Ecografia dinamica peniena: a che serve e come si svolge l’esame?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO SEMEIOTICA FONENDOSCOPIO ESAMEL’ecografia dinamica peniena, anche chiamata ecocolordoppler penieno, è una indagine utilizzata nella diagnosi della disfunzione erettile (impotenza). Sfrutta sonde ad alta frequenza (7.5-13 MHz) con modulo colordoppler, che permette di analizzare il flusso sanguigno del pene. L’esame non è pericoloso per la salute, visto che – al contrario della radiografia – si usano ultrasuoni e non radiazioni ionizzanti, tuttavia presenta il rischio di complicanze ed è considerato molto fastidioso dai pazienti.

Perché si chiama “dinamico” e quali farmaci vengono usati?

Il termine “dinamico” indica il fatto che durante l’esame si usano farmaci vasoattivi, come la papaverina e/o la prostaglandina PGE1 (Alprostadil – Caverject) iniettati direttamente nei corpi cavernosi del pene per indurre un’erezione. Si effettua quindi l’ecografia in condizioni basali e ripetendola ad intervalli prestabiliti dopo l’iniezione dei farmaci e ciò permette di studiare:

  • stato di dilatazione delle arterie cavernose;
  • velocità di afflusso del sangue all’interno dei vasi sanguigni penieni;
  • i corpi cavernosi a riposo ed in erezione;
  • morfologia del pene.

Oltre all’iniezione di farmaci, in alcuni casi il paziente visiona filmati erotici capaci di stimolare l’erezione.

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Quando si esegue e per chi è indicato?

L’ecocolordoppler penieno è generalmente indicato quando, esclusa una disfunzione erettile su base psicologica, si sospetta una disfunzione erettile causata da alterazioni vascolari (frequente in soggetti con aterosclerosi, diabete, ipertensione arteriosa). L’esame in genere viene prescritto quando le terapie orali per la disfunzione erettile (come il Viagra) non abbiano funzionato.

Come si svolge l’esame?

Il paziente è in decubito supino (cioè sdraiato a pancia in su) con il pene appoggiato alla parete anteriore dell’addome. Sul pene si passa una sostanza tipo gel per favorire gli ultrasuoni. Il medico passa sul pene la sonda ecografica. Il medico effettua una iniezione sul pene, che dovrebbe determinare una erezione, e passa nuovamente la sonda ecografica ad intervalli regolari.

Vedi anche: FOTO DI INIEZIONE SUL PENE

Quanto dura l’esame?

L’esame in sé richiede circa 20 – 30 minuti, salvo situazioni specifiche in cui il medico ha bisogno di più tempo per studiare situazioni anatomiche particolari.

Cosa succede al termine dell’esame?

Al termine dell’esame il paziente può tornare alle proprie attività giornaliere senza problemi. Può guidare. L’erezione indotta farmacologicamente può durare circa un’ora. Può perdurare un senso di fastidio al pene dovuto all’iniezione, che dovrebbe sparire in alcune ore.

L’esame è doloroso?

La parte dell’esame che include il passaggio della sonda ecografica non è dolorosa, tuttavia l’iniezione intracanvernosa dei farmaci è considerata “fastidiosa” (in alcuni casi “dolorosa”, secondo alcuni “estremamente dolorosa”) dalla maggior parte dei pazienti.

Quali i rischi e le complicanze?

Una possibile complicanza è il priapismo: un’erezione che dura oltre il tempo di efficacia del farmaco (cioè circa 1 ora) e che può diventare anche molto dolorosa. Il priapismo può essere trattato mediante iniezione di intracavernosa di etilefrina, ma in alcuni rari casi può richiede la detumescenza chirurgica. In rarissimi casi, l’iniezione può determinare danni più o meno gravi alle strutture del pene.

In caso di risultati positivi, quali altri esami sono necessari?

Le ecografia riscontra qualche danno, il medico potrebbe aver bisogno di altre indagini diagnostiche, come:

Queste indagini non sono sempre necessarie e, essendo alcune invasive e più rischiose, si usano solo quando l’ecografia peniena non sia riuscita a sciogliere il dubbio diagnostico. Per approfondire: Disfunzione erettile: arteriografia, cavernosometria, cavernosografia, esami neurofisiologici

Sullo stesso argomento, leggi: Disfunzione erettile: ecografia colordoppler dinamica del pene

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ROTTURA CUFFIA ROTATORI SPALLA Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina.jpgTante volte nella nostra vita ci è capitato di avvertire dolore ad una o ad entrambe le spalle e di provare la sensazione di avere meno forza nei movimenti legati alle spalle. In questi casi molte volte i sintomi possono essere manifestazioni transitorie e di poca importanza, altre volte, purtroppo, possono invece essere sintomo di una patologia che riguarda la cuffia dei rotatori e che non deve essere mai sottovalutata. Ma la prima domanda che molti si saranno fatti è…

Cos’è la cuffia dei rotatori ed a che serve?

La cuffia dei rotatori è un complesso muscolo-tendineo costituito dall’insieme di quattro muscoli e dai rispettivi tendini:

  • muscolo sovraspinato, il cui tendine passa al di sotto del legamento coraco-acromiale e si inserisce sulla parte superiore della grande tuberosità omerale;
  • muscolo sottospinato, posteriore, il cui tendine si inserisce sul tubercolo maggiore dell’omero;
  • muscolo piccolo rotondo, posteriore, il cui tendine si inserisce leggermente al di sotto dell’inserzione del muscolo sottospinato;
  • muscolo sottoscapolare, anteriore, il cui tendine si inserisce sulla piccola tuberosità dell’omero.

Nel complesso la cuffia è composta da due muscoli extrarotatori (sottospinato e piccolo rotondo), un muscolo intrarotatore (sottoscapolare), e un muscolo adduttore (sovrascapolare).

A che serve la cuffia dei rotatori?

