Quando la malattia deperisce l’organismo: la cachessia

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE TRISTE STANCHEZZALa cachessia (pronunciato con l’accento sulla i) o sindrome da deperimento è una perdita di peso, atrofia muscolare, stanchezza, debolezza e significativa perdita di appetito in un individuo che non sta attivamente cercando di perdere peso. La definizione formale della cachessia è una perdita di massa corporea che non può essere invertita con il nutrimento: anche se l’individuo che ne soffre assumesse più calorie, la massa corporea magra verrebbe comunque persa, il che sta ad indicare la presenza di una patologia primaria.

In quali pazienti si verifica la cachessia?

La cachessia si verifica nei pazienti con tumore, AIDS, malattia di Alzheimer (stadio avanzato), broncopneumopatia cronica ostruttiva, sclerosi multipla, insufficienza cardiaca, tubercolosi, polineuropatia amiloide familiare, avvelenamento da gadolinio, avvelenamento da mercurio (acrodinia) e carenza ormonale.

Il deperimento dell’organismo si accompagna quindi a edemi (per ipoproteinemia ed altre alterazioni dell’equilibrio idroelettrolitico) astenia, dispnea, anoressia, febbre, alterazioni del sensorio e agitazione psicomotoria.

Si tratta di una condizione grave e coloro che la sperimentano vedono aumentare drammaticamente la propria probabilità di morte per la malattia di base. La cachessia può essere un segno di varie patologie sottostanti; quando un paziente si presenta con questa condizione, un medico generalmente prende in considerazione la possibilità della presenza di un tumore, di una acidosi metabolica (diminuzione della sintesi proteica e aumento del catabolismo proteico), di alcune malattie infettive (ad esempio, la tubercolosi e l’AIDS), la pancreatite cronica e alcune malattie autoimmuni o una dipendenza da anfetamine. La cachessia indebolisce fisicamente i pazienti ad uno stato di immobilità derivante dalla perdita di appetito, dall’astenia e dall’anemia e la risposta al trattamento standard è generalmente deludente. La cachessia include la sarcopenia come parte della condizione.

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Cause

La cachessia si riscontra spesso nei pazienti oncologici in fase terminale e in questo contesto prende il nome di cachessia neoplastica. I pazienti con insufficienza cardiaca congestizia possono accusare una sindrome cachettica. Inoltre, una comorbilità di cachessia può essere vista nei pazienti che presentano una delle malattie classificate tra le malattie polmonari croniche ostruttive. La cachessia è anche associata con le fasi avanzate della insufficienza renale cronica, con la fibrosi cistica, la sclerosi multipla, la malattia del motoneurone, la sindrome di Parkinson, la demenza, l’AIDS e altre malattie progressive e degenerative.

Cancro

Circa il 50% di tutti i pazienti affetti da cancro soffre di cachessia. Coloro che hanno una forma tumorale del tratto gastrointestinale superiore o del pancreas hanno la più alta frequenza di sviluppare un sintomo cachessico. Questa percentuale sale all’80% nei pazienti oncologici terminali. Oltre ad aumentare la morbilità e la mortalità, ad aggravare gli effetti collaterali della chemioterapia e a ridurre la qualità della vita, la cachessia è considerata la causa immediata della morte per una stima che varia dal 22% al 40% dei pazienti oncologici.

La cachessia nel tumore è un processo dovuto all’infiltrazione neoplastica nell’organismo, all’emesi, alla chemioterapia o alla radioterapia, a forti dolori o a forte depressione e all’azione depauperante della risposta al tumore da parte dell’organismo tramite il continuativo rilascio di citochine quali TNF, IFN, IL-1, IL-6. Esse causano il riassorbimento di proteine, lipidi, glucidi, purine a partire dal tessuto muscolare e adiposo, determinando la perdita di peso.

I sintomi della cachessia neoplastica includono una perdita di peso progressiva e l’esaurimento delle riserve di tessuto adiposo e muscolare. La condizione ovrebbe essere sospettata se si riscontra una involontaria perdita di peso superiore al 5% del peso prima della malattia, in un periodo di sei mesi. Approcci terapeutici tradizionali, come stimolanti dell’appetito, 5-HT3 antagonisti, supplementazione dei nutrienti e inibitori selettivi della COX-2, non sono riusciti a dimostrare il successo nell’invertire le anomalie metaboliche visibili nella cachessia neoplastica.

Fisiopatologia

Il meccanismo esatto con cui queste malattie causano la cachessia è poco conosciuto, ma vi è probabilmente un ruolo per le citochine infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale-alfa (che è anche soprannominato ‘cachessina’), per l’interferone gamma e l’interleuchina 6, così come i fattori proteolitici secreti dal tumore. Sindromi correlate includono kwashiorkor e marasma, anche se queste non sempre hanno una malattia causale sottostante e sono più spesso sintomi di una grave malnutrizione. Coloro che soffrono di disturbi alimentari, come l’anoressia nervosa, sembrano avere livelli plasmatici elevati di grelina. Livelli di grelina sono riscontrabili anche nei pazienti con cachessi indotta da un tumore.

