocele), se il testicolo interessato ha una colorazione differente da quello sano, se alla palpazione sono distinguibili masse, noduli o ernie. Sulla base delle informazioni raccolte il medico valuterà quali indagini diagnostiche effettuare per indagare più a fondo sulla base di precisi sospetti diagnostici. Risulteranno utili l’esame del sangue o delle urine, al fine di individuare la presenza di un’infezione, o un’ecografia per verificare la presenza di un’ernia o di una raccolta di liquidi nello scroto.

Quali sono le terapie più efficaci?

La terapia più efficace ed idonea sarà in funzione della patologia alla base del rigonfiamento del testicolo, pertanto dovrà essere prescritta e somministrata esclusivamente da un medico dopo aver preso visione di tutte le indagini effettuate e dopo essere giunto ad una diagnosi precisa. In caso di infezione, la terapia andrà ad eradicare l’agente patogeno scatenante mediante antivirali, in caso di virus, o di antibiotici in caso di batteri. Se la causa è di natura strettamente infiammatoria la terapia potrà essere di natura farmacologica con l’assunzione di antinfiammatori. In caso di varicocele, invece, talvolta si rende necessario un intervento chirurgico che vada a correggere le alterazioni venose, salvaguardando la fertilità del paziente.

Integratori alimentari efficaci nel migliorare quantità di sperma, potenza dell’erezione e libido sia maschile che femminile

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Crollo vertebrale nell’anziano da osteoporosi e tumore: sintomi, diagnosi e terapia

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CROLLO VERTEBRALE D12 ANZIANO OSTEOPOROSI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari An Pene.jpgCon “crollo vertebrale” si identifica una patologia caratterizzata dalla perdita dell’altezza della vertebra, che può avvenire in modi diversi. Quasi sempre si verifica un crollo vertebrale in soggetti di età avanzata e che soffrono di osteoporosi, ma esistono anche fenomeni patologici che possono portare a questa situazione anche soggetti più giovani, come le metastasi vertebrali. Anche la menopausa può portare rischi di fratture, poiché si verifica una perdita continua del tessuto osseo.

Sintomi del crollo vertebrale 
Innanzi tutto c’è da dire che non sempre vi sono sintomi visibili che fanno presupporre un crollo vertebrale, e il paziente può anche non accorgersene. Già dai primi dolori alla schiena si dovrebbe ricorrere a specifici accertamenti per chiarirne la causa e determinarne la terapia. E’ indispensabile che il medico non sottovaluti il caso e si adoperi tempestivamente a prescrivere un immediato controllo. Da sottolineare il controllo periodico della postura e della statura del paziente, che può diminuire a causa della frattura vertebrale.

Diagnosi precoce
Una diagnosi precoce offre la possibilità di intervenire con diversi tipi di trattamenti. La soluzione per una diagnosi accurata, in questi casi, è un’esame radiologico o una tac, attraverso il quale è possibile accorgersi della frattura e valutarne la gravità, in modo da trattarla con le dovute terapie. E’ di fondamentale importanza affidarsi a strutture adeguate e a professionisti esperti che svolgono l’esame con competenza e accertino la giusta diagnosi.

Terapia per crollo vertebrale
Esistono diversi modi per guarire o migliorare il crollo vertebrale, e cambiano tutti a seconda della gravità del caso. Può essere necessaria una cura farmacologia, l’uso di un busto, la terapia fisioterapica o un intervento chirurgico. Spesso si ricorre anche alla cifoplastica, che è una modifica della vertebroplastica e che consiste nel posizionamento di due cateteri a palloncino dentro la vertebra prima di chiuderla col cemento osseo. I vantaggi di questa terapia sono molteplici: innanzi tutto, non è dolorosa e aumenta notevolmente la consistenza della vertebra; inoltre, può essere praticata su soggetti anziani ed evita una prolungata degenza ospedaliera. Non solo, non c’è alcun pericolo che il cemento fuoriesca e riduce drasticamente il rischio di complicazioni. Naturalmente, qualsiasi sia il trattamento, è indispensabile un riposo prolungato a cui è consigliabile far seguire un periodo di fisioterapia. Particolarmente indicati saranno esercizi posturali e di respirazione, associati a cauti massaggi dei muscoli paravertebrali con la possibilità di utilizzare inoltre strumenti antidolorifici ed antinfiammatori.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Ipoparatiroidismo e ipocalcemia post chirurgici ed autoimmuni: sintomi e cure