La cuffia dei rotatori si chiama in questo modo perché i grandi tendini che la compongono proteggono l’intera articolazione formando una vera e propria cuffia che avvolge la testa dell’omero; già potete intuire quindi quale sia l’importante compito di questa struttura: la contrazione tonica dei muscoli della cuffia stabilizzano la spalla impedendone la lussazione (fuoriuscita della testa omerale dalla cavità glenoidea). I tendini piuttosto vasti (circa cinque centimetri) proteggono l’intera articolazione formando una vera e propria cuffia che avvolge la parte superiore dell’omero. Tra i quattro muscoli che compongono la cuffia dei rotatori, il sovraspinato è quello che si lesiona più frequentemente. In realtà quando si parla di rottura della cuffia dei rotatori non si fa riferimento a lesioni di natura muscolare ma tendinea. Inoltre bisogna tenere ben presente che la lesione della cuffia dei rotatori è spesso associata a lesione del capo lungo del muscolo bicipite, attivo durante la flessione e l’abduzione della spalla. La borsite sub-acromiale invece, è un infiammazione dell’omonima borsa e anch’essa può essere un’importante causa di dolore alla spalla. Si tratta in sostanza di un piccolo sacchetto ripieno di liquido posto sotto l’acromion della scapola per impedire lesioni da sfregamento della cuffia dei rotatori sull’osso.
Quando questa borsa si infiamma (a causa di un trauma o di uso eccessivo) va a comprimere le strutture tendinee comprese nello spazio sotto-acromiale favorendone la degenerazione.

Leggi anche: Osso omero: anatomia e funzioni in sintesi

Quali sono i sintomi della lesione della cuffia dei rotatori?

Il tipo di ferita può variare da un’infiammazione tendinea locale, senza alcun danno permanente, ad una lesione parziale o completa che potrebbe richiedere l’intervento di riparazione chirurgica. In entrambi i casi si registrerà un deficit più o meno marcato nella forza di abduzione del braccio (cioè il movimento di allontanare il braccio dal corpo). In particolare il soggetto faticherà a mantenere il braccio sollevato lateralmente tra i 60° ed i 120°. Un apposito test per diagnosticare la lesione della cuffia dei rotatori andrà proprio a testare la risposta muscolare del paziente in questi angoli di movimento. Oltre al dolore, che spesso si accentua durante il riposo notturno, e deficit della forza durante movimenti specifici, i pazienti spesso lamentano difficoltà e dolore legati ai normali movimenti della vita quotidiana, come la pettinatura dei capelli, il riposo notturno su un fianco, l’infilare la manica della giacca o l’allacciamento del reggiseno.

Leggi anche: Come viene effettuata una ecografia articolare (muscolo tendinea) ed a cosa serve?

Quali sono le cause di lesione della cuffia dei rotatori?

Tra i 60° ed i 120° di abduzione, lo spazio tra la testa dell’omero e l’acromion della scapola nel quale decorre il tendine del muscolo sovraspinato si riduce notevolmente. Per questo motivo movimenti frequenti in questo range articolare possono causare a lungo andare infiammazione e/o degenerazione del tendine del sovraspinato. Non a caso la lesione solitamente interessa il tendine in un’area ben precisa che si trova a circa un centimetro di distanza dalla sua inserzione sull’omero (trochite). Questa zona è piuttosto ricca di capillari che servono a fornire al tendine l’ossigeno ed i nutrienti. Già in condizioni normali, con l’invecchiamento e il disuso, l’afflusso di sangue al tendine si riduce, diminuendone l’elasticità ed aumentandone la fragilità. Ma se il braccio lavora proprio tra i 60 ed i 120°, l’apporto di sangue al tendine si riduce ulteriormente a causa della riduzione dello spazio tra la testa omerale e l’acromion. Questa compressione va ad intrappolare ed ostruire parzialmente i vasi sanguigni aumentando considerevolmente il rischio di lesione. Questo meccanismo è ancora più evidente se al disuso segue un improvviso uso esagerato e/o prolungato (sollevare carichi pesanti, tagliare la siepe, imbiancare il soffitto, lavare i vetri, movimenti bruschi ecc.). Spesso nell’anziano vi è assenza di sintomatologia dolorosa o questa è molto lieve nonostante la lesione.

Nello sport invece tali lesioni si verificano più frequentemente in discipline che prevedono movimenti ripetitivi che richiedono una abduzione associata ad extrarotazione del braccio (baseball, lancio del giavellotto, tennis, pallavolo, alcune specialità del nuoto, a volte la pallacanestro). L’uso ripetitivo dei tendini può infatti condurre ad un loro significativo ispessimento riducendo ancor di più lo spazio subacromiale. Nei giovani un singolo movimento particolarmente violento, può andare a ledere uno o più tendini già compromessi dall’utilizzo eccessivo.

Nelle persone sedentarie, alcuni difetti posturali associati ad attività lavorative che impongono posizioni viziate, possono causare a lungo andare un aumento della cifosi dorsale (incurvamento in avanti del tratto toracico della colonna vertebrale). Tale vizio di posizione, che genera quella che volgarmente viene chiamata gobba, proietta in avanti le spalle sottoponendo la cuffia dei rotatori a tensioni eccessive. Non a caso il dolore alla spalla rappresenta la seconda causa più frequente di assenteismo dal lavoro dopo la  lombalgia.

L’indebolimento delle strutture tendinee che compongono la cuffia dei rotatori aumenta, a lungo andare, l’instabilità dell’intera spalla favorendo la risalita verso l’alto della testa omerale. Questa risalita diminuisce ulteriormente lo spazio a disposizione dei tendini causando dolore. Se la condizione cronicizza si parla di “Sindrome da conflitto” proprio per indicare “l’intrappolamento” dei tessuti molli nello spazio subacromiale. Negli anziani la sindrome da conflitto è piuttosto frequente e causata dalla perdita di elasticità dei tendini associata ad una loro parziale calcificazione e alla presenza di piccoli speroni ossei nella superficie subacromiale.

Una lesione dei tendini di uno o più muscoli che compongono la cuffia dei rotatori può avvenire anche a causa di un trauma (caduta sulla spalla) o di una borsite sub-acromiale. Quando una persona cade sbattendo la spalla, l’acromion subisce una pressione che lo fa picchiare sulla cuffia dei rotatori. Se l’impatto è abbastanza violento l’osso può ledere i tendini. L’entità del trauma, la forma della superficie inferiore dell’acromion (più o meno tagliente; acromion uncinato), ma anche l’elasticità dei muscoli e dei tendini che compongono la cuffia dei rotatori, andranno ad incidere sull’entità della lesione (completa o parziale). Anche una caduta all’indietro in appoggio su un braccio extrarotazione (istintivamente con la mano in fuori in modo da creare un punto di appoggio per proteggere il resto del corpo) o in avanti, su un braccio intraruotato e addotto (cioè vicino al corpo) può andare a lussare anteriormente o posteriormente la spalla danneggiando i tendini della cuffia. Spesso a tale lesione si associa una rottura dei capillari tendinei che riempiendo di sangue i tessuti intorno ai tendini, li gonfiano provocando dolore. Dopo il trauma il dolore può persistere per alcuni mesi accentuandosi o diminuendo in base al tipo e all’intensità dell’attività fisica praticata.