Trattamento

Il trattamento o la gestione della cachessia dipende dalle cause, dalla prognosi generale e da altri fattori legati al paziente. Se possibile, ed accettabile, le cause reversibili e le patologie che l’hanno causata, vengono trattate. Le terapie non farmacologiche che hanno dimostrato di essere efficaci nella cachessia indotta da un tumore includono una consulenza nutrizionale, interventi psicoterapeutici e l’allenamento fisico. In Europa, il trattamento raccomandato è il risultato di una combinazione di nutrizione, terapia farmacologica e non farmacologica. L’assunzione di steroidi può essere utile nella cachessia neoplastica, ma il loro utilizzo è raccomandato per una durata massima di 2 settimane al fine di evitare effetti collaterali. I progestinici come l’acetato di megestrolo sono un’opzione per la gestione della cachessia refrattaria che si presenta con l’anoressia come sintomo importante. Altri farmaci che sono stati utilizzati o sono oggetto di indagine nella terapia per la cachessia, ma per cui mancano prove conclusive che ne stabiliscono efficacia o la sicurezza, e quindi non sono generalmente consigliati, comprendono:

  • Talidomide e antagonisti delle citochine
  • I cannabinoidi
  • Gli acidi grassi omega-3, tra cui l’acido eicosapentaenoico (EPA)
  • Farmaci non steroidei anti-infiammatori
  • Procinetici
  • La grelina e del recettore della ghrelina agonisti
  • Modulatori selettivi del recettore degli androgeni
  • Ciproeptadina
  • Idrazina

In alcuni paesi è stato consentito l’uso della cannabis medica. Non vi sono prove sufficienti per sostenere l’uso di olio di pesce per il trattamento della cachessia associata ad un tumore in uno stadio avanzato.

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Sindrome da disfunzione multiorgano: cause, sintomi, stadi e cure

Cassazione conferma solo il medico può fare il dietologo no nutrizionista distista biologoLa sindrome da disfunzione multiorgano (o MODSMultiple Organ Dysfunction Syndrome), un tempo chiamata sindrome da insufficienza multiorgano, (o MOFSMultiple Organ Failure Syndrome), è una sindrome sistemica, che generalmente si associa a shock, a sepsi, a sindrome da risposta infiammatoria sistemica, caratterizzata dall’insorgenza acuta dell’alterazione della funzione degli organi di un paziente, in cui è necessario l’intervento medico per ripristinare l’omeostasi dell’organismo. Solitamente sono coinvolti due o più apparati.

Cause

La sindrome è solitamente causata da infezioni, lesioni (trauma, intervento chirurgico), ipoperfusione od ipermetabolismo: la causa scatenante, in ogni caso, attiva una risposta infiammatoria incontrollata. La sepsi è la causa più comune, e può provocare uno shock settico. In assenza di infezione, la condizione viene definita sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS). Sia la SIRS che la sepsi (che non è altro che una SIRS causata da infezione) possono progredire fino alla sindrome da disfunzione d’organo. Tuttavia, in un terzo dei pazienti non si scopre la causa originaria. Alcuni scienziati hanno sviluppato una modello di sepsi su topo tramite legatura del cieco e sua iniezione di sostanze attive (“CLP”). Ad alcuni dei topi albini maschi sottoposti a CLP è stata somministrata interleuchina 10 legata ad un vettore, ad altri solo un vettore vuoto come controllo. Il danno tissutale a polmone, fegato e rene è stato misurato rilevando l’attività della mieloperossidasi e della malondialdeide: questi sono composti endogeni ossidanti, prodotti durante l’infiammazione di un tessuto. Gli autori hanno anche valutato il livello di infiltrazione dei neutrofili nel tessuto del polmone e del fegato; l’espressione di interleuchina 10, misurata mediante immunoistochimica; l’espressione dell’mRNA del TNFα, misurata dopo 3, 8 e 24 ore usando la PCR. I risultati mostrano che il danno d’organo è significativamente ridotto dall’interleuchina 10, come quantificato dalla riduzione dell’attività della mieloperossidasi nel polmone, nel fegato e nel rene. I fegati dei topi infettati con il vettore hanno mostrato ridotta attività dei neutrofili. Gli studiosi hanno concluso che l’aumento dell’espressione genica di interleuchina 10 riduce significativamente le lesioni multiorgano causate dalla sepsi.

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Patogenesi

Non è stata ancora trovata una spiegazione patogenetica definitiva. Le risposte locali e sistemiche sono avviate dai danni ai tessuti. L’insufficienza respiratoria solitamente si instaura nelle prime 72 ore dopo l’evento scatenante; in seguito si possono presentare insufficienza epatica (in 5-7 giorni), emorragia gastrointestinale (in 10-15 giorni) e renale (in 11–17 giorni). Poiché nella maggior parte dei casi la causa primaria non viene trovata, la sindrome potrebbe fare parte di un’alterazione dell’omeostasi che coinvolge i seguenti meccanismi:

Ipotesi “viscerale”

L’ipotesi più conosciuta è stata formulata da Deitch: a causa di una ipoperfusione splancnica, e della conseguente ischemia della mucosa, vi sono cambiamenti strutturali ed alterazioni delle funzioni cellulari. Ciò si traduce in una maggiore permeabilità intestinale, alterazioni della funzione immunitaria dell’intestino ed aumento dell’invasione batterica. La disfunzione epatica porta all’entrata di tossine nella circolazione sistemica, attivando una risposta immunitaria. Tutto questo si traduce in lesioni dei tessuti e disfunzioni degli organi.

Ipotesi endotossica

Le infezioni da batteri Gram-negativi in pazienti con MODS sono relativamente comuni, quindi l’endotossina è stata proposta come principale mediatore di questo disturbo. Si pensa che dopo l’evento scatenante vengano prodotte e rilasciate varie citochine, come alcuni mediatori proinfiammatori: TNF-α, interleuchina-1, interleuchina-6, trombossano A2, prostaciclina, fattore attivante le piastrine, ossido nitrico.

Ipotesi dell’ipossia tissutale

Come risultato dei cambiamenti macro- e microvascolari si verifica un insufficiente apporto di ossigeno agli organi. L’ipossia causa la disfunzione d’organo e la morte cellulare.

