Segno di Babinski bilaterale: cos’è e che patologia indica?

MEDICINA ONLINE RIFLESSO SEGNO BABINSKI POSITIVO CORTICOSPINALE PIRAMIDALE SINTOMI CERVELLO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVOA PARALISICon “segno di Babinski” o “riflesso di Babinski” in semeiotica neurologica si intende una risposta anomala al riflesso cutaneo plantare, la quale indica la presenza di una lesione a carico del tratto corticospinale del sistema nervoso (che provvede ai movimenti volontari fini dei muscoli e che, in condizioni fisiologiche, esercita un’inibizione tonica del riflesso). Il riflesso cutaneo plantare si evoca strisciando una punta smussata lungo il margine laterale della pianta del piede, partendo da sopra il tallone, e portandola verso la parte supero-interna fino al primo metatarso. Nell’adulto, in condizioni di normalità, col riflesso plantare si induce la flessione plantare (o estensione dorsale) delle dita del piede, mentre in presenza di lesioni a carico del sistema corticospinale, lo stesso stimolo evoca la flessione dorsale (o estensione plantare) dell’alluce e l’apertura “a ventaglio” delle altre dita (fenomeno di Duprè), determinando quindi l’inversione del riflesso cutaneo plantare, vedi immagine in alto.

Riflesso di Babinski nei bambini

Il riflesso si verifica in bimbi al di sotto di un anno ed in questo caso NON è indice di patologia. Quando si verifica nei bambini tra 1 e 3 anni il segno positivo non è generalmente indice di patologia, ma potebbero essere necessari ulteriori accertamenti.

Patologie correlate

Il riflesso è bilaterale, quando si verifica sia nel piede destro che nel piede sinistro. Il segno di Babinski bilaterale positivo, al di sopra dei 3 anni di età, può indicare svariate patologie, tra le quali le più frequenti sono:

Paraparesi spastica familiare

Questa patologia può causare positività bilaterale del riflesso di Babinski, associata a iperreflessia e a spasticità progressiva con atassia e debolezza.

Trauma cranico

Si può avere positività unilaterale o bilaterale del riflesso di Babinski, come esito della lesione corticospinale primaria o secondaria all’aumento della pressione intracranica. Iperreflessia e spasticità si verificano frequentemente con la positività del riflesso di Babinski. Il paziente può an­che lamentare debolezza e incoordinazione. Altri segni e sintomi variano con il tipo di trauma cranico e includono cefalea, vomito, mutamenti di comportamento, alterazioni dei parametri vitali, riduzione del livello di coscienza con anomala dimensione pupillare e risposta alla luce.

Meningite

In quest’infezione, la positività bilaterale del riflesso di Babinski segue in genere febbre, brividi e malessere ed è asso­ciata a nausea e vomito. Quando la meningite progredisce, si manifestano anche riduzione del livello di coscienza, rigidità nucale, positività dei segni di Brudzinski e di Kernig, iperreflessia, spasticità e opistotono. Segni e sintomi associati includono irritabilità, fotofobia, diplopia, delirio e stupor che può progredire fino al coma.

Sclerosi laterale amiotrofica (SLA)

In questa patologia progressiva del motoneurone, si può riportare positività bilaterale del riflesso di Babinski con RTP iperattivi e spasticità. Solitamente la SLA si manifesta con fascicolazioni, associate ad atrofia e debolezza muscolare. La mancanza di coordinazione rende le attività della vita quotidiana difficili per il paziente. Segni e sintomi associati comprendono alterazioni del linguaggio, difficoltà di masticazione, deglutizione e respirazione, pollachiuria e minzione imperiosa, nonché, a volte, soffocamento ed eccessiva scialorrea. Anche se lo stato mentale rimane intatto, la prognosi sfavorevole del paziente può portare a periodi di depressione. La paralisi bulbare progressiva interessa il tronco encefalico e può causare episodi di pianto o di riso inappropriato. Per approfondire leggi: Sclerosi laterale amiotrofica (SLA): cause, sintomi, diagnosi e prognosi

Anemia perniciosa

La positività bilaterale del riflesso di Babinski si manifesta tardiva­mente in questa patologia, quando il deficit di vitamina Bpinteressa il sistema nervoso centrale. L’anemia può essere successiva al danno neurologico ed essa causa alla fine effetti gastrointestinali neurologici e cardiovascolari diffusi. Segni e sintomi gastrointestinali caratteristici includono nausea, vomito, anoressia, calo ponderale, flatulenza, diarrea e stipsi. L’emorragia gengivale e la lingua ulcerata e infiammata, possono rendere dolorosa l’assunzione di cibo, aggravando l’anoressia. Anche le labbra, le gengive e la lingua, appaiono notevolmente pallide. L’ittero può causare un colorito giallo più o meno intenso della cute. Segni e sintomi neurologici caratteristici includono neurite, debolezza, parestesia periferica, disturbi della propriocezione, in­coordinazione, atassia, positività del segno di Romberg, senso di leggerezza, incontinenza fecale e vescicale e alterazione di vista (diplopia, annebbiamento della vista), gusto e udito (tinnito). Questa patologia può anche causare irritabilità, scarsa memoria, cefalea, depressione, impotenza e demenza. Segni cardiovascolari caratteristici comprendono palpitazioni, aumento della pressione diffe­renziale, dispnea, ortopnea e tachicardia.

Atassia di Friedreich

Questa patologia familiare può causare positività bilaterale del riflesso di Babinski. Segni associati sono archi plantari ampi, iporeflessia, ipotonia, atassia, tremori al capo, debolezza e pareste­sia.