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Diagnosi

Molto spesso per far diagnosi basta una visita accurata da un medico esperto, che sottopone la spalla ad alcuni test di valutazione funzionale.

  • Test della cuffia dei rotatori: In realtà il test diagnostica una lesione del sovraspinato, ma questo tendine è di gran lunga il più frequentemente implicato in una lesione; ad ogni modo il paziente viene invitato a sollevare lateralmente il braccio (tenendolo lievemente in avanti ) con il pollice rivolto verso il basso. Il medico contrasta il movimento spingendo verso il basso. Il test è positivo se viene provocato dolore o se c’è una importante perdita di forza rispetto all’altro braccio. Se il tendine è completamente leso sarà impossibile mantenere il braccio fermo con una inclinazione inferiore a 120°.
  • Test del sottospinato: Si tiene il gomito flesso a 90°, e lo punta verso il fianco. Il test consiste nel ruotare verso l’esterno il braccio. Anche qui se vi è dolore o deficit di forza il test è positivo. (il test è positivo anche in caso di lesioni del piccolo rotondo).
  • Test del sottoscapolare: Il dorso della mano deve appoggiare sulla parte bassa della schiena, come ad infilare la manica di una giacca. Bisogna riuscire ad allontanare la mano dalla schiena spingendo verso l’indietro mentre il medico oppone resistenza. Il dolore o il deficit di forza denunciano lesione.
  • Test di conflitto (di Neer): Indica conflitto con la superficie inferiore dell’acromion. Bisogna sollevare in avanti il braccio (tenendo il pollice verso il basso), mentre la scapola viene tenuta ferma dalla mano del medico. Il dolore nella parte finale del movimento indica positività.

Le più importanti indagini strumentali sono:

  • Radiologia tradizionale: I normali raggi X non sono in grado di visualizzare chiaramente i tendini, ma solo di dare una indicazione indiretta del loro stato di salute (calcificazioni, restringimenti articolari, osteofiti etc.).
  • Ecografia: Visualizza con molta accuratezza le lesioni tendinee e danni alla borsa subacromiale.
  • Risonanza magnetica: localizza con precisione la lesione e la sua estensione.

In ogni caso il ricorso ad indagini strumentali avverrà solo su richiesta di un medico esperto, onde evitare spese e irradiazioni inutili (radiologia tradizionale), mentre la diagnosi, lungi dall’essere solo una diagnostica per immagini, dovrà tener conto della esatta interpretazione dei test di valutazione funzionale eseguiti durante la visita.

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Terapia non chirurgica

Se ci colpisce un dolore alla spalla in conseguenza di una caduta o di un movimento: applicare del ghiaccio (2-3 volte al giorno per 20 minuti: NON DI PIU’ per i primi 2 giorni), e mettere a riposo l’articolazione. Se il dolore è particolarmente accentuato e se limita in modo importante i movimenti e soprattutto se i sintomi non scompaiono dopo qualche giorno consultare lo specialista, il quale dopo una attenta diagnosi prescriverà la terapia adeguata. Molto utile la Tecarterapia, nelle fasi acute in modalità atermica, poi via via sempre più intensa. Così come utili, nelle fasi acute, gli ultrasuoni: un intelligente connubio tra ultrasuoni e crioterapia. Eccellenti le Onde d’urto sia in fase acuta, sia, ancor più, in tempi successivi. Essenziale e complementare a tutte le altre è la Rieducazione Funzionale in sala di riabilitazione, consiste in ginnastica attiva e passiva sotto la guida vigile del medico e del fisioterapista; se possibile aiutata da un sapiente “Pompage” dell’articolazione.

Terapia chirurgica

Vi sono due categorie di interventi chirurgici. In passato esisteva solo la metodica “aperta”, che richiede una incisione sulla spalla lunga circa 6-8 cm. Per raggiungere la cuffia è necessario passare attraverso il muscolo deltoide, che perciò viene inciso e alla fine suturato. Da oltre venti anni si sono sviluppate le metodiche artroscopiche, che utilizzano un sofisticato sistema basato su una piccola telecamera collegata ad uno schermo mediante fibre ottiche. Sono necessarie alcune piccole incisioni da 0,5-1 cm dietro, di lato e davanti alla spalla e non è necessario “aprire” il deltoide. I progressi di tecnica chirurgica e di tecnologia degli strumenti hanno fatto sì che anche in artroscopia si possano eseguire reinserzioni del tendine all’osso altrettanto sicure quanto quelle che si ottengono in chirurgia aperta.
Sebbene i tempi necessari per il recupero e i risultati delle riparazioni con tecniche aperte e artroscopiche siano uguali, queste ultime hanno guadagnato via via il favore dei chirurghi e dei pazienti e attualmente rappresentano lo “standard” della chirurgia della cuffia.
L’obiettivo dell’intervento di riparazione è di riportare il lembo di tendine strappato alla sua sede di inserzione all’osso della testa omerale e fissarvelo. Per far questo esistono diversi sistemi di ancoraggio, i più comuni sono rappresentati da “ancorette” di vari materiali che si avvitano o si impiantano a pressione nell’osso e a cui sono attaccati dei fili con i quali si sutura e si riporta in sede il tendine.

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Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari:

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Ecografie 3D e 4D: a cosa servono e quali sono le differenze con l’ecografia standard?

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Che differenza c’è tra una ecografia standard, una a 3D ed una a 4D? E’ una domanda che mi sento rivolgere spesso dalle future mamme. La risposta è molto più semplice di quanto possa sembrare.

L’ecografia standard visualizza il bimbo in modo bidimensionale, cioè in 2 dimensioni. L’immagine appare “piatta”, senza mostrare la profondità. E’ un indagine fondamentale per studiare il feto e la sua salute.

L’ecografia 3D o tridimensionale permette la visualizzazione del feto in 3 dimensioni, mostrando un volume e non solo un piano di sezione come avviene per la tradizionale ecografia bidimensionale. Rispetto all’ecografia bidimensionale, nell’immagine appare quindi anche la profondità (come vedete nella foto in alto).
Questa metodica si basa sulla elaborazione computerizzata delle normali immagini ecografiche a due dimensioni: sfruttando il cosiddetto processo di “rendering” riusciamo ad ottenere l’immagine tridimensionale del feto, in maniera molto fedele alla realtà. L’immagine appare statica come se fosse una fotografia.

L’ecografia 4D visualizza l’immagine tridimensionale come avviene nella 3D, ma in più l’immagine si vedrà in movimento: la quarta dimensione infatti è rappresentata dal tempo. Si vedrà quindi in diretta il feto che muove le mani, che muove la labbra o si succhia il dito. Non più una semplice foto ma un vero e proprio video: una esperienza estremamente coinvolgente per i futuri genitori!