Clinica

La sindrome da disfunzione multiorgano è ormai definita come la fase finale di un continuum che va da “infezione” a “sindrome da risposta infiammatoria sistemica”, a “sepsi”, a “sepsi severa”, a “disfunzione d’organo”.

È stata proposta una stadiazione clinica in quattro stadi:

  • Stadio 1: il paziente ha necessità di controllo della volemia, una lieve alcalosi respiratoria, accompagnata da oliguria, iperglicemia e necessità di insulina.
  • Stadio 2: il paziente ha tachipnea, ipocapnia ed ipossiemia; disfunzione epatica moderata e possibili anomalie ematologiche.
  • Stadio 3: il paziente è in shock, con alterazioni dell’azotemia e dell’equilibrio acido-base. Significative anomalie della coagulazione.
  • Stadio 4: il paziente è dipendente da terapie che mantengono la pressione sanguigna, presenta oliguria o anuria; possono seguire colite ischemicaed acidosi lattica.

Trattamento

Allo stato attuale non vi è alcun trattamento che può invertire una disfunzione d’organo in atto. La terapia è quindi limitata a terapie di supporto, ovvero l’assistenza emodinamica e della respirazione. Il mantenimento di un’adeguata ossigenazione dei tessuti è l’obiettivo principale. L’inizio di una nutrizione enterale entro 36 ore dal ricovero riduce le complicanze infettive. Uno studio controllato randomizzato ha concluso che la proteina C attivata (APC, il maggiore anticoagulante fisiologico dell’organismo) umana ricombinante, somministrata sotto forma di drotrecogin-alfa attivato, possa ridurre il tasso di mortalità a 28 giorni; la riduzione del rischio relativo era del 21,8%. Per i pazienti a rischio, simili a quelli considerati nel sopracitato studio (in cui la mortalità a 28 giorni è pari al 33,9%), questo porta ad una riduzione del rischio assoluto pari al 7,4%. Attualmente i ricercatori stanno cercando bersagli genetici per una terapia genica, al fine di prevenire la progressione della disfunzione d’organo. Alcuni autori hanno ipotizzato che l’inattivazione dei fattori di trascrizione NF-κB e del fattore di trascrizione AP-1 può essere un obiettivo adatto per la prevenzione della sepsi e della SIRS in quanto questi sono due geni pro-infiammatori; tuttavia essi sono anche componenti essenziali di una normale e sana risposta immunitaria, per cui vi è il rischio di indurre una crescente vulnerabilità alle infezioni causando un deterioramento clinico.

Prognosi

La mortalità varia dal 30% al 100%; la possibilità di sopravvivenza diminuisce all’aumentare del numero di organi coinvolti. Dal 1980 ad oggi il tasso di mortalità non è cambiato.

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Connessione tra corpo e mente: la psicosomatica

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Il suo presupposto teorico è la considerazione dell’essere umano come inscindibile unità psicofisica; tale principio implica che in alcune forme morbose – e finanche nel politraumatismo apparentemente accidentale – accanto ai fattori somatici giochino un ruolo anche i fattori psicologici. L’interconnessione tra un disturbo e la sua causa d’origine psichica si riallaccia alla visione olistica del corpo umano, all’interno della consapevolezza che mente e corpo sono strettamente legati in virtù dell’unità psicofisica. Uno degli indirizzi più promettenti della ricerca in psicosomatica negli ultimi trent’anni (grazie anche allo sviluppo e alla nascita di nuove tecniche e tecnologie biomediche) è la psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), che ha l’obiettivo di chiarire le relazioni tra funzionamento psicologico, secrezione di neurotrasmettitori a livello cerebrale, ormoni da parte del sistema endocrino e funzionamento del sistema immunitario.

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Nell’antichità

Nel corso dei millenni, la figura del medico si mantiene, sostanzialmente, collegata a quella del saggio, del sacerdote. La medicina pitagorica, in particolare, aveva ricercato le analogie tra l’uomo e l’universo, tra il microcosmo e il macrocosmo e aveva concepito la malattia come una rottura dell’equilibrio dell’organismo, come una sorta di “perduta armonia” tra queste due forze. La medicina umorale di Ippocrate aveva invece affermato come responsabile della malattia, lo squilibrio tra gli umori del corpo. Tale concezione è di importanza fondamentale per la storia della medicina psicosomatica poiché inserisce il “temperamento” individuale come elemento sostanziale della malattia individuando, in ciascuna persona, la sua “costituzione”: il tipo “sanguigno, “flemmatico”, “bilioso” e “melanconico”, esprimerebbero, in definitiva, il carattere e il “modo di porsi nel mondo” di ciascuno di noi. L’approccio generale di Ippocrate sarà rispettato anche da Galeno e diventerà punto di riferimento per tutto il Medioevo e il Rinascimento.

Seicento

Nel Seicento, la scoperta del microscopio e le idee del filosofo René Descartes offriranno alla medicina una concezione dell’organismo regolato da forze meccaniche e fisico-chimiche, tanto che la distinzione tra res cogitans e res extensa influenzerà tutta la medicina pervenendo perfino a definire la medicina moderna. Se all’inizio, però, una tale concezione si era rivelata utile, data la complessità dello studio della disciplina, separare la res cogitans dalla res extensa alla fine “aveva creato anche problemi di una certa importanza perfino al medico pratico che si trovava a curare un paziente esteso e cogitante allo stesso tempo e vedeva fin troppo bene come i due aspetti si intersecassero fra di loro” È da notare che Claude Bernard, intorno alla fine dell’Ottocento, era giunto a parlare di omeostasi per descrivere il processo di autoregolazione da parte dell’organismo riproponendo la visione unitaria della malattia.