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ROTTURA MILZA TERAPIA CHIRURGICA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneL’ipoparatiroidismo è una malattia in cui le paratiroidi non producono quantità sufficienti di ormone paratiroideo (PTH) comportando principalmente l’insorgenza di ipocalcemia; tale deficit di produzione è legato soprattutto a cause iatrogene (lesioni durante interventi chirurgici al collo, ad esempio durante una tiroidectomia totale o parziale) o a cause autoimmunitarie. Una diagnosi precoce permette di limitare gli effetti collaterali dell’ipoparatiroidismo, come problemi ai denti, cataratta e calcificazioni cerebrali. L’ipoparatiroidismo si caratterizza:

  • dal punto di vista diagnostico con ipocalcemia associata a iperfosforemia (i livelli ematici di calcio nel sangue diminuiscono, mentre quelli di fosforo aumentano);
  • dal punto di vista clinico per sintomi legati all’ipereccitabilità neuromuscolare.

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Le paratiroidi sono ghiandole localizzate nel collo che producono un ormone (ormone paratidoideo o paratormone) in grado di controllare i livelli di calcio, di fosforo e di vitamina D nel sangue e, pertanto, lo stato di salute delle ossa. Il deficit di calcio ionizzato è particolarmente importante per la compresenza di iperfosforemia che determina aumento della quota di calcio legato. L’ipocalcemia aumenta l’eccitabilità neuromuscolare determinando una condizione nota come tetania. L’ipocalcemia cronica, inoltre, determina sofferenza del sistema nervoso centrale (visibili con l’elettroencefalogramma) ed alterazioni elettrocardiografiche specifiche (allungamento del QT).

Cause
La causa più frequente di ipoparatiroidismo è l’asportazione chirurgica delle paratiroidi (paratiroidectomia). Questa può avvenire durante gli interventi di asportazione della tiroide (tiroidectomia) o per rimozione involontaria o per lesione dei vasi che irrorano la paratiroide. Il rischio di ipoparatiroidismo è inversamente proporzionale all’esperienza del chirurgo (dal 0.5 al 10%). In ogni modo l’ipoparatiroidismo che ne deriva può essere transitorio o permanente.
La mancata formazione delle paratiroidi (agenesia) può essere isolata o associata ad alterazioni di altre ghiandole come il timo (Sindrome di Di George).
La produzione di anticorpi anti-paratiroidi determina, invece, il quadro di ipoparatiroidismo autoimmune che può essere isolato o associato ad altre malattie autoimmuni come il morbo di Addison, la gastrite atrofia e il diabete tipo 1 (Sindrome Polighiandolare Autoimmune).
Forme sporadiche di ipoparatiroidismo primario possono riscontrarsi nel caso di malattie da accumulo di rame (morbo di Wilson) o di ferro (emocromatosi o nella talassemia).
L’ipoparatiroidismo funzionale, può essere causato da severa ipomagnesemia in quanto il magnesio è fondamentale per la normale secrezione di PTH. Sono inoltre segnalate delle forme familiari di resistenza al PTH (pseudoipoparatiroidismo) o di secrezione di PTH inattivo.
L’ipoparatiroidismo idiopatico, infine, ha cause sconosciute.
In conclusione le cause di ipoparatirodismo possono essere così riassunte:
a) Ipoparatiroidismo postchirurgico (iatrogeno)
b) Ipoparatiroidismo autommune
Isolato
Sindrome Polighiandolare
c) Agenesia delle paratiroidi
Isolata
Sindrome di Di George
d) Infiltrazione delle paratiroidi
Emocromatosi
Morbo di Wilson
e) Ipoparatiroidismo funzionale
Ipomagnesemia
Neonati di madri iperparatiroidee
f) Pseudoipoparatiroidismo
g) Secrezione di PTH inattivo
h) Ipoparatiroidismo idiopatico