Quali sono le differenze dal punto di vista diagnostico?

Da un punto di vista strettamente diagnostico, in buona parte dei casi, non c’è una grande differenza tra le ecografie tridimensionali (3D e 4D) e quella tradizionale o bidimensionale: attualmente la valutazione del feto viene effettuata sulla base dell’ecografia bidimensionale, mentre la metodica 3D e 4D è solo un complemento all’esame. Ma in alcuni selezionati casi, l’indagine 3D e 4D possono rivelarsi strumenti importanti anche dal punto di vista diagnostico e della comunicazione medico-paziente. Per esempio offre la possibilità di visualizzare alcune malformazioni come la labiopalatoschisi (o labbro leporino) in modo più facilmente comprensibile per i genitori, aiutando così il medico nella spiegazione del difetto alla coppia. Altri casi in cui l’ecografia tridimensionale si è mostrata utile sono ad esempio le malformazioni degli arti, come il piede torto congenito.

Fare la 3D/4D o non farla?

Il mio consiglio è quello di affiancare all’ecografia standard bidimensionale, anche la 3D e la 4D dal momento che, oltre ad aumentare le possibilità di valutare il feto, queste tecniche sono estremamente emozionanti per la futura madre ed il futuro padre. Il rapporto tra la madre e il bambino, secondo alcuni studi, sembra infatti positivamente influenzato. Vedere in bambino in tridimensionale e addirittura muoversi è un emozione forte, che incrementa il legame affettivo e in alcuni casi può indurre la mamma a cambiare stile di vita, a migliorare la propria alimentazione, ad evitare attività dannose come il fumo o l’uso di alcool e droghe. Buona gravidanza a tutte!

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Cos’è una ecografia, a che serve e quali organi può indagare?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma ECOGRAFIA CHE SERVE ORGANI Seno Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaDomande apparentemente banali per molti lettori, sono invece questioni che mi sento rivolgere abbastanza spesso dai miei pazienti. Cos’è una ecografia? A cosa serve? Quali strutture corporee può studiare? Che differenza c’è tra l’ecografia e le altre tecniche usate in diagnostica per immagini, come la TAC e la risonanza magnetica? Cominciamo dalle basi, chiedendoci per prima cosa:

Cos’è l’ecografia?

L’ecografia è una metodica diagnostica non invasiva che, utilizzando ultrasuoni (onde sonore) emessi da particolari sonde, consente di visualizzare organi, ghiandole, casi sanguigni, strutture sottocutanee ed anche strutture muscolari e tendinee in numerose parti del corpo. A differenza di altre metodiche come TAC e risonanza magnetica, è economica, ha effetti collaterali praticamente nulli ed è ripetibile più volte senza rischi per la salute: per questo è una metodica che viene usata per studiare il feto durante la gravidanza, anche grazie alle nuove tecnologie 3D e 4D.

Leggi anche: Ecografie 3D e 4D: a cosa servono e quali sono le differenze con l’ecografia standard?

Come si svolge una ecografia?

Il paziente viene posto in una data posizione che permetta una più facile indagine della struttura interessata, ad esempio il paziente viene steso sul lettino, poi inizia l’esame vero e proprio. Durante l’esecuzione dell’ecografia, l’area da esaminare viene inumidita con un apposito gel, non tossico, che consente una migliore trasmissione degli ultrasuoni attraverso il corpo umano. A questo punto il medico passerà una sonda sulla zona interessata, oppure inserirà la sonda in determinate strutture corporee, ad esempio nell’ecografia transrettale la sonda viene inserita attraverso il retto.

A cosa serve l’ecografia?

L’ecografia costituisce uno dei primi approcci allo studio del corpo umano, fatta eccezione della parte scheletrica e delle strutture interne alla scatola cranica. Gli ultrasuoni, infatti, non sono in grado di studiare le strutture ossee. L’ecografia in medicina è importantissima in moltissimi ambiti, come ad esempio per lo screening per il tumore della mammella, per indagare il cuore, la tiroide, i vasi sanguigni degli arti e del collo (ricerca di malformazioni, stenosi, placche), le articolazioni, il feto in gravidanza e molti altri ambiti.

A che serve il “Doppler”?

Serve a studiare principalmente il flusso sanguigno. Il movimento del sangue è presentato sul monitor con due colori, il rosso ed il blu: il colore rosso indica flusso in avvicinamento alla sonda mentre il blu indica allontanamento dalla sonda. Grazie a questa tecnica si può agilmente studiare come il sangue si muove all’interno del nostro corpo e cercare eventuali patologie caratterizzate da un flusso anomalo di sangue, come nel caso delle insufficienze valvolari in campo cardiologico.

Leggi anche: Che differenza c’è tra la risonanza magnetica, la TAC, la PET, la MOC, la radiografia, l’ecografia e l’endoscopia?

Quali organi e tessuti può indagare l’ecografia?

Le ecografie sono molto utilizzate per lo studio del collo (tiroide, linfonodi), dell’addome (fegato, reni, milza, pancreas, eccetera), della pelvi (vescica, utero, ovaie, prostata), delle vene e delle arterie (carotidi, aorta, eccetera), dell’apparato muscolare (muscoli, tendini, legamenti) e in ostetricia per osservare il feto durante la gravidanza.

In ecografia si usa il mezzo di contrasto?

Certamente, come avviene anche in altre tecniche come la risonanza magnetica. In ecografia può essere usato un mezzo di contrasto endovenoso costituito da microbolle di esafluoruro di zolfo, che aumentano l’ecogenicità del sangue: questa tecnica può essere utilizzata sia per studi di ecografia vascolare, sia per caratterizzare lesioni degli organi addominali (soprattutto del fegato e del rene, a volte anche della milza e del pancreas). Il mezzo di contrasto ecografico presenta poche controindicazioni rispetto a quelli utilizzati in TC e risonanza magnetica (allergia allo zolfo, cardiopatia ischemica): pertanto, può essere utilizzato come metodica meno invasiva, considerata anche l’assenza di radiazioni ionizzanti e di radiofrequenze o campi magnetici, che è tipica dell’ecografia.

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Come viene effettuata una ecografia articolare (muscolo tendinea) ed a cosa serve?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Nei Posturale Dietologo Roma ECOGRAFIA ARTICOLARE COSA SERVE Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologiaL’ecografia muscolo tendinea o articolare è una metodica diagnostica non invasiva che utilizza gli ultrasuoni, onde sonore ad alta frequenza, per “vedere” tutte le strutture di una articolazione, grazie a questa qualità l’ecografia articolare è in grado di indagare con buona precisione i tessuti molli e le strutture articolari (cartilagini, menischi e membrane sinoviali) e periarticolari (tendini e legamenti).