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La rivoluzione psicoanalitica

Dobbiamo attendere il contributo di Sigmund Freud che attraverso gli studi sull’isteria, affermò che un contenuto psichico, qualora represso, era capace di provocare importanti modificazioni corporee e il “misterioso salto” dalla mente al corpo era divenuto un evento possibile. Mentre però Sigmund Freud concentrava la sua attenzione e il suo lavoro sulla produzione verbale dei suoi pazienti, Wilhelm Reich, uno psichiatra austriaco, introdusse nella psicoanalisi anche l’osservazione e il lavoro analitico sul corpo. Successivamente, le teorie di Reich offriranno lo spunto per lo sviluppo dell’analisi bioenergetica, metodica psicoterapeutica elaborata in seguito da Alexander Lowen. Questo approccio, unico nel suo genere, ha avuto il merito di ri-considerare la mente e il corpo come un’unità funzionale, inscindibile, tanto che l’intervento degli analisti bioenergetici è costituito da una complessa combinazione di lavoro sul corpo e lavoro psicoanalitico. Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, Franz Alexander propose che gli stati conflittuali, attraverso la mediazione del sistema neurovegetativo, fossero anche implicati nelle cause di varie malattie psicosomatiche.

Sviluppi ulteriori

Un’altra teoria molto significativa è quella proposta dalla Dunbar, allieva e collaboratrice dello stesso Franz Alexander. Ella sostenne che la struttura della personalità individuale può condizionare le difese corporee, predisponendo allo sviluppo di determinate malattie. Vent’anni di studi ulteriori, tra il 1970 e il 1990, ma che ancora oggi forniscono risultati importanti, hanno chiarito che sensibile alle reazioni emozionali non è solo il sistema nervoso vegetativo ma anche, e notevolmente, il sistema endocrino e il sistema immunitario inaugurando il filone di ricerca della psiconeuroendocrinoimmunologia (la cosiddetta P.N.E.I.). In Italia, lo psicologo Ferruccio Antonelli nel 1981 iniziò a parlare di “brositimia”, letteralmente “sentimento ingoiato”. Secondo questo autore, le persone affette da disturbi di natura psicosomatica, presenterebbero difficoltà nel reagire alle avversità della vita, tanto che questo loro stile di vita risultò essere il principale responsabile delle loro sofferenze, la più chiara espressione della somatizzazione dell’ansia. “Mandare giù”, d’altra parte, ricorda il comportamento dello struzzo: non risolve i problemi ma li dirotta all’interno lasciandoli irrisolti.

Malattie psicosomatiche

Chi soffre di malattie psicosomatiche presenta dolore, nausea o altri sintomi fisici, senza però una causa fisiologica che possa essere diagnosticata. Tali sintomi possono avere una causa fisiologica definita, come il disturbo di conversione, disturbo somatoforme e la sindrome miositica tensiva. Alcune condizioni fisiologiche quali la carenza di vitamine o danni cerebrali possono essere causa di sintomi psicologici gravi. Quando la causa di una patologia è dubbia, la possibilità che sia di origine psicosomatica deve essere presa in considerazione. Alcune malattie che in precedenza erano ritenute puramente psicosomatiche, come le allergie, ora vengono considerate aventi un’origine organica identificata. Alcuni studi hanno dimostrato che anche semplici frustrazioni quotidiane possono avere effetti sulla funzionalità immunitaria. I pionieri in questa area di ricerca sono i coniugi Kielcot-Glaser che l’hanno teorizzata nel XX secolo. I campi d’impiego della psicosomatica sono prevalentemente stress (distress cronico) e traumi fisici, psichici e sociali esistenziali.

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Le tue unghie dicono molto sulla tua salute: ecco come leggerle

MEDICINA ONLINE UNGHIA UNGHIE DICONO SALUTE RIVELANO LEGGERLE INTERPRETARLE SEGNI.jpgL’aspetto delle unghie, la loro struttura, forma e colore sono importanti indicatori dello stato di salute della persona. Ma cominciamo col farci una semplice ma importante domanda:

Com’è fatta una unghia sana di una persona in salute?

Un’unghia sana è resistente, di colore rosato ed è caratterizzata da una superficie uniforme e levigata. Il fatto che le unghie cambino colore e assumano forme strane può significare che ci sia qualcosa che non va nell’organismo. Spesso le cause del cambiamento di aspetto di queste sottili lamine che ricoprono le piccole falangi delle dita risiedono in abitudini sbagliate: ad esempio una manicure troppo aggressiva, l’utilizzo di smalti di qualità scadente, il mancato utilizzo di guanti quando si lavano i piatti o si fa il bucato a mano. A volte, invece, all’origine del cattivo stato di salute delle unghie ci sono traumi o malattie della pelle, come la psoriasi o una micosi, o disturbi interni, ad esempio a carico dell’apparato cardiocircolatorio.

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Le unghie sono lo specchio della nostra salute

Se solo un’unghia o due presentano un’anomalia, è probabile che il problema sia esterno, mentre se sono tutte le unghie a cambiare colore o forma, è ragionevole sospettare la presenza di un deficit nutrizionale, di un problema del nostro corpo o addirittura di una malattia interna. Ecco alcune caratteristiche che possono essere un campanello  d’allarme da non sottovalutare:

1) Se l’unghia presenta un’esagerata curvatura o convessità verso l’alto e ondulazioni diffuse, può indicare una colite ulcerativa o cirrosi, malattie cardiovascolari, tubercolosi, enfisema; se essa ha delle righe verticali vi sarà carenza di ferro; oppure le unghie sono deboli, è un’indicazione di disfunzioni tiroidee.