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Sclerosi multipla (SM)

Nella maggior parte dei pazienti affetti da questa malattia demielinizzante, la positività del riflesso di Babinski si manifesta alla fine bilateralmen­te. Questa è di solito successiva a segni e sintomi di SM, quali parestesie, nistagmo e offuscamento della vista o vista doppia. Segni e sintomi associati comprendono parola scan­dita (parole tagliate con pause tra le sillabe), disfagia, tremore, debolezza, incoordinazio­ne, spasticità, atassia della marcia, convul­sioni, paraparesi o paraplegia, incontinenza vescicale e, talvolta, perdita della sensibilità dolorifica, termica e propriocettiva. Anche la labilità emotiva è frequente. Per approfondire leggi: Sclerosi multipla: cause, sintomi, diagnosi e prognosi

Rabbia

La positività bilaterale del riflesso di Babinski, probabilmente provocata soltanto da stimoli non specifici, compare nella fase di eccitazione della rabbia. Questa fase si ve­rifica da 2 a 10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi prodromici, quali febbre, malessere irritabilità (che si verifica 30-40 giorni dopo il morso di un animale infetto). La rabbia è caratterizzata da una marcata agitazione e da spasmi muscolari faringei estremamente dolorosi. La difficoltà nella deglutizione cau­sa eccessiva scialorrea e idrofobia, in circa il 50% dei pazienti affetti. Possono anche comparire convulsioni e iperreflessia.

Lesione del midollo spinale

Nella lesione acuta, lo shock spinale blocca temporanea­mente tutti i riflessi. Alla fine dello shock, compare la positività del riflesso di Babinski, che è unilaterale, se la lesione colpisce solo un lato del midollo spinale (Sindrome di Brown-Séquard) e bilaterale se il danno colpisce i due lati. Piuttosto che segnalare il ritorno delle funzioni neurologiche, la comparsa di questo riflesso conferma la lesione corticospinale. È associato a iperreflessia, spasticità e perdita variabile o totale della sensibilità tattile e do­lorifica, della propriocezione e del la funzione motoria. Nelle lesioni midollari cervicali più basse, si può verificare la sindrome di Hor-ner, caratterizzata da ptosi unilaterale, miosi pupillare e anidrosi facciale.

Tumori del midollo spinale

In questa patologia, la positività bilaterale del riflesso di Babinski si verifica insieme alla perdita della sensazione dolorifica e termica della propriocezione e della funzione motoria. Sono inoltre presenti spasticità, iperreflessia, assenza di riflessi addominali e incontinenza. Può essere presente dolore diffuso al livello del tumore.

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Nervo sciatico (ischiatico): anatomia, funzioni e patologie

MEDICINA ONLINE MUSCOLO PIRIFORME SINDROME SCIATICA NERVO SCIATICO DIFFERENZE ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE INFIAMMAZIONEIl nervo sciatico (o ischiatico, in inglese “sciatic nerve“) è un nervo misto che origina dal plesso sacrale. Appartenente alla categoria dei nervi misti, è una derivazione degli ultimi due nervi spinali lombari (L4 ed L5) e dei primi tre nervi spinali sacrali (S1, S2 e S3). Queste strutture nervose si uniscono, a formare il nervo sciatico, circa a livello del muscolo piriforme del gluteo. È il nervo più voluminoso del plesso ed è considerato il suo ramo terminale, nonché è il più lungo di tutti i nervi umani. È formato da due contingenti di fibre che decorrono separate all’interno di esso e alla fine si dividono nei due rami terminali.

Territorio di innervazione
La componente motoria innerva i muscoli della loggia posteriore della coscia, parte del grande adduttore e tutti i muscoli della gamba e del piede. La componente sensitiva innerva la cute posteriore e anterolaterale della gamba e quasi tutta la cute del piede (ad eccezione della parte dorsomediale).

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Decorso
Le radici del nervo si uniscono in un tronco a ridosso del sacro; il nervo esce quindi dalla cavità pelvica passando dietro l’osso ischiatico , al di sotto del muscolo piriforme e lateralmente rispetto al nervo cutaneo posteriore del femore. Si viene così a trovare in posizione intermedia fra il grande trocantere del femore e la tuberosità ischiatica e decorre verso il basso profondamente, in rapporto successivamente con i muscoli gemello superiore, otturatore interno, gemello inferiore e quadrato del femore. Superata la natica, il nervo raggiunge la coscia, dove decorre in prossimità della linea aspra del femore. A questo livello emette rami per i muscoli posteriori della coscia e per parte del grande adduttore. In prossimità dell’angolo superiore della cavità poplitea si divide nei suoi rami terminali: il nervo tibiale e il nervo peroniero comune. Spesso la divisione in questi due rami avviene più in alto, lungo il suo decorso nella coscia.

  • Il nervo tibiale (anche chiamato sciatico popliteo interno SPI) innerva il gruppo posteriore della gamba, i muscoli plantari del piede, parte della cute posteriore della gamba, la cute plantare del piede e la cute dorsale delle falangi distali. Il nervo rappresenta la diretta continuazione del nervo ischiatico. Dopo la sua origine, scende in cavità poplitea, dove decorre lateralmente rispetto ai vasi poplitei. Qui emette il nervo cutaneo mediale del polpaccio (o della sura), che si fa superficiale, decorre satellite della vena safena piccola e si unisce a un ramo proveniente dal nervo peroniero comune per formare il nervo surale. Il nervo tibiale si porta quindi nella gamba, dove passa al di sotto dell’arcata del soleo per poi decorrere fra il tricipite e i muscoli profondi. A questo livello emette rami motori per tutta la loggia posteriore della gamba. Portandosi verso il basso, il nervo tende a spostarsi medialmente, fino a raggiungere il malleolo mediale e passarvi posteriormente. Qui emette rami sensitivi per la cute mediale del calcagno. Raggiunge la pianta del piede e si divide nei nervi plantare mediale e plantare laterale, che innervano la cute e i muscoli plantari.
  • Il nervo peroniero comune (chiamato anche sciatico popliteo esterno SPE) innerva i muscoli laterali e anteriori della gamba, i muscoli dorsali del piede, la cute anterolaterale della gamba e la cute dorsale del piede (con l’eccezione delle falangi distali). Dopo la sua origine in cavità poplitea, il nervo decorre verso il basso e lateralmente lungo il margine mediale del bicipite femorale, per poi raggiungere il perone. Durante il suo decorso emette alcuni rami motori per il tibiale anteriore e il nervo cutaneo laterale del polpaccio (o della sura), che si fa superficiale e si unisce all’omologo mediale proveniente dal nervo tibiale per formare il nervo surale. Il nervo peroniero comune circonda il collo chirurgico del perone e si divide nei suoi rami terminali: il nervo peroniero superficiale e il nervo peroniero profondo.