Quale medico effettua una ecografia muscolo tendinea?

Questo genere di ecografia è effettuata da varie figure mediche; solitamente la esegue il medico ortopedico, fisiatra, radiologo o comunque un qualsiasi medico ecografista esperto in ecografia muscolo tendinea.

Cosa si può indagare con l’ecografia muscolo tendinea?

Con l’ecografia muscolo-tendinea, come dice il termine, è possibile evidenziare tutte le patologie a carico dei muscoli o dei tendini, alcune patologie articolari, le borse, i tessuti sottocutanei. E’ l’esame di prima scelta in caso di contusioni, stiramenti e strappi muscolari (o sospetti tali), di tendiniti (al gomito, ginocchio, piede, mano, polso, caviglia, tendine di Achille), di tendinopatie della spalla, di cisti, borsiti, ematomi sottocutanei o intramuscolari.
All’esame ecografico si distinguono bene i fasci muscolari e la struttura fibrillare dei tendini, che appaiono come dei “nastri” biancastri e le eventuali lesioni di queste fibre, che appaiono più scure, le raccolte liquide, siano esse cisti o ematiche, che si presentano nere, i depositi di sali di calcio (calcificazioni)a livello dei tendini, delle borse e dei muscoli, che appaiono come delle formazioni irregolari più o meno estese bianche e non attraversabili dagli echi emessi dalla sonda.

Leggi anche: Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura

Quali sono le principali patologie studiate con l’ecografia muscolo-tendinea?

Patologie muscolari:

  • mioentesiti
  • lesioni muscolari

Patologie tendinee:

  • tendiniti
  • tendinosi
  • paratenoniti
  • entesiti (t.rotuleo, t.quadricipitale, ginocchio del saltatore, epicondiliti, epitrocleiti, pubalgie)
  • lesioni tendinee
  • tendinopatie della spalla

Inoltre vengono studiate: borsiti, artrosinoviti, cisti sottocutanee, tendinee e sinoviali

Quali muscoli ed articolazioni può indagare l’ecografia?

Praticamente quasi tutti muscoli del corpo (specie quelli degli arti superiori ed inferiori) e quasi tutte le articolazioni del corpo, tra cui l’articolazione gleno-omerale, acromioclavicolare, sternoclavicolare, gomito, polso, metacarpofalangea, interfalangea, di anca, ginocchio, caviglia, mesopiede, metatarsofalangea.

Cosa non può vedere l’ecografia?

L’ecografia muscolo-tendinea non è in grado di vedere le ossa e all’interno delle articolazioni, quindi, ad esempio, non è possibile studiare, a livello del ginocchio, i menischi o i legamenti crociati.

Come si esegue l’ecografia articolare?

Per eseguire l’ecografia articolare dispongo il paziente sul lettino in una posizione idonea ad indagare l’articolazione o il muscolo interessato (seduto, steso…). Successivamente applico un semplice gel ecografico sulla pelle del paziente in corrispondenza della zona da indagare, per poi iniziare l’esame vero e proprio: passerò delicatamente una piccola sonda sulla zona interessata. Durante l’esame a volte faccio eseguire dei piccoli e semplici movimenti (come ad esempio spostare un braccio in avanti) per poter visualizzare meglio alcune strutture difficili da vedere nella posizione iniziale.

Leggi anche: Gomito del tennista (epicondilite): cos’è, quanto dura e rimedi

A che serve il gel ecografico?

Il gel ha il compito di migliorare il contatto tra la pelle e la sonda che invia gli ultrasuoni all’apparecchio. E’ un gel incolore, denso, fresco, che non è fastidioso per il paziente. Al termine dell’esame, il gel può essere rimosso con un fazzoletto.

L’ecografia articolare è dolorosa?

L’esame è indolore ma se viene effettuato su una zona infiammata, il paziente può avvertire una leggera sensazione di fastidio o di dolore alla pressione della sonda.

Quanto dura una ecografia articolare?

La durata dell’ecografia articolare è variabile in base alla zona da analizzare ed alla presenza di patologia, tuttavia si può affermare che ha una durata media di circa 20 minuti.

Infiltrazione e prelievo di liquidi biologici o tessuti ecoguidata

Una applicazione importante dell’ecografia articolare è quella di arrivare con un ago (o altra strumentazione adatta) in molte strutture articolari: nel cavo articolare, nella guaina di un tendine, all’interno di una borsa sierosa o di una raccolta liquida. Il medico in pratica inserisce l’ago nella cute e successivamente può seguirlo nel suo percorso fino al raggiungimento del punto prestabilito. Questo consente di poter prelevare materiale per poi esaminarlo, oppure di iniettare dei farmaci proprio dove servono o anche di dilavare raccolte ascessuali all’interno di una articolazione, di una borsa, di un ventre muscolare o altro, rimuovere calcificazioni presenti in prossimità dell’inserzione di alcuni tendini.

Quali sono i vantaggi dell’ecografia rispetto ad altre metodiche?

L’ecografia è un’indagine diagnostica non dannosa per la salute, non c’è emissione di raggi X, non è invasiva ed è ripetibile nel tempo, consentendo di valutare l’evoluzione di una patologia. Offre la possibilità di ottenere immagini dinamiche, cioè in movimento, ad esempio, permette di verificare lo scivolamento dei fasci muscolari o dei tendini durante la contrazione.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Ecografia della tiroide: a cosa serve, come si svolge e come ci si prepara all’esame

MEDICINA ONLINE TIROIDE NODULO IPOTIROIDISMO IBSA EUTIROX ORMONI TIROIDEI METABOLISMO BASALE COLLO GOZZO SINTOMI PARATIROIDI TIROIDECTOMIA TOTALE PARZIALE CHIRURGIA OBESITA INGRASSARE PESO PONDERALE CHIRURGIA ECOGRAFIAL’ecografia della tiroide è senza alcun dubbio l’esame diagnostico più importante per lo studio della morfologia della ghiandola tiroidea. Come tutte le tecniche ecografiche, si basa sulla differente capacità dei tessuti di riflettere gli ultrasuoni emessi da una sonda. L’apparecchio è in grado di registrare l’intensità delle onde riflesse, convertendole sullo schermo in segnali luminosi che ricostruiscono in tempo reale l’aspetto anatomico della tiroide.