2) Una tinta bluastra sulla “lunula” (la mezzaluna alla base dell’unghia) può indicare: cattiva circolazione sanguigna, malattie di cuore, sindrome di Raynaud, spasmi alle arterie nelle mani e nei piedi, dovuti solitamente all’esposizione al freddo intenso, ma a volte associati ad artriti reumatoidi o a malattia autoimmunitaria.

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3) Se le unghie sono a cucchiaio, sono abbassate ed appaiono piatte o incavate come appunto un cucchiaio, possono essere indice di anemia dovuta a carenza di ferro, sifilide, alterazioni della tiroide o febbre reumatica.

4) Se la metà dell’unghia superiore vicino alla punta del dito appare rosea o bruna mentre l’altra vicina alla cuticola è bianca, ciò può indicare una malattia renale cronica.

5) Profondi solchi orizzontali che vanno da parte a parte dell’unghia sono dovuti a malnutrizione o malattia grave che ostacola temporaneamente la crescita dell’unghia: parotite; morbillo, cardiopatite acuta o compressione di un nervo dell’avambraccio all’altezza del polso.

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6) Le unghie molto pallide, quasi bianche, possono essere sintomo di anemia, di disfunzioni ai reni oppure di problemi al fegato.

7) Le unghie gialle possono essere spie di problemi respiratori oppure di diabete o, infine, di disfunzioni epatiche. Le unghie sono spesso ingiallite dal contatto con particolari sostanze, come ad esempio la nicotina per i fumatori, se questo non è il tuo caso allora dovresti prendere dei provvedimenti.

8) La crescita rallenta, le unghie diventano più spesse e molto dure, assumono colore giallo o giallo verde, indicano disturbi cronici della tiroide, delle vie respiratorie o del sistema linfatico.

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9) Strisce rosse longitudinali indicano un sanguinamento dei capillari; se sono molte possono essere un segnale di ipertensione arteriosa stabilizzata, psoriasi o infezione del tessuto che tappezza le cavità cardiache.

10) Chiazze scure, potrebbero indicare un probabile melanoma maligno, specie quando si estendono dall’unghia al tessuto del dito; a volte è una sola macchia grande altre volte un insieme di lentiggini, di solito appaiono più frequentemente sui pollici o sugli alluci.

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11) Se le unghie appaiono picchiettate, cioè la loro superficie presenta depressioni puntiformi che possono essere disposte irregolarmente, potrebbero indicare psoriasi, oppure creano linee regolari che fanno assomigliare l’unghia ad ottone picchiettato, poterbbero indicare alopecia aerata, che è una malattia auto immune poco nota, che dà luogo a perdita parziale o totale dei capelli.

12) Dalla punta delle dita si può capire in anticipo che soffre o soffrirà di malattie al cuore. Il test usato si chiama in termine tecnico “tonometria dell’iperemia reattiva delle arterie periferiche” e misura il modo in cui cambia il volume (forma) della punta delle dita al variare della pressione sanguigna; ciò è sufficiente per mettere in luce le disfunzioni dell’endotelio che riveste internamente le arterie, che sono le prime fasi e precoci dell’aterosclerosi.

I migliori prodotti per la cura delle unghie

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere di mani e piedi, in grado di migliorare forza, salute e bellezza delle tue unghie e della tua pelle:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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L’acqua di mare fa bene alla tua salute

MEDICINA ONLINE SOLE MARE COPPIA AMORE UOMO DONNA USTIONE SOLARE RADIAZIONE ABBRONZATURA PISCINA ACQUA NUOTO NUOTARE SPIAGGIA NUVOLEAl mare si prende il sole, si nuota, ci si rilassa e nel frattempo il benessere del nostro corpo migliora. Come mai? L’acqua di mare, con tutte le sue proprietà terapeutiche, è una pozione miracolosa per il nostro organismo: per esempio, favorisce la circolazione, stimola il metabolismo, aiuta la respirazione e riduce la pressione sanguigna. Queste e altre delle sue molteplici qualità possono aiutarci a rimettersi in sesto se siamo stressati o affaticati: ecco quali parti del corpo ne beneficiano maggiormente.

Apparato respiratorio

Lo iodio presente nell’acqua del mare e quello che evapora disperdendosi nell’aria è una sostanza essenziale per il nostro organismo; contribuisce a risolvere i problemi respiratori e a sbloccare i metabolismi particolarmente lenti. Un metodo classico per assumerlo in quantità sufficienti per avere benefici (150-200 microgrammi al giorno) è fare lunghi bagni in acqua salata e passeggiate sul lungomare.

Pelle

Da sempre l’acqua di mare è stata utilizzata per combattere i problemi della pelle, dagli eczemi alla psoriasi. Grazie alle sue caratteristiche minerali, in particolare alla presenza di sodio, l’acqua salata disinfetta e purifica i pori dando anche alla nostra epidermide un aspetto più sano. Inoltre mentre stiamo in acqua i nostri tessuti si ossigenano lasciando la pelle più luminosa.

Apparato muscolare

Fare il bagno e nuotare sono attività che impegnano tutti i nostri muscoli, stimolandone la bonificazione e attenuando i reumatismi. Anche il camminare a piedi nudi sul bagnasciuga (ancora meglio quello fatto con i polpacci immersi nel mare che sfruttano la resistenza delle onde) è un ottimo passatempo per esercitare i muscoli delle gambe e i glutei.

Pressione e circolazione sanguigna

Quando ci si immerge nel mare la nostra circolazione si attiva e la pressione sanguigna si abbassa. Inoltre l’effetto drenante dell’acqua, dovuto al fatto che la sua pressione è maggiore di quella dell’aria, aiuta a prevenire e diminuire la ritenzione idrica e i gonfiori.

