Vescica: dove si trova, anatomia, funzioni e patologie frequenti in sintesi

MEDICINA ONLINE APPARATO URINARIO RENI URETRA URETERI URETERE DIFFERENZA URINA AZOTEMIA PENE VAGINA ORIFIZIO SCORIE VESCICA TUMORI TUMORE CANCRO DIAGNOSI CISTOSCOPIA ECOGRAFIA UOMO DONNALa “vescica urinaria” o, più semplicemente “vescica”, è un organo muscolare cavo posto nel bacino, deputato alla raccolta dell’urina prodotta dai reni che vi giunge attraverso gli ureteri. Dalla vescica l’urina viene periodicamente espulsa all’esterno attraverso l’uretra. L’uretra decorre attraverso un diaframma urogenitale costituito da muscolatura striata sottoposta a controllo volontario, o sfintere esterno. Il processo di emissione dell’urina, detto minzione, porta allo svuotamento periodico della vescica urinaria per mezzo di un riflesso automatico del midollo spinale che stimola la contrazione del muscolo detrusore, fascia muscolare liscia che forma uno strato della vescica.

Dov’è posizionata la vescica

La vescica si trova nella cavità pelvica. Sopra di essa, anteriormente poggia l’intestino. L’intestino è avvolto dal peritoneo, una doppia membrana che lo separa dagli organi uro-genitali. Posteriormente alla vescica femminile vi è l’utero (che fa piegare leggermente in avanti la vescica) e più in basso la vagina, che scende parallela all’uretra. In caso di utero retroverso l’utero non seguirà la normale direzione verso avanti, ma sarà ribaltato indietro.

Anatomia macroscopica

L’ampolla vescicale è formata da due parti: il fondo e il collo. Il fondo costituisce il deposito dell’urina, il volume vescicale è estremamente variabile: la capacità normale in cui si giunge è normalmente compresa tra i 250 e i 300 ml, ma essendo molto elastica in condizioni eccezionali può arrivare a 2 litri; il collo, lungo 2–3 cm, si connette con l’uretra fino al meato uretrale esterno. Nelle femmine il collo coincide col punto di uscita delle urine (uretra posteriore), mentre nei maschi l’uretra posteriore si estende attraverso il pene e prende il nome di uretra anteriore. La forma della vescica è diversa tra i due sessi. Nel maschio si presenta sottile ed allungata, nella femmina, invece, più sferica. Nel maschio inoltre le ghiandole sessuali accessorie, ovvero prostata e vescicole seminali, si situano alla base della vescica. La forma della vescica è, tuttavia, legata strettamente allo stato di riempimento degli organi adiacenti. Nella femmina il corpo dell’utero fa sì che la vescica vuota si pieghi in avanti. Di lato la vescica è circondata da connettivo lasso mentre il suo vertice è fissato alla fascia trasversale tramite i legamenti ombelicali laterali, o vescicali laterali (arterie ombelicali obliterate) e dal legamento ombelicale mediano, o vescicale mediano (che, come detto precedentemente, è il residuo dell’allantoide obliterato e dell’uraco). Grazie al connettivo lasso la vescica può spostarsi verso l’alto quando si riempie. Il muscolo che forma le pareti della vescica è detto muscolo detrusore, un muscolo liscio la cui attività è regolata da fibre nervose simpatiche e parasimpatiche in relazione alle variazioni volumetriche e pressorie percepite dai suoi recettori neuro-muscolari.

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Anatomia microscopica

La parete della vescica è costituita da tre strati di differenti tessuti. La tunica mucosa è costituita da un epitelio di rivestimento di transizione (ovvero un tessuto in cui il numero di strati e la forma delle cellule varia a seconda che la vescica sia piena o vuota) e da una tonaca propria di connettivo. Più esternamente abbiamo la tunica muscularis, costituita da fasci di muscolo liscio. Infine abbiamo un rivestimento connettivale chiamato tunica sierosa.

Patologie più frequenti della vescica

Una malformazione congenita grave è l’estrofia vescicale, in cui essa sporge fuori dall’addome, è dovuta ad uno sviluppo anomalo del mesoderma addominale, ovvero in una insufficienza di muscoli atti a contrastare la pressione dei visceri. Altre malformazioni congenite meno gravi dipendono dalla mancata o errata obliterazione del uraco che unisce la vescica all’ombelico. Si ha così la formazione di