L’ecografia tiroidea è dolorosa? Esistono effetti collaterali, rischi o controindicazioni?
L’ecografia tiroidea è un esame del tutto  indolore, inoltre tale indagine è assolutamente priva di rischi, effetti collaterali o controindicazioni. Può essere effettuato anche nelle donne in gravidanza.

L’ecografia tiroidea è dannosa per la salute?
No, è un esame sicuro e del tutto indipendente da radiazioni ionizzanti (quelle impiegate nelle radiografie) o sostanze radioattive. Gli ultrasuoni, dotati di un’altissima frequenza e non udibili all’orecchio umano, non determinano alcun danno ai tessuti umani.

Come si svolge e quanto dura una ecografia tiroidea?
L’ecografia tiroidea è un esame nella maggioranza dei casi molto rapido (dura mediamente dai 10 ai 15 minuti). Il medico vi inviterà a sdraiarvi sul lettino, a pancia in su e con lo sguardo rivolto all’indietro. Una volta in posizione sul lettino, una speciale sonda viene fatta scorrere lungo la regione anteriore del vostro collo (posizionato in iperestensione) preventivamente cosparso di una piccola quantità di gel.

Come ci si prepara all’ecografia della tiroide?
Prima dell’esame non è richiesta alcuna preparazione particolare; sarà semplicemente necessario rimuovere oggetti metallici come ad esempio gioielli portati al collo.

A che serve l’ecografia della tiroide ed a che serve il doppler?
L’ecografia tiroidea tiroide si rivela particolarmente utile nel definire il volume della ghiandola (gozzo), la presenza di processi infiammatori (tiroiditi), l’eventuale presenza di noduli e le loro particolari caratteristiche. In assenza di un nodulo rilevabile alla palpazione, l’ecografia tiroidea va eseguita nei soggetti in cui vi sia un sospetto di tireopatia, cioè di una patologia legata alla tiroide, o se esistano fattori di rischio genetico o ambientale per lo sviluppo di una patologia di tale natura. Associando la tecnica doppler all’ecografia è anche possibile studiare la vascolarizzazione della tiroide o di un singolo nodulo, traendone importanti informazioni circa la funzionalità e l’attività metabolica.

Quali sono i limiti dell’ecografia tiroidea?
L’ecografia della tiroide fornisce informazioni sulla morfologia e sulla struttura della tiroide, ma non sulla sua funzione. In parole povere l’ecografia ci può dire se una tiroide è piccola o grande, se contiene noduli o meno, se è infiammata od omogenea ma non può dire se la tiroide ha un deficit/eccesso funzionale (ipotirodismo o ipertiroidismo) o se ha una normale funzionalità (eutiroidismo). Pertanto la decisione se intraprendere o modificare una terapia tiroidea in atto NON può esser presa solo dopo una valutazione ecografica.

Quali altre tecniche diagnostiche della tiroide sono disponibili?
L’ecografia della tiroide è un indagine importantissima per quel che riguarda le patologie della tiroide, ma non è l’unica dal momento che – come abbiamo visto nel capitolo precedente – è una indagine che ha dei limiti. Gli aspetti funzionali della ghiandola, ad esempio, possono essere indagati attraverso un ulteriore esame diagnostico, chiamato scintigrafia tiroidea, mentre per cercare conferme al sospetto di malignità è necessario valutare il campione cellulare aspirato sotto guida ecografica (biopsia). Per approfondire:

L’ecografia della tiroide è una tecnica accurata?
L’accuratezza diagnostica dell’ecografia tiroidea è estremamente variabile, dipende essenzialmente dall’apparecchio utilizzato e da limiti tecnici paziente-correlati. La variabile più importante, essendo una tecnica diagnostica operatore-dipendente, è rappresentata dall’abilità e dall’esperienza del medico che la esegue.

Cosa succede alla fine dell’ecografia?
Terminata l’ecografia della tiroide, il gel viene rimosso ed il paziente può riprendere tranquillamente le proprie attività.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Differenze tra risonanza magnetica, TAC, PET, MOC, radiografia, ecografia ed endoscopia

MEDICINA ONLINE MORTE CLINICA BIOLOGICA MORTE CEREBRALE END LIFE OSPEDALE LETTO VENTILATORE MECCANICO STACCARE LA SPINA BRAIN DEATH ELETTROENCEFALOGRAMMA PIATTO FLAT EEG SNC CERVELLO TERMINALE MALATO COMA STATO VEGETATIVOTutte le tecniche menzionate nel titolo appartengono al campo della diagnostica per immagini; sono tecniche attraverso il quale è possibile osservare un’area di un organismo non visibile dall’esterno e vengono utilizzate per lo studio di varie patologie. La radiologia è la branca della medicina che principalmente si occupa di tutto ciò. Cominciamo con un lungo elenco di tecniche di diagnostica per immagini.

MEDICINA ONLINE TAC TC TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI RADIAZIONI IONIZZANTI MDC MEZZO DI CONTRASTO.jpg

TC

TC (Tomografia computerizzata)

La TC o Tomografia computerizzata (chiamata anche “TAC” da “tomografia assiale computerizzata”) si serve di un fascio di elettroni, per produrre delle radiazioni (fotoni X) che originano esternamente al corpo del paziente per vedere visualizzare una mappa di densità di tessuti ed organi. Quindi a differenza della PET, nella quale è il paziente ad essere radioattivo, nella TC la radiazione proviene da fuori. Quando le radiazioni attraversano il distretto del corpo umano in esame (mettiamo il torace, in caso di TC torace), esse vengono fissate su una virtuale “lastra” che si trova dalla parte opposta del corpo e ne creano una immagini fotografica. Il principio è lo stesso di una radiografia, solo che con la TC le immagini vengono acquisite a 360° intorno al corpo (da cui il termine “tomografia”). Ogni tessuto presenta un diverso indice di attenuazione delle radiazioni trasmesse da fuori, e così la “foto” ottenuta mostra una sostanziale ricostruzione della morfologia dei tessuti ed organi in esame. In complesso la TC è una metodica morfologica. La possibilità di iniettare endovena oppure per via orale delle sostanze (mezzi di contrasto), che cambiano l’attenuazione dei distretti dove di vanno a collocare, permette di aumentare l’accuratezza della TC nel differenziare i tessuti anche in parte dalla loro vascolarizzazione. Poiché la tomografia computerizzata, in tutte le sue varianti, impiega raggi X, l’esame è controindicato in gravidanza, specie se l’area da indagare è l’addome. In questi e in altri casi (per esempio in soggetti giovani), in cui è importante evitare l’esposizione a radiazioni ionizzanti, si preferisce ricorrere alla risonanza magnetica (o RM) che non comporta questo rischio oppure se possibile l’ecografia.
Molti pazienti infine temono di sottoporsi all’indagine per paura di soffrire di claustrofobia, come poteva accadere quando per l’esecuzione dell’esame il lettino su cui è adagiato il paziente entrava in una sorta di tunnel. Oggi il problema è superato perché le apparecchiature moderne sono aperte e il lettino, muovendosi, passa attraverso un cerchio di una profondità non superiore ai 50 cm. In caso di necessità è comunque possibile chiedere agli operatori un sedativo che aiuti a restare fermi per tutto il tempo necessario all’esecuzione dell’esame.