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Caffè al ginseng: proprietà, controindicazioni, fa male?

MEDICINA ONLINE CAFFE CAFFEINA THE TE TEINA ECCITANTE ASTINENZA GINSENG LUNGO CORTO ORZO MACCHIATO CALDO FREDDO TAZZA GRANDE VETRO DIFFERENZE COFFE ESPRESSO AMERICANO WALLPAPER PIC PICTURE HI RES PHOTOQuando si parla di caffè al ginseng, sembra già di sentire il suo profumo vellutato e di vedere i toni ocra e leggermente dorati della bevanda calda. Il caffè al ginseng è prima di tutto un piacere, da consumare da soli in compagnia, a casa o in ufficio. Ma è anche un momento di benessere: il ginseng racchiude innumerevoli pregi, che vanno dalla riduzione di stress e stanchezza al miglioramento del tono dell’umore, dagli effetti positivi sul sistema immunitario all’aumento della concentrazione, dalle proprietà antiossidanti fino alle sue capacità afrodisiache. Vediamo alcune qualità del ginseng.

Le sette proprietà principali del ginseng:

  • Diminuisce lo stress: per secoli i cinesi hanno utilizzato il Ginseng per le sue proprietà curativa, e questa è una delle più comuni. Le proprietà adattogene del Ginseng infatti sono risapute. E’ un forte anti-stress, riduce i livelli di ormoni stimolati nei momenti di affaticamento fisico e mentale e in generale innalza i livelli di energia dell’organismo, agendo come un potente tonico.
  • Aumenta la vitalità dell’organismo: il Ginseng è un energetico naturale e aumenta la vitalità dell’organismo. Inoltre, può essere usato anche per combattere il calo energetico nei malati di cancro e di sclerosi multipla. Un ricerca della clinica Mayo ha riscontrato che una dose di Ginseng Winsconsin al giorno (1000 mg) migliora la vita dei malati e ne riduce i sintomi dovuti all’affaticamento.
  • Migliora l’umore: il Ginseng è utile anche negli stati di ansia, affaticamento mentale, irritabilità e nervosismo. Infatti è dimostrato che una dose di 1000 mg di Ginseng al giorno è in grado di migliorare il tono generale dell’umore e di ridurre lo stato di ansia e irritabilità.
  • Facilita la memoria: il Ginseng è un ottimo integratore per gli studenti! Infatti, tra le sue varie proprietà, quella di migliorare e facilitare i processi di memorizzazione è una delle più conosciute e note. Il Ginseng migliora la performance mentale e la capacità di concentrazione, ed è per questo che si rivela un ottimo alleato nei momenti di alto investimento delle nostre facoltà cognitive.
  • Stimola l’attività sessuale: il Ginseng viene da lungo utilizzato per aumentare naturalmente la libido e migliorare la performance sessuale sia nell’uomo che nella donna. Nella medicina tradizionale cinese è considerato un potente afrodisiaco ed è utilizzato inoltre per ripristinare la funzione sessuale, come nei casi di disfunzione erettile, dove sembra essere efficace sul 60% degli utilizzatori.
  • Stimola le difese immunitarie: il Ginseng è un ottimo stimolatore naturale del sistema immunitario, favorisce inoltre la ripresa cellulare e riduce l’infiammazione. Una recente ricerca ha inoltre mostrato che un uso quotidiano del Ginseng, sulla lunga durata, sia in grado di prevenire l’influenza A, una malattia respiratoria che affligge ogni anno milioni di persone e che si diffonde con estrema rapidità.
  • Previene l’invecchiamento: i Cinesi da sempre sostengono che il Ginseng è un promotore di longevità. Infatti, migliora la salute della pelle, diminuendo le rughe, riduce la calvizie negli uomini, anche usato per via topica sotto forma di shampoo, e migliora in generale la circolazione sanguigna. Il Ginseng inoltre è un protettivo degli organi interni, come cuore, fegato e reni, di cui previene i danni dell’invecchiamento. In generale, si è visto che il Ginseng riduce il tasso di mortalità negli uomini che ne fanno un uso regolare.

Proprio in nome della salute è anche giusto conoscere le controindicazioni del caffè al ginseng. In realtà, queste si riducono a possibili effetti indesiderati in pochi casi specifici, che elenchiamo nei prossimi paragrafi.

Caffè al ginseng: controindicazioni in caso di consumo eccessivo

Un consumo eccessivo di estratto puro di ginseng può portare a problemi come insonnia, nausea, diarrea e tachicardia, vertigini. Quando parliamo di consumo eccessivo, comunque, intendiamo quantità veramente smodate. In questo caso, le controindicazioni del caffè al ginseng sarebbero negative non solo per l’organismo, ma anche per il portafoglio.

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Caffè al ginseng: controindicazioni in caso di assunzione di farmaci

In regime di assunzione di determinati farmaci, come antinfiammatori, antidepressivi e anticoagulanti, ipoglicemizzanti orali o insulina, il ginseng potrebbe dare effetti indesiderati potenzialmente pericolosi. Per valutare correttamente le controindicazioni del caffè al ginseng in questi casi, il consiglio è quello di consultare un medico.

Caffè al ginseng: controindicazioni per certe categorie di persone

Gli studi hanno rilevato che il ginseng può dare effetti sgraditi anche nel caso di donne in gravidanza, soprattutto durante i primi mesi, o nel caso di persone che soffrono di insonnia o di ipertensione. Mentre nel caso delle donne in gravidanza è consigliato sospendere il consumo di ginseng, per le altre due categorie di persone si può tranquillamente procedere con un consumo moderato: una o due tazzine di caffè al ginseng al giorno non avranno controindicazioni.