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Sintomi
La gravità dei sintomi dipende dalla severità e dalla cronicità dell’ipocalcemia.
Una rapida diminuzione della calcemia favorisce la comparsa di crisi tetanica. Questa è solitamente preceduta da parestesie (formicolio) intorno alla bocca e alle mani. Successivamente possono comparire spasmi al volto ed agli arti. Caratteristica è la comparsa di “mano ad ostetrico” e nei casi più gravi di ipocalcemia, soprattutto nei bambini, può presentarsi anche spasmo laringeo.
La tetania latente, invece, può essere messa in evidenza con la ricerca del segno di Chvostek (rapida contrazione dei muscoli dell’emivolto in risposta alla percussione del nervo facciale) e del segno di Trousseau (comparsa di mano ad ostetrico dopo pochi minuti di compressione sul braccio medinate sfigmomanometro).
La cute può presentarsi secca e predisposta alle infezioni da candida. Le unghie sono fragili e deformate con striature trasversali.
Infine va ricordato che l’iperventilazione da disturbi emotivi può causare alcalosi e precipitare un’ipocalcemia.

Diagnosi
La diagnosi è innanzitutto clinica anche se nell’ipoaratiroidismo cronico la sintomatologia può essere sfumata.
Il laboratorio evidenzia bassi valori di paratormone (PTH) in presenza di calcio basso (ipocalcemia ) e fosforo alto (iperfosforemia). L’eliminazione di calcio nelle urine (calciuria) può essere alta se la calcemia è molto alta.
La diagnosi difefrenziale è con tutte le altre condizioni con ipocalcemia che si caratterizzano, tuttavia, per la presenza di valori elevati di PTH (pseudoipoparatiroidismo, insufficienza renale cronica, deficit di vitamina D, tubulopatie con perdita di calcio, malassorbimenti, pancreatite acuta, metastasi osteoblastiche). Esistono, tuttavia, delle forme familiari caratterizzate da ipocalcemia e ipercalciuria con PTH normal-bassi che devono essere distinte in quanto, in queste forme, un terapia con il calcio determina un peggiormento della calciuria e della funzione renale e pertanto non deve essere somministrato.

Terapia
L’obiettivo del trattamento dell’ipoparatiroidismo è ripristinare l’equilibrio nelle concentrazioni di calcio e degli altri minerali nell’organismo ed è basato sull’assunzione, che in genere deve proseguire per tutta la vita, di:

  • calcio (calcio carbonato);
  • vitamina D (calcifediolo o calcitriolo).

Nel caso di ipoparatiroidismo il dosaggio di vitamina D richiesto è solitamente superiore alla norma in quanto l’attività dell’1-alfa-idrossilasi renale è ridotta a causa dei bassi valori di PTH.
Le crisi tetaniche, invece, richiedono un intervento immediato con somministrazione di calcio per via endovenosa.

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Prevenzione
L’ipoparatiroidismo autoimmune non è prevenibile. L’ipoparatiroidismo postchirurgico può essere prevenuto evitando di danneggiare per quanto possibile le paratiroidi in corso di interventi chirurgici al collo, affidantosi quindi ad un chirurgo esperto.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Colonscopia: rischi, effetti collaterali e complicanze

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La colonscopia è un esame diagnostico mediamente invasivo ma basso rischio; complicazioni importanti si verificano statisticamente in circa 3 casi su 1000, a causa principalmente di:

  • affetti avversi ai sedativi utilizzati durante l’esame;
  • eventuale sanguinamento in seguito alla rimozione di polipi od altri tessuti anomali;
  • accidentale perforazione del colon.

La complicanza più grave (< 1 caso su 2000) è la perforazione del colon, che richiede un immediato intervento di chirurgia maggiore. Eventuali perdite di sangue possono invece essere arrestate mediante cauterizzazione già durante la colonscopia, che dev’essere ripetuta a tale scopo nel caso in cui l’emorragia si manifestasse senza arrestarsi spontaneamente nei giorni successivi al primo esame. Le altre complicazioni riguardano l’effetto dei farmaci sedativi su persone a rischio, come i cardiopatici o l’allergia al farmaco somministrato.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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