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Radiografia del torace

Radiografia

Per radiografia (RX) si può intendere l’immagine radiografica, o radiogramma, oppure la tecnica radiografica utilizzata per ottenere il radiogramma stesso. Tale tecnica si basa sull’interazione tra un fascio di fotoni (raggi X) diretti da una sorgente a un recettore, e la materia interposta, solitamente un corpo biologico. Gli atomi di tale corpo interferente impediscono al fotone di raggiungere il detettore, che quindi riprodurrà un’immagine fedele del corpo “in negativo”, essendo impressi sulla pellicola i fotoni che invece non vengono assorbiti. Poiché la radiografia usa radiazioni ionizzanti, deve essere sostituita – se possibile – dall’ecografia in donne incinte.

SENOLOGIA MAMMOGRAFIA SENO MAMMELLA

Mammografia

Mammografia

La mammografia è un tipo di radiografia in cui si comprime il seno tra due lastre per individuare la presenza di formazioni potenzialmente tumorali. Per approfondire: La mammografia: un esame rapido che può salvarti la vita

MEDICINA ONLINE SCINTIGRAFIA TIROIDEA COSTO RISULTATI NODULI CALDI FREDDI DIFFERENZA Thyroid scintigraphy

Scintigrafia tiroidea

Scintigrafia

La scintigrafia è un esame di medicina nucleare ottenuto mediante la somministrazione di un tracciante radioattivo che consente di evidenziare, a mezzo di particolari strumenti (gamma camera), l’accumulo preferenziale del tracciante nel tessuto che si intende studiare. I traccianti utilizzati possono essere costituiti da soluzioni saline di radioisotopi o da specifici radiofarmaci costituiti da molecole farmacologicamente attive alle quali viene legato il radioisotopo. La scintigrafia è utile per ottenere informazioni sulla fisiologia di alcuni organi, per esempio cuore, polmone, tiroide, circolazione sanguigna, oppure per individuare tessuti anomali come le metastasi. La generazione delle immagini sulle quali è basata la diagnosi, avviene in tempo reale sul monitor della consolle di acquisizione, ma le immagini spesso necessitano una successiva elaborazione e miglioramento che non ne permette l’esame immediato.
Nel caso della scintigrafia ossea, il radiofarmaco (metilendifosfonato, MDP, marcato con 99mTc) si concentra a livello del tessuto osseo in modo proporzionale all’attività osteoblastica locale, quindi è più concentrato nelle parti dove questa è più elevata, per es. fratture, traumi, metastasi osteoblastiche. Gli altri radiofarmaci principalmente usati sono il (Tallio 201), nella scintigrafia miocardica, il (Tc-99m pertecnetato), nella scintigrafia tiroidea ed il (99mTc-DMSA acido dimercaptosuccinico) nella scintigrafia renale.

Leggi anche: Scintigrafia tiroidea: risultati, captazione, noduli, costo

MOC (Mineralometria ossea computerizzata)

La Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) è una tecnica diagnostica utilizzata per valutare la mineralizzazione delle ossa. Misurando la densità della massa ossea può rilevare un’eventuale degenerazione dell’osso. La MOC è la tecnica di riferimento per prevenire, diagnosticare e controllare l’evoluzione dell’osteoporosi. Per approfondire: Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC), a cosa serve, come si interpretano i risultati?

MEDICINA ONLINE Tomografia ad emissione di positroni PET Positron Emission Tomography tumori TAC TC CANCRO TUMORE DIAGNOSTICA PER IMMAGINI RISONANZA MAGNETICA

PET

PET (Tomografia ad emissione di positroni)

La PET (Tomografia ad emissione di positroni) è una metodica medico-nucleare, che adopera la radioattività di alcune sostanze per vedere la distribuzione della stessa nell’organismo del paziente al quale viene iniettata la sostanza. I traccianti utilizzati per la PET sono di diverso tipo, ma ognuno presenta delle caratteristiche tali che li permettono di vedere alcune funzioni particolari del corpo umano oppure dei vari tessuti. Esempio, il FDG (fluorodesossiglucosio) marcato con il fluoro 18 (radioattivo) serve per vedere il metabolismo dei glucidico, quindi le immagini PET con FDG ci daranno una mappa di distribuzione del tracciante e conseguentemente la mappa dell’attività metabolica dei vari tessuti. La PET è una metodica funzionale, cioè che “vede” la funzione dei tessuti ed organi e non solo la loro anatomia. Per approfondire:

MEDICINA ONLINE RISONANZA MAGNETICA

Risonanza magnetica

Risonanza magnetica

La RM o Risonanza Magnetica, dal termine stesso utilizza la risposta tissutale a vari stimoli elettromagnetici prodotti da un magnete esterno. La risposta ai vari stimoli è diversa per ogni tipo di composizione tissutale e permette quindi di fare una ricostruzione anche in questo caso delle morfologia ed in parte della funzione degli organi e tessuto corporei. Anche in tale caso è possibile utilizzare dei mezzi di contrasto, che presenteranno conseguentemente caratteristiche “magnetiche” diverse, e che permetteranno di vedere aumentare l’accuratezza della RM nel differenziare i tessuti anche in parte dalla loro vascolarizzazione. L’esecuzione di una risonanza magnetica non è mai dolorosa, se si esclude la piccola puntura richiesta dall’eventuale iniezione di mezzo di contrasto nella vena del braccio.
Gli unici fastidi che si possono avvertire durante l’esecuzione dell’esame derivano dal forte rumore provocato dalla macchina e dal senso di claustrofobia provocato dal fatto di rimanere chiusi in un grande cilindro per una certa quantità di tempo.

Per approfondire: Risonanza magnetica con e senza contrasto: come funziona ed effetti collaterali

Ultimamente si stanno diffondendo dei macchinari aperti di risonanza magnetica:

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Risonanza magnetica aperta

L’unico possibile rischio nel corso della risonanza magnetica è una reazione allergica alla sostanza usata come mezzo di contrasto, il gadolinio. Controindicata ai portatori di pacemaker. Leggi anche: Qual è la differenza tra risonanza magnetica aperta e chiusa?