La migliore selezione di tè, tisane e caffè

Qui di seguito trovate una lista con la migliore selezione di tè, infusi e caffè provenienti da tutto il mondo, di altissima qualità e scelti dal nostro Staff di esperti ed appassionati. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca.

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Zucca: calorie, proprietà, usi e benefici per la salute

MEDICINA ONLINE ZUCCA CALORIE PROPRIETA USI BENEFICI SALUTE FRUTTA VERDURA CUCINA RICETTE RICETTA LIGHT DIETA.jpgLa zucca viene largamente utilizzata in cucina per il suo delizioso sapore, ma i suoi estratti sono da tempo noti nella medicina naturale per i loro effetti benefici sulla nostra salute. Scopriamo le proprietà, i benefici e le calorie della zucca.

Quante calorie contiene la zucca? La zucca è un ortaggio davvero poco calorico. Infatti 100 grammi di zucca gialla apportano soltanto 18 calorie. Possiamo dunque scegliere la zucca come contorno leggero e come ingrediente per le nostre ricette autunnali.

La zucca può essere facilmente coltivata nei nostri orti. Le sue piante danno origine, oltre ai frutti che ben conosciamo, a dei fiori gialli commestibili che sono ottimi da gustare crudi in insalata, come condimento per la pasta, oppure cotti in una pastella composta da acqua e farina di ceci, oppure da farina di grano e birra.

La zucca è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae. Dai suoi semi può essere ricavato un olio benefico che può essere utilizzato in cucina come condimento a crudo o sulla pelle per via delle sue proprietà emollienti e lenitive. Come altri frutti o ortaggi dalla polpa di colore giallo-arancio, la zucca è ricca di sostanze antiossidanti e di beta-carotene, un componente che può essere utilizzato dall’organismo per la formazione della vitamina A. Ciò aiuta il nostro corpo nei processi dirigenerazione cellulare e nel ritardare l’invecchiamento causato dal trascorrere del tempo e dal logoramento dei tessuti cutanei e corporei. La polpa di zucca contiene vitamine ed in modo particolare: pro-vitamina A, vitamina E e vitamina C. Non mancano inoltre sali minerali ed enzimi benefici. Della zucca possono essere consumati anche i semi, dopo averli accuratamente sciacquati, asciugati e tostati, per via del loro prezioso contenuto di lecitina, tiroxina, fosforo, vitamina A e vitamine del gruppo B.

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L’olio estratto dai semi di zucca è raccomandato per ridurre il quantitativo di colesterolo in eccesso presente nel sangue. In generale, la zucca, con riferimento alla sua polpa, viene considerata come un alimento protettivo contro l’insorgere di patologie cardiache, soprattutto per via del suo elevato contenuto di antiossidanti. La zucca ha proprietà lassative e viene dunque consigliata in caso di stitichezza e di irregolarità intestinale. Il consumo della zucca permette di migliorare la digestione e l’eliminazione delle tossine a livello dell’intestino e del fegato.

Attraverso l’impiego di una centrifuga, dalla polpa di zucca può essere ricavato un ottimo succo, dalle proprietà benefiche riconosciute. Il succo di zucca è indicato in caso di ulcera e di particolari condizioni di acidità all’interno dell’apparato digerente. La medicina naturale consiglia, in questi casi, di consumare un bicchiere di succo di zucca tre volte al giorno, un’ora e mezza prima dei pasti. Ad esso sono state inoltre attribuite proprietà di prevenzione nei confronti dei tumori.

Il consumo del succo di zucca, e della stessa polpa di zucca, viene consigliato in caso di insonnia, poiché ad esso vengono attribuite delle efficaci proprietà sedative. Il consumo della zucca è inoltre indicato da parte della medicina naturale in caso di scompensi ormonali durante l’adolescenza e la menopausa. Il consumo di semi di zucca e di polpa di zucca è ritenuto benefico nell’eliminazione dei parassiti intestinali, contro i quali essa rappresenta un vero e proprio rimedio naturale privo di controindicazioni.

Per quanto riguarda gli usi esterni, l’applicazione della polpa di zucca o dell’olio di semi di zucca viene raccomandata nel trattamento di stati infiammatori della pelle, di episodi di prurito o di arrossamento, oltre che di scottature o ascessi. La zucca riesce ad ammorbidire la pelle e a contrastare il processo infiammatorio delle mucose. Le sue proprietà emollienti la rendono benefica in caso di punture di insetti. Dei piccoli cataplasmi preparati con della polpa di zucca cotta e frullata o semplicemente schiacciata possono accelerare la guarigione delle punture di insetti. I cataplasmi dovranno essere sostituiti quotidianamente, fino a quando i segni della puntura di insetto non saranno completamente scomparsi.

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Per le loro proprietà lenitive e antiossidanti, sia l’olio che i semi di zucca vengono utilizzati in cosmesi nella preparazione di creme o di maschere anti-invecchiamento adatte a mantenere un aspetto sempre giovane. Una maschera per il viso lenitiva e purificante può essere ottenuta schiacciando con una forchetta una fettina di zucca lessata o cotta al vapore, dopo averla lasciata raffreddare. L’effetto emolliente sarà dato dalla polpa di zucca stessa, mentre l’effetto purificante verrà conferito grazie all’aggiunta nella sua preparazione di un cucchiaio di succo di limone ricavato dalla spremitura di frutti biologici o non trattati.