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Funzioni
Derivando da alcuni nervi spinali (che sono nervi misti), il nervo sciatico possiede una funzione sensitiva e una funzione motoria. Infatti, è deputato al controllo di alcune precise regioni cutanee e di alcuni determinati muscoli dell’arto inferiore.

  • FUNZIONE MOTORIA A livello del gluteo, il nervo sciatico non innerva alcun muscolo. Infatti, le sue innervazioni muscolari cominciano a partire dalla coscia. In questa sede, innerva i muscoli posteriori (muscoli ischiocrurali) e il muscolo grande adduttore.
    Più in basso, nel punto in cui si divide in due, prende contatto con tutti gli elementi muscolari della gamba e gli elementi muscolari intrinseci del piede.
  • FUNZIONE SENSITIVA La raccolta delle informazioni avviene per mezzo dei dermatomeri; i dermatomeri sono aree altamente specializzate, con proprietà tattili, propriocettive, termosensibili e nocicettive.  I termini “termosensibile” e “nocicettivo” significano, rispettivamente: “che riescono a captare le variazioni di temperatura” e “che sono capaci di captare gli stimoli dolorosi”. A livello cutaneo, il nervo sciatico presenta soltanto innervazioni sensitive di tipo indiretto, che stabilisce attraverso le sue due branche principali e le diramazioni di queste.

Principali malattie del nervo sciatico
La principale patologia correlata al nervo sciatico è – come molti lettori già sapranno – la sciatica, nota anche come sciatalgia.
Sciatica è il nome che i medici utilizzano per qualsiasi condizione dolorosa, successiva a un processo di compressione o irritazione del nervo sciatico.
In genere, un individuo affetto da sciatica percepisce dolore nella parte bassa della schiena, sul gluteo e sulla gamba (che sono le regioni percorse dal nervo sciatico).
Inoltre, spesso lamenta anche una serie di sintomi secondari, quali: debolezza muscolare, formicolio alla gamba e difficoltà, più o meno marcata, nel controllare i movimenti dell’arto inferiore interessato.
Di solito, la compressione/irritazione che produce i sintomi della sciatica interessa i nervi spinali costituenti il nervo sciatico, cioè i lombari L4 e L5 e i sacrali S1, S2 e S3. Le tipiche cause di compressione/irritazione sono:

  • L’ernia del disco spinale. Secondo alcune statistiche, sarebbe responsabile del 15% dei casi di sciatica,
  • La discopatia degenerativa della zona lombo-sacrale.
  • La stenosi spinale del tratto lombo-sacrale.
  • La spondilolistesi
  • La sindrome del piriforme. A decretare il processo di compressione/irritazione è il muscolo piriforme (ecco spiegata l’origine del nome della suddetta circostanza), che è a stretto contatto con il nervo sciatico vicino al punto di emergenza di quest’ultimo.
    Spesso, il muscolo piriforme comprime o irrita il nervo sciatico dopo un aver subito un trauma o una contrattura.
  • I tumori spinali. È l’effetto massa, successivo alla crescita continua del tumore, che determina la sintomatologia. Infatti, ingrandendosi, le neoplasie spinali possono spingere sulle radici dei nervi spinali o sullo stesso midollo spinale.

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Patologie del sistema immunitario: immunodeficienze, autoimmunità ed ipersensibilità

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA  DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELPER KILLER MACROFAGI MEMORIAIl sistema immunitario è un insieme di processi notevolmente efficace che incorpora specificità, inducibilità e adattamento. Tuttavia possono verificarsi dei malfunzionamenti ed essi si possono dividere in tre grandi categorie: immunodeficienze, malattie autoimmuni e ipersensibilità.

Immunodeficienze

L’immunodeficienza si verifica quando uno o più componenti del sistema immunitario risultano inattivi. Sia nella popolazione pediatrica che in quella geriatrica, la capacità di rispondere agli agenti patogeni è minore rispetto al normale. Nei paesi sviluppati, l’obesità, l’alcolismo e l’uso di droga sono le cause più comuni di una scarsa funzione immunitaria, tuttavia, nei paesi in via di sviluppo la malnutrizione è la causa più comune di immunodeficienza. Le diete prive di un sufficiente apporto di proteine, sono correlate con un’alterata immunità cellulo-mediata, con una diminuzione dell’attività del complemento, della funzione dei fagociti, della concentrazioni di anticorpi IgA e della produzione di citochine. Inoltre, la perdita del timo, in giovane età, per via di mutazioni genetiche o come risultato di una resezione chirurgica, comporta una grave immunodeficienza e una elevata suscettibilità alle infezioni.

Le immunodeficienze possono essere ereditate o “acquisite”. La malattia granulomatosa cronica, dove i fagociti hanno una ridotta capacità di distruggere i patogeni, è un esempio di un malattia ereditaria o congenita. L’AIDS e alcuni tipi di tumore sono causa dell’immunodeficienza acquisita.

Autoimmunità

Nella risposta autoimmune, una cellula normale può presentare un complesso proteico, prodotto dai geni MHC, e contenere una piccola sequenza aminoacidica, (8-11 aminoacidi) di natura estranea al genoma originario ereditato dai propri genitori. La sequenza aminoacidica estranea può derivare dalla sintesi proteica trascritta da geni virali integrati nel genoma stesso, o da plasmidi o da oncogeni. Questa sequenza estranea, non self, viene rilevata e segnalata alle cellule Natural Killer. I linfociti NK si attivano per la distruzione dell’intera cellula che contenendo dei geni estranei è diventata essa stessa alterata e non più self. Le cellule normali del corpo sono riconosciute e non vengono mai attaccate da macrofagi o da cellule LNK, poiché esse esprimono frammenti proteici, col MHC, sani e intatti. Ossia esprimono solo frammenti di proteine “figlie” del DNA trasmesso dai genitori. Il sistema immunitario distingue correttamente tra self e non self. In caso di presenza di proteine anomale il sistema di difesa distrugge qualunque cellula “alterata”, in qualunque organo. Distrugge le cellule “infette” cercando di ottenere un così detto male minore per l’intero organismo.

Nessun anticorpo può penetrare all’interno di una cellula intatta. Solo dopo la rottura della membrana cellulare, operata dai LNK, gli anticorpi (autoanticorpi) legano ogni componente cellulare per una mera operazione di pulizia. Per esempio, il sistema immunitario può eliminare parzialmente o totalmente la tiroide dando luogo a noduli degenerativi solidi o colliquativi, può distruggere le articolazioni (artrite reumatoide), può distruggere la cute (psoriasi), può distruggere le pareti arteriosecon formazione di placche aterosclerotiche (che potranno evolvere in infarti cardiaci, ictus cerebrale…), può distruggere gli epiteli intestinali (come nella malattia di Crohn, la malattia celiaca, la colite ulcerosa)…

Sono note circa 70 malattie autoimmuni. Se l’organismo non riuscisse a distruggere le proprie cellule “non più self” potrebbe dover accettare un male maggiore: il rischio di sviluppare un cancro. Infatti i geni estranei, oltre alla capacità di trascrivere per sintetizzare proteine, hanno la possibilità di usare il loro macchinario replicativo attivando la topoisomerasi e a seguire l’elicasi e i propri primer per duplicare l’intero genoma cellulare e di conseguenza l’intera cellula, questo dopo aver paralizzato gli ‘oncosopressori’ interni, in primis i geni p53, BRCA1 e BRCA2, Rb,…

Un trattamento solo sintomatico nelle malattie autoimmuni si avvale di farmaci immunosoppressivi e cortisonici, mentre alcuni farmaci antivirali potrebbero costituire una terapia causale.

Ipersensibilità

Le reazioni di ipersensibilità sono una risposta immunitaria che danneggia i tessuti del corpo. Esse sono suddivise in quattro classi (dal tipo I al tipo IV) basate sui meccanismi coinvolti e dal loro decorso. L’ipersensibilità di tipo I è una reazione immediata o anafilattica, spesso associata con l’allergia. I sintomi possono variare da un leggero fastidio fino al decesso. L’ipersensibilità di tipo I è mediata dgli IgE, che innescano la degranulazione dei mastociti e dei basofili, quando sono legate ad un antigene. L’ipersensibilità di tipo II si verifica quando gli anticorpi si legano agli antigeni sulle cellule del paziente, contrassegnandoli per la distruzione. Questa viene chiamata anche ipersensibilità anticorpo-dipendente (o citotossica), ed è mediata dagli anticorpi IgG e IgM. I complessi immuni (aggregazioni di antigeni, proteine del complemento e anticorpi IgG e IgM) depositati nei vari tessuti innescano reazioni di ipersensibilità di tipo III. L’ipersensibilità di tipo IV (nota anche come cellulo-mediata o ipersensibilità di tipo ritardato) di solito impiega tra due e tre giorni di tempo per svilupparsi. Le reazioni di tipo IV sono coinvolte in molte malattie autoimmuni e infettive, ma può anche comportare una dermatite da contatto. Queste reazioni sono mediate dai linfociti T, dai monociti e dai macrofagi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Pelle arrossata ed irritata: cause patologiche e non patologiche

MEDICINA ONLINE PELLE ARROSSATA IRRITATA CAUSA SUDORE RIMEDI CURE CURARE IRRITAZIONE CUTANEA CUTE BRUCIORE FASTIDIO DANNO FARMACIL’irritazione della pelle può essere causata sia da fattori patologici che non patologici. Alcuni di questi determinano un’irritazione sistemica dell’epidermide, coinvolgono cioè tutta la pelle, mentre altre provocano un’irritazione localizzata in una ben determinata parte del corpo.

Cause patologiche della pelle irritata

L’irritazione della pelle per cause patologiche è dovuta nella maggior parte dei casi ad un’azione massiva del sistema immunitario che attacca la cute in risposta ad uno stimolo che può provenire dall’esterno ma talvolta, come nel caso di patologie autoimmuni, anche dall’interno. Tra le patologie che possono provocare irritazione della pelle abbiamo:

  • Psoriasi: è una patologia la cui origine non è ancora ben chiarita, sebbene si pensi che sia di origine autoimmune. Le cellule del sistema immunitario attaccano la cute causando desquamazione, irritazione, arrossamento, piccole lesioni e prurito. Solitamente le lesioni cutanee sono concentrate su gomiti, schiena e ginocchia.
  • Dermatite: il termine dermatite indica un insieme di patologie che causano irritazione della cute, arrossamento, comparsa di vescicole, di macchie e prurito. Ne esistono di diverse tipologie:

– dermatite da contatto, causata dal contatto della pelle con un agente irritante;

– dermatite seborroica, la maggiore causa di irritazione della pelle del cuoio capelluto dovuta ad un’eccessiva attività delle ghiandole sebacee;

– dermatite atopica, che colpisce solitamente i bambini e che si manifesta con arrossamento nella zona intorno alla bocca e tra le pieghe cutanee.

  • Malattie esantematiche: le patologie esantematiche, causate comunemente da virus come il morbillo o la varicella zoster, provocano un’eruzione cutanea che irrita la pelle che si manifesta arrossata, coperta di vescicole o di macchie e pruriginosa, tanto che non è raro che rimangano delle piccole cicatrici se il prurito non si gestisce opportunamente.
  • Malattie veneree: Le irritazioni provocate dalle malattie veneree sono in genere localizzate nelle parti intime come la vulva e il glande. La pelle può risultare molto arrossata, pruriginosa e talvolta sono presenti anche vescicole, desquamazione e perdite sierose.
  • Micosi: sono causate da funghi e provocano irritazione, desquamazione, arrossamento e talvolta prurito cutaneo. Sono frequenti in quei distretti dove vi è molta umidità come per esempio tra le dita dei piedi, ma vi sono micosi che colpiscono anche le parti intime, come la candidosi, che determina irritazione e prurito all’ano e ai genitali.
  • Allergie ed intolleranze: possono facilmente provocare reazioni cutanee, arrossamenti, piccole macchie e prurito a causa dell’aumento di istamina dovuto al contatto con l’allergene.
  • Acne: l’acne provoca la comparsa di brufoli sull’epidermide, principalmente sul viso, ma ci sono anche molti casi di acne anche a livello della schiena. L’irritazione della pelle e la comparsa del brufolo sono legate all’infiammazione di origine batterica a livello dei bulbi piliferi.
  • Tumore: alcuni tumori possono avere come sintomo l’irritazione della pelle. Per quanto riguarda il melanoma cutaneo il processo irritativo si manifesta comunemente intorno a un neo, il quale inizia a cambiare per forma e per colore, mentre nel caso di tumore del seno è possibile notare irritazione ed arrossamento della pelle nella zona intorno al capezzolo.

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Cause non patologiche della pelle irritata

Anche le cause non patologiche di irritazione cutanea sono molto varie e possono andare dai metodi di depilazione, all’esposizione ai raggi solari, fino alle intolleranze alimentati.

  • Rasoi: la depilazione con rasoi e lamette è utilizzata principalmente dagli uomini per fare la barba. Il passaggio delle lame del rasoio o della lama della lametta sulla pelle del viso può provocare rossore e irritazione e talvolta anche piccole escoriazioni. Le zone della faccia più colpite dalla depilazione con rasoio sono il mento, le guance e la zona appena sotto il collo. L’irritazione può anche manifestarsi successivamente, interessando la pelle sotto la barba. Il rasoio è utilizzato come metodo di depilazione anche dalle donne, per zone come gambe, inguine e ascelle. Queste ultime due zone sono particolarmente soggette ad irritazioni post depilazione poiché la pelle è più sottile e delicata; le gambe invece sono più resistenti ma possono verificarsi comunque irritazioni anche in queste zone. Meno frequenti sono le irritazioni da rasoio elettrico che, privo di lama, provoca meno stress all’epidermide.
  • Ceretta: la ceretta irrita la pelle perché strappa in maniera violenta i peli dalla loro sede naturale. La violenza dello strappo può causare la formazione di puntini rossi e di un alone rosso nella zona intorno allo strappo. Le parti colpite in questo caso dipendono dalla zona in cui viene effettuata la ceretta, solitamente nelle donne si effettua a livello di inguine, gambe, ascelle e talvolta anche sotto il naso per eliminare i baffetti, e sono quindi queste le zone più soggette ad irritazione. Nell’uomo invece la ceretta si utilizza per eliminare i peli in eccesso da schiena e petto (ma talvolta anche dalle gambe), per cui anche in queste zone si può avere comparsa di irritazione ed infiammazione.
  • Crema depilatoria: la crema depilatoria, utilizzata comunemente per la depilazione di grandi superfici corporee come le gambe nelle donne o il petto e la schiena negli uomini, può provocare irritazione cutanea a causa delle sostanze chimiche in essa contenute che possono alterare il delicato equilibrio della pelle.
  • Esposizione al sole: i raggi solari hanno molteplici effetti sulla cute umana tra i quali l’invecchiamento cutaneo e lo sviluppo di possibili irritazioni. La pelle si irrita a causa dell’errata esposizione al sole: tempi eccessivamente prolungati, mancanza di filtro solare, esposizione durante le ore più calde. In ogni caso è possibile che si creino irritazioni, dal semplice rossore alla formazione di piccole puntine accompagnate da prurito, il cosiddetto “eritema solare”.
  • Sudore: una sudorazione eccessiva può provocare l’irritazione cutanea specialmente in quelle zone, come l’interno coscia o sotto il seno, in cui la pelle è sottoposta a sfregamento. L’irritazione si manifesta di solito con prurito e rossore.
  • Cisti sebacee: sono degli accumuli di grasso che si formano al di sotto della cute. Sono solitamente asintomatiche ma, se si infiammano, ad esempio per lo sfregamento con gli abiti, possono provocare arrossamento e dolore a livello dell’epidermide.
  • Detersivi e cosmetici: l’uso di detersivi e cosmetici può causare irritazione cutanea a causa delle sostanze chimiche molto aggressive contenute in questi prodotti. I cosmetici utilizzati per il trucco possono causare irritazione principalmente alla pelle del viso come la zona del contorno occhi e della fronte, mentre quelli utilizzati per la cura del corpo possono causare irritazioni e prurito alla pelle del cuoio capelluto o nelle zone più delicate del resto del corpo, ad esempio a causa di un bagnoschiuma troppo aggressivo. I detersivi irritano frequentemente soprattutto le mani, infatti sarebbe opportuno proteggerle utilizzando i guanti.
  • Punture di insetto: quando un insetto ci punge rilascia delle sostanze chimiche che provocano una reazione irritativa nel nostro organismo e in particolare sulla pelle, con conseguente rossore e prurito.
  • Radiazioni: soggetti sottoposti a cure con radiazioni, come la radioterapia per il trattamento di alcuni tumori, possono presentare irritazione della pelle nel punto di ingresso dei raggi X, con un effetto molto simile a quello dei raggi solari.
  • Alimenti: la pelle può essere irritata anche a causa di alcuni alimenti, chi utilizza il peperoncino per cucinare per esempio potrà avvertire una sensazione di bruciore se accidentalmente lo sfrega sulla cute.
  • Sfregamento: seppur indirettamente raffreddore e allergie possono provocare irritazione della pelle specialmente nella zona del naso e intorno ad esso. L’irritazione in questo caso è provocata dallo sfregamento continuo sulla pelle del fazzoletto che si utilizza per asciugarsi il naso.
  • Salsedine e cloro: l’acqua del mare o l’acqua clorata delle piscine possono provocare arrossamento e irritazione della pelle con o senza prurito, specialmente in quei soggetti che hanno una pelle particolarmente sensibile.
  • Freddo: L’abbassamento della temperatura provoca pelle secca e infiammata che spesso appare anche screpolata e arrossata. La causa è dovuta alla riduzione dell’idratazione cutanea che colpisce soprattutto viso o mani che sono le zone più esposte.

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Scopri le formidabili proprietà curative dell’anguria

MEDICINA ONLINE DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO ANGURIA COCOMERO MELONE FA INGRASSARE DIMAGRIRE FRUTTA ACQUA CALDO ESTATEL’anguria contrasta alcune patologie ed inestetismi:

  • Cistite, ritenzione idrica, gonfiore alle gambe. Grazie alle sue capacità diuretiche e disintossicanti, legate anche all’alta percentuale di acqua contenuta, il cocomero aiuta la depurazione dei reni.
  • Ipertensione e patologie legate all’apparato cardiocircolatorio grazie al potassio che regola insieme al sodio la quantità di liquidi nell’organismo. Per combattere l’ipertensione è infatti necessario assumere la giusta quantità di potassio, mentre invece viene assunto normalmente sodio in quantità eccessiva.
  • Carcinomi e tumori, soprattutto alla prostata, grazie al contenuto di licopene un antiossidante che combatte i radicali liberi.
  • Anemia, in quanto il cocomero è ricco di ferro e vitamine A e C e quindi è un ottimo ricostituente.
  • Stipsi ed emorroidi, i semi, come detto, hanno effetto lievemente lassativo e pertanto aiutano a riattivare un intestino pigro con notevoli benefici per le emorroidi.
  • Cellulite: il suo effetto disintossicante e drenante riduce l’accumulo di tossine e tessuto adiposo, attiva il microcircolo ed è pertanto molto utile a prevenire l’odioso inestetismo.
  • Invecchiamento cutaneo: il betacarotene di cui l’anguria è ricca, aiuta a prevenire l’invecchiamento della pelle, in quanto stimola la rigenerazione cellulare.
  • Umore e fame nervosa: la vitamina B ed il magnesio presenti nel frutto migliorano l’umore e contrastano la fame nervosa uno dei principali responsabili dell’aumento di peso.
  • Colesterolo e trigliceridi: poiché ricco di acqua e fibre il melone migliora la circolazione, e fluidifica il sangue contrastando il deposito di grassi.
  • Astenia e disidratazione in bambini, anziani e sportivi: l’anguria è rinfrescante e ricca di sali minerali per cui è molto efficace per contrastare disidratazione, stanchezza e spossatezza tipica dei periodi molto caldi e pertanto particolarmente indicata nell’alimentazione di anziani e bimbi, inoltre – grazie alla forte presenza di acqua e sali minerali – in caso di attività sportiva di diverso tipo (corsa, aereobica ma anche body building) anche solo una fetta di anguria può giovare molto nel restituire al corpo gli elementi perduti con la sudorazione e contrastare l’ipotensione arteriosa.

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Palato: anatomia, funzioni e patologie più diffuse in sintesi

MEDICINA ONLINE WOMAN GIRL LIPS BEAUTIFUL SMILE WHITE TEETH DENTI BIANCHI LABBRA SORRISO RISO DONNA VISO VOLTO CARIE TARTARO PLACCA DENTIFRICIO COLLUTORIO SPAZZOLINO PULIZIA CLEANING WALIl palato è la parete superiore della cavità orale. È costituito nei 2/3 anteriori dal palato duro e nel terzo posteriore dal palato molle. Queste due porzioni normalmente sono scarsamente distinguibili alla vista, anche se il palato molle è più vascolarizzato e quindi può apparire di colore rosso più intenso, sono invece ben distinguibili al tatto.

Palato duro

Il palato duro una formazione osteo-fibro-mucosa, in quanto è costituito dai processi palatini dell’osso mascellare, dalle lamine orizzontali delle ossa palatine e da un rivestimento muco-periostale molto resistente. Il piano osseo è a volta, i cui bordi sono ancorati ai bordi delle emiarcate alveolari del mascellare; la conformazione di tale volta è variabile a seconda di età, sesso, conformazione del massiccio facciale e dallo sviluppo delle fosse nasali. In particolare, se il soggetto presenta fossi nasali strette avrà un palato ogivale, in caso di fosse nasali larghe il palato sarà più spianato e con distanza tra le due emiarcate superiori aumentata. La mucosa si presenta di colore rosa pallido, lungo la linea mediana si apprezza il rafe palatino che anteriormente termina con la papilla incisiva; da tale papilla e dal tratto anteriore del rafe si dipartono dei rilievi pleiomorfi chiamati rughe palatine, che rendono la superficie del palato duro anteriore alquanto irregolare. Tale irregolarità ha come fine l’agevolazione del processo della masticazione. La superficie posteriore appare liscia e regolare, ad un maggior ingrandimento si notano piccole crestoline da cui sboccano i dotti escretori delle ghiandole palatine.

Struttura del palato duro

La mucosa è di tipo masticatorio, ossia coperta da un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato, la tonaca propriapresenta una tessitura di tessuto connettivo denso, con numerose e alte papille in corrispondenza dell’interfaccia con l’epitelio (circa 150 per mm quadrato). La tonaca propria è strettamente adesa al sottostante periosteo soprattutto lungo la linea mediana grazie a robusti tralci fibrosi, e l’adesione è talmente forte da rendere impossibile la scollatura dei due strati e da rendere indistinguibile la tonaca propria dalla sottomucosa; più perifericamente, cioè vicino ai processi alveolari, poggia su uno strato cellulo-adiposo nel cui contesto corrono vasi e nervi del palato. Nei 2/3 posteriori del palato duro sono presenti le ghiandole mucose palatine.

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Vasi e nervi del palato duro

La vascolarizzazione è assicurata dall’arteria palatina maggiore e dall’arteria nasopalatina, l’innervazione invece dal nervo palatino anteriore e dal nasopalatino, entrambi rami della branca mascellare del trigemino.

Palato molle

Il palato molle ha la funzione di isolare la cavità orale dalla rinofaringe durante la deglutizione, poiché il suo ricco corredo muscolare lo rende particolarmente mobile. Detto anche velo palatino, è una lamina muscolo membranosa distinta in due porzioni:

  • una orizzontale, naturale continuazione del palato duro
  • una verticale, terminante con un margine libero

La porzione orizzontale fa parte della volta della cavità orale e ne costituisce il terzo posteriore, il passaggio da palato duro a molle non è molto demarcato, anche se si nota per un colore più intenso (per la maggior vascolarizzazione) e per la presenza di un epitelio più sottile. La porzione verticale presenta una superficie concava anteriormente e leggermente a sella rovesciata. Il margine libero presenta una piccola prominenza carnosa chiamata ugola al centro, ai due lati si inarca e si sdoppia in due pieghe chiamati pilastri palatini anteriore e posteriore o pilastri palatoglosso e palatofaringeo. Tali pilastri delimitano la fossa tonsillare in cui è accolta la tonsilla palatina.

Muscoli del velo palatino

Sono presenti cinque muscoli pari.

  • Muscolo tensore del velo palatino: Origina dalla fossetta scafoidea, dalla superficie antistante al foro ovale e dalla lamina laterale della cartilagine tubarica; le sue fibre procedono da tale origine verso il basso e in avanti lungo la lamina mediale del processo pterigoideo dello sfenoide e si espande quindi sull’aponeurosi palatina. La sua contrazione determina un’estensione del palato, importante per la modulazione della voce.
  • Muscolo elevatore del velo palatino: nasce dalla faccia inferiore della piramide del temporale in prossimità dell’apice, decorre sulla parete laterale della faringe e raggiunge il palato molle per espandersi sulla superficie dorsale dell’aponeurosi palatina ed entrare in rapporto col muscolo controlaterale. La sua contrazione determina il sollevamento del palato molle.
  • Muscolo Azygos: nasce dalla spina nasale posteriore e decorre ai lati della linea mediana dell’aponeurosi palatina e termina sulla punta dell’ugola. La sua contrazione determina una contrazione dell’ugola.
  • Muscolo palatoglosso: nasce dalla faccia anteriore dell’aponeurosi palatina, decorre nello spessore del pilastro palatino anteriore e raggiunge la radice della lingua dove le sue fibre in parte si accompagnano alle fibre del muscolo stiloglosso e in parte con le fibre del muscolo trasverso. La sua contrazione restringe l’istmo delle fauci.
  • Muscolo palatofaringeo: origina dalla superficie dorsale dell’aponeurosi palatina con due fasci che confluiscono verso il margine postero laterale del palato, da cui scendono lateralmente e dietro la tonsilla palatina e terminano in parte sul margine posteriore della cartilagine tiroide e in parte dalla tonaca fibrosa della parete laterale della faringe. La contrazione determina un accorciamento della faringe.

Struttura del velo palatino

La mucosa del versante orale caratterizzata da un epitelio pavimentoso pluristratificato non cheratinizzato con presenza di alcune gemme gustative e da una tonaca propria ricca di ghiandole, fibre elastiche, con numerose papille. Lo strato muscolaredal corpo del muscolo palatoglosso. L’aponeurosi palatina è lo scheletro fibroso del palato molle ancorato anteriormente al margine posteriore della volta del palato duro e ai lati agli uncini dei processi pterigoidei dello sfenoide, indietro si perde nello spessore dei muscoli cui fa da inserzione.

Vasi e nervi del velo palatino

La vascolarizzazione è assicurata dall’arteria palatina discendente (ramo della mascellare interna) e dall’arteria palatina ascendente (ramo dell’arteria facciale). L’innervazione sensitiva è fornita dai rami del nervo sfenopalatino, quella motrice dal trigemino, dal facciale e dall’accessorio del vago tramite il plesso faringeo.

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Funzioni del palato

Il palato molle è dotato di una ricca e complessa mobilità grazie alla sua componente muscolare, e interviene in due processi complessi: la deglutizione e la fonazione. Durante la deglutizione svolge la propria funzione con due azioni:

  • La formazione del bolo alimentare, grazie alla contrazione dei muscoli palatoglossi che spingono la radice della lingua contro il margine libero del velo palatino creando una barriera contro la quale il bolo viene compattato e modellato per essere deglutito.
  • Il passaggio del bolo nel cavo faringeo, tramite l’azione dei muscoli elevatori del palato e dei muscoli palato-faringei che sollevano il velo palatino e lo addossano alla parete posteriore della faringe chiudendo le coane nasali, impedendo che il bolo possa risalire in esse. Contemporaneamente grazie ad altri gruppi muscolari la laringe sale verso l’alto e viene chiusura della stessa grazie all’epiglottide: in tal modo il bolo scende nell’esofago.

Quanto alla fonazione il palato molle interviene indirizzando il flusso d’aria in uscita dalla laringe o verso le coane o verso la cavità orale, con una gamma di movimenti di abbassamento e sollevamento che vanno da un minimo di sollevamento nella emissione delle vocali A e O e al massimo di sollevamento per la vocale I. Per le consonanti nasali si ha invece il massimo dell’abbassamento. In caso di paralisi dei muscoli del velo palatino (es.: in caso di difterite) la voce diventa nasale e durante la deglutizione di liquidi avviene il rigurgito di questi nelle cavità nasali.

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Vagina: anatomia, funzioni e patologie in sintesi

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La vagina (dal latino, letteralmente “fodero” o “guaina”) è una delle parti interne dell’apparato genitale femminile ed è costituita da un canale fibromuscolare molto elastico che serve da supporto al collo dell’utero e all’uretra. Si tratta dell’organo femminile interessato nel rapporto sessuale e, come canale ultimo, nel parto. La vagina unisce l’utero con la vulva (i genitali esterni). La vagina ha una lunghezza di 8-10 centimetri e un orientamento leggermente obliquo, che dall’alto si dirige in basso e in avanti. Superiormente si inserisce nel collo dell’utero, mentre inferiormente attraversa il pavimento pelvico e si apre nel vestibolo della vulva. Anteriormente, la vagina è in rapporto con la base della vescica nel suo terzo superiore e con l’uretra nella sua parte inferiore. Posteriormente, la vagina è in rapporto con la cavità peritoneale (cavo del Douglas) nel suo terzo superiore, con il retto nella sua porzione intermedia e con il perineo nel terzo inferiore.

Funzioni della vagina

Il canale vaginale è molto distensibile; in condizioni normali è infatti collassato (appiattito in senso antero-posteriore), mentre si dilata:

  • durante i rapporti sessuali, per accogliere il pene e ricevere lo sperma (organo copulatorio);
  • durante il parto, per consentire il passaggio del feto e degli annessi fetali.

Altra funzione della vagina è quella di permettere il passaggio dei fluidi mestruali.

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Anatomia

La vagina è un canale che si estende dalla cervice uterina (porzione anatomica più profonda) alla vulva (porzione anatomica superficiale), la quale ha una lunghezza da 6 a 8 cm nella parte anteriore e di 8–9 cm nella parte posteriore, dilatandosi/espandendosi in lunghezza e larghezza durante l’eccitazione sessuale. Quando la donna mantiene la stazione eretta, il condotto vaginale traccia (rispetto alla regione pelvica) una curva geometrica di orientamento superiore-posteriore che forma un angolo leggermente minore di 45 gradi con l’utero. L’apertura vaginale si trova verso l’estremità caudale della vulva, dietro l’apertura dell’uretra. Il quarto superiore della vagina è separato dal retto per mezzo del cavo rettouterino. Sopra la vagina è situato il monte di Venere. La vagina è di colore rosa vivo tendente al rosso, particolare comune alle membrane mucose interne (in condizione fisiologica) della maggior parte dei mammiferi. I solchi prodotti dalla ripiegatura della parete nel terzo esterno della vagina sono detti pieghe vaginali. Si tratta di rughe costituite da tessuto epiteliale che hanno lo scopo di offrire alla vagina un’estesa area superficiale che ne favorisce l’estensione e l’allungamento. La dilatazione è agevolata, oltre che da dette pieghe che ne aumentano l’espandibilità, pure dalla particolare lubrificazione, che avviene tramite le ghiandole di Bartolino. La membrana della parete vaginale mantiene una determinata umidità, anche se non contiene alcuna ghiandola. Prima e durante l’ovulazione, vengono prodotte diverse varianti di muco della cervice, che fornisce un ambiente favorevole alcalino nel canale vaginale per massimizzare le possibilità di sopravvivenza per gli spermatozoi. La vagina, nella donna vergine, è (di norma, ma non immancabilmente) coperta in parte dall’imene: una membrana di tessuto connettivo che può essere infranta oltre che da un rapporto sessuale, anche da alcuni tipi di esercizi, come le passeggiate a cavallo o la ginnastica, ed altresì da un esame pelvico incauto. Per converso, non necessariamente il coito determina una lacerazione dell’imene: ne consegue che la deflorazione non è un criterio affidabile per la determinazione del primo rapporto completo (specie nell’ipotesi di cosiddetto imene compiacente).

Imene

Nelle donne vergini l’orifizio vaginale è circondato in maniera più o meno importante dall’imene; si tratta di una membrana di tessuto connettivo simile ad un anello, che varia sensibilmente da una donna all’altra per dimensioni e spessore (in alcune donne arriva ad esempio a chiudere completamente l’apertura vaginale, vedi imene imperforato). La rottura dell’imene (detta deflorazione) avviene generalmente durante il primo rapporto sessuale, ma può prodursi anche facendo sport (come l’equitazione) o a seguito di traumi locali, anche durante la masturbazione.

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Lubrificazione e rapporti sessuali

La mucosa vaginale è rivestita da un epitelio pavimentoso stratificato non cheratinizzato; tale epitelio è tipico delle regioni che devono sopportare un importante stress meccanico e che per questo sono soggette a un rapido turnover degli elementi cellulari di superficie. Oltre che nella vagina, ad esempio, ritroviamo questo epitelio nella mucosa del cavo orale e dell’esofago. Nella mucosa vaginale non sono presenti ghiandole; di conseguenza, la lubrificazione del canale vaginale è affidata al fluido che trasuda dai plessi venosi della parete vaginale; durante i rapporti sessuali, la lubrificazione è maggiore poiché i vasi venosi si dilatano in risposta all’eccitazione sessuale. A ciò si aggiunge anche l’attività lubrificante del muco cervicale, mentre per quanto riguarda la lubrificazione della vulva intervengono soprattutto le ghiandole di Bartolini. Il fluido vaginale rappresenta anche un importante difesa dai patogeni e un sostegno per l’attività degli spermatozoi.

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Rughe vaginali

La mucosa della vagina presenta pieghe trasversali, disposte in serie e chiamate rughe o pieghe vaginali, più numerose e sviluppate inferiormente. La loro presenza è importante per garantire all’organo la già ricordata estensibilità, che gli permette ad esempio di adattarsi alla misura del pene durante un rapporto sessuale. In seguito alla semplice eccitazione sessuale, anche senza penetrazione, la vagina si allunga rapidamente di circa 8cm e si espande anche in larghezza. Come l’utero, anche la mucosa vaginale subisce caratteristiche e cicliche modificazioni in risposta ai livelli di estrogeni e progesterone.

Il pH vaginale

In condizioni normali, la vagina è popolata da diversi microrganismi, che tra loro si trovano in una condizione di equilibrio. I batteri più importanti nell’ecosistema vaginale sono i lattobacilli. Come avviene in altri distretti, sia i lattobacilli che l’organismo traggono vantaggi da questa reciproca convivenza. La flora lattobacillare si nutre infatti del glicogeno presente nelle trasudazioni vaginali e ricambia il favore sintetizzando acido lattico. Ed è proprio grazie all’acido lattico che l’ambiente vaginale viene mantenuto leggermente acido, ad un pH di circa 3,8-4,5. Tale acidità è particolarmente preziosa e importante per l’organismo, poiché ostacola la crescita di altri patogeni responsabili di infezioni vaginali.

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Patologie della vagina

Le principali malattie e i più comuni disturbi che interessano la vagina sono:

  • vaginite: infiammazione delle pareti vaginali, spesso legata a processi infettivi dell’utero a trasmissione sessuale o per contaminazione fecale;
  • vaginosi batterica: infiammazione della vagina ad eziologia polimicrobica; significa che a determinarne l’infiammazione concorre una generale alterazione della normale flora microbica;
  • vaginismo: spasmo involontario dei muscoli vaginali e perivaginali nel momento della penetrazione del pene o del tentativo – reale o immaginario – di penetrazione. Il vaginismo rende dolorosi, se non addirittura impossibili, i rapporti sessuali;
    prolasso vaginale: spostamento verso il basso delle pareti vaginali per cedimento delle strutture di sostegno e sospensione della vagina.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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