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Ecografia del feto su donna incinta

Ecografia

L’ecografia o ultrasonografia è una metodica che permette di ottenere immagini degli organi interni del corpo umano utilizzando delle onde sonore che, però, non sono udite dall’orecchio umano e perciò sono chiamate ultrasuoni. Gli ultrasuoni partono dalla sonda situata all’esterno del corpo (o all’interno usando particolari sonde), si spostano come onde d’acqua prodotte da un sasso gettato in uno stagno e, come queste, se trovano un ostacolo, tornano indietro. Questi echi sono diversi in base al tessuto incontrato e sono interpretati dal computer che, in base ad essi, restituisce una immagine. Le ossa riflettono completamente gli ultrasuoni che tornano indietro tutti appena ne incontrano la superficie. Una cisti ripiena di liquido, invece, non fa resistenza alcuna ed è attraversata facilmente dalla onde ultrasonore. Tra questi due estremi c’è un’ampia varietà: ci sono strutture del corpo umano che lasciano passare una certa quota di ultrasuoni e ne rimandano indietro altri, come avviene, per esempio per il fegato, muscoli, tiroide e altri. La sonda, come prima accennato, udirà echi di ritorno più o meno forti. Il software interno della macchina trasforma gli echi in puntini più o meno scuri, in base alla intensità dell’eco, che formeranno le immagini che visibili sullo schermo.

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Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Senologia Mammografia Tumore Cancro Seno Mammella Diagnosi Mastectomia Medicina Chirurgia Estetica  Cavitazione  Dietologo Roma Cellulite Sessuologia Ecografia Mammella Seno

Ecografia mammaria

Le immagini ecografiche mostrano molti tipi di tessuti. Un grande pregio della ecografia rispetto ad altre metodiche è che permette di visualizzare una struttura in tempo reale con molti vantaggi (si pensi ad esempio alla visualizzazione di una articolazione in movimento). Inoltre l’ecografia non utilizza radiazioni ionizzanti come invece avviene con la TC e con la radiografia, ciò la rende utile nello studio di tessuti in una donna incinta. 

Leggi anche: Cos’è una ecografia, a che serve e quali organi può indagare?

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Ecografia transvaginale

L’ecografia transvaginale è un tipo di ecografia (spesso eseguita in associazione all’ecografia pelvica) necessaria per studiare il collo dell’utero, l’utero stesso o le ovaie. La sonda, anziché essere “esterna” al corpo, viene rivestita di una sorta di profilattico ricoperto di gel e viene introdotta nella vagina. L’esame serve a trovare le possibili cause di infertilità , di sanguinamenti o di dolori pelvici. Inoltre è utile per studiare la natura delle cisti ovariche o delle formazioni uterine, e anche per individuare l’eventuale presenza di tumori. Per approfondire: L’ecografia transvaginale esplora gli organi genitali interni femminili

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Ecografia transrettale della prostata 

L’ecografia prostatica transrettale è una ecografia della prostata che, anziché essere effettuata con una sonda esterna – come avviene per la maggior parte delle ecografie – viene effettuata con una sonda interna che viene inserita nel retto tramite l’ano. In pratica la prostata è osservata dall’interno e non dall’esterno e ciò permette di analizzare le dimensioni e la morfologia della prostata in modo più accurato rispetto ad una ecografia “esterna”. Il “prezzo” di questa maggiore qualità diagnostica è però una procedura senza dubbio più fastidiosa e rischiosa per il paziente, rispetto alla classica ecografia, meno invasiva e rischiosa, per cui l’ecografia prostatica transrettale dovrebbe essere eseguita solo qualora l’ecografia standard abbia restituito una diagnosi dubbia. Per approfondire: Ecografia prostatica transrettale: come si svolge, è dolorosa, a che serve?

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Ecocolordoppler

Ecocolordoppler

L’ecocolordoppler è un tipo di ecografia è indicato per lo studio delle strutture vascolari e del loro flusso. Infatti, grazie alla colorazione effettuata mediante calcolatore, si può studiare il movimento e la direzione del flusso sanguigno. Il principio si fonda sulla associazione in tempo reale di una immagine ecografica bidimensionale con un segnale Doppler pulsato. Convenzionalmente, il colore rosso è attribuito alle strutture in avvicinamento alla sonda, mentre il blu per quelle in allontanamento.

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Endoscopia

Infine quando si parla di gastroscopia, colonscopia, cistoscopia o broncoscopia si intende una tecnica diagnostica endoscopica, cioè che prevede l’uso di un un endoscopio. Quest’ultimo è un tubo ottico munito di microcamere che trasmettono le immagini in uno schermo. Parlando di colonscopia (una delle tecniche endoscopiche più diffuse) occorre innanzi tutto distinguere tra la rettosigmoidoscopia, che esamina solo gli ultimi 50-60 cm circa del tratto digestivo, costituiti dal retto e dalla parte finale del colon chiamata “sigma”, e la pancolonscopia, con cui invece si risale con uno strumento più lungo e flessibile lungo tutto l’intestino crasso fino a raggiungere, quando possibile, l’ultimo tratto dell’intestino tenue.
In entrambi i casi il paziente viene fatto sdraiare sul fianco sinistro, con le cosce flesse sul bacino e le ginocchia piegate. L’esame si esegue introducendo nel canale anale un tubo flessibile (sonda), collegato a una fonte di luce che consente di esaminare le alterazioni della superficie intestinale. Per approfondire: La colonscopia: cos’è, quando si fa, che rischi comporta, come ci si prepara ad affrontarla

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma BRONCOSCOPIA POLMONARE BIOPSIA FA MALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

Broncoscopia

Quando l’endoscopio è usato per indagare le vie aeree più profondi, si parla di “broncoscopia”: in questo caso il broncoscopio è introdotto attraverso la bocca o il naso e può essere usato anche per prelevare un campione di tessuto. Per approfondire, leggi: Broncoscopia polmonare con biopsia: a cosa serve, fa male, è pericolosa?

Colonscopia virtuale

Negli ultimi anni sta prendendo piede una tecnica relativamente nuova chiamata colonscopia virtuale. La colonscopia virtuale sfrutta una tecnica chiamata TC spirale multistrato ed un software, in costante aggiornamento, capace di ricostruire sullo schermo le pareti coliche. La colonscopia virtuale usa radiazioni ionizzanti (non usate nella colonscopia tradizionale), in compenso però non è invasiva come la tradizionale. Per approfondire: Colonscopia tradizionale o colonscopia virtuale?

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