Molti non sanno che la zucca può essere consumata cruda, in modo tale che il suo contenuto vitaminico venga mantenuto intatto. Può essere altrimenti cucinata al vapore, al forno, stufata o lessata. È ottima per la preparazione di vellutate e la sua polpa può essere bollita e frullata per preparare una salsa per il condimento della pizza o della pasta, in sostituzione della salsa di pomodoro. La zucca è ottima anche in abbinamento ai risotti e la sua polpa cotta e frullata può essere inserita tra gliingredienti per la preparazione di un ottimo pane casereccio, che acquisterà il caratteristico colore giallo-arancio, oltre che un ottimo sapore.

Una volta aperta e tagliata una zucca, i suoi semi non dovranno essere gettati. Potranno infatti essere sciacquati, asciugati e lasciati essiccare all’aria aperta, al fine di poterli conservare all’interno di sacchetti di carta e di seminarli in primavera, a partire dal mese di aprile, preferibilmente in semenzaio. Possono altrimenti esseretostati in forno per 15-20 minuti a 180°C e consumati come spuntino o utilizzati come condimento. Infine, il consumo di zucca viene consigliato come rimedio naturale in caso di colite. La polpa deve essere lessata e schiacciata per formare una purea, che potrà essere consumata come contorno una volta al giorno o utilizzata per la preparazione di una vellutata o di una zuppa di zucca dalle spiccate proprietà benefiche per l’intestino.

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Fa male trattenere l’urina troppo a lungo? Quali danni può determinare?

MEDICINA ONLINE DIARREA VIAGGIATORE VACANZA VIAGGIO CIBO ESOTICO INFEZIONI CIBI CONTAMINATI ACQUA INTESTINO DOLORE FECI LIQUIDETrattenere troppo a lungo l’urina, ad esempio urinando solo la mattina e la sera, è un errore abbastanza diffuso che però può avere conseguenze anche gravi sulla nostra salute. Vediamo per quali motivi.

Muscolatura

Per prima cosa, ammettendo di assumere giornalmente la giusta quantità di acqua (circa 1,5/2 litri ogni giorno), lasciar passare troppo tempo tra una minzione e la successiva comporta quasi sempre un riempimento eccessivo della vescica la cui muscolatura poi può fare fatica a riprendere a funzionare nel momento in cui andremo in bagno. In un soggetto sano trattenere la pipì molto a lungo, può danneggiare la funzionalità della parete vescicale e – cronicamente – può determinare incontinenza urinaria. Per approfondire: Incontinenza urinaria maschile e femminile: cause, tipi, da sforzo, rimedi

Infezioni

Se al momento dello stimolo non ci rechiamo in bagno in tempi rapidi, l’urina ristagna nella vescica per tempi più lunghi del normale e ciò aumenta il rischio di soffrire di una infezione della vescica con conseguente fastidiosa cistite (infiammazione della vescica) e cistouretrite (infiammazione di vescica ed uretra, il condotto che porta l’urina dalla vescica all’esterno). L’infezione inoltre – se grave e non curata – può propagarsi a monte, potenzialmente determinando danni anche severi ai reni, ed a valle, colonizzando i genitali, soprattutto nelle donne, la cui uretra è più corta di quella maschile e ciò favorisce la discesa di virus e batteri. Per approfondire: Bruciore e stimoli frequenti di urinare: cistite, sintomi e cure

Calcoli

Aumentare il tempo in cui l’urina ristagna in vescica, potrebbe aumentare anche il rischio di calcoli vescicali ed uretrali. Per approfondire: Calcoli urinari bloccati in rene, uretere, vescica e uretra: cause e cure

Bambini

Anche ai bambini capita di trattenere troppo a lungo l’urina, questo ad esempio perché sono impegnati a giocare e non vogliono interrompere la loro attività oppure perché sono molto piccoli ed a scuola si vergognano di chiedere di andare in bagno. E’ importante insegnare ai bimbi che – quando compare lo stimolo – se possibile bisogna svuotare subito, o comunque al più presto, la vescica. Se vi accorgete che vostro figlio urina troppe poche volte al giorno, per prima cosa controllate quanta acqua assume giornalmente, poi chiedete direttamente a lui se sente delle sensazioni strane mentre urina (ad esempio se ha bruciore) e controllate se a livello dei genitali ha segni di infiammazione (come rossori e gonfiori). In caso di dubbi, sempre meglio chiedere il parere del proprio pediatra.

Leggi anche: Enuresi notturna in bambini, adolescenti e adulti: cause e terapia

Consigli

Ecco alcuni comportamenti utili generali che vi consiglio:

  • bere adeguate quantità di acqua ogni giorno (circa 1,5/2 litri al giorno, anche di più nei mesi caldi e se fate molta attività fisica);
  • assumere frutta e verdura di stagione, ricchi d’acqua;
  • avere sempre una adeguata igiene intima;
  • evitare di lavarsi i genitali subito dopo essersi lavati l’ano: se necessario lavare prima i genitali e solo dopo l’ano, soprattutto se si è di sesso femminile;
  • evitare di indossare indumenti intimi troppo stretti e fatti con tessuti di cattiva qualità;
  • anche se non si ha voglia di urinare, cercare di sforzarsi appena si sente un minimo di stimolo o addirittura anche se non si prova alcuno stimolo ma è passato molto tempo dell’ultima minzione;
  • anche se stiamo svolgendo un compito importante, evitare di procastinare la minzione se sentiamo lo stimolo ad urinare;
  • se proprio non possiamo evitare di procastinare la minzione, evitare di far passare troppo tempo tra la comparsa dello stimolo e l’emissione dell’urina;
  • se, nonostante la giusta assunzione di acqua, durante il giorno sentiamo raramente lo stimolo di urinare, potrebbe essere utile richiedere il parere di un urologo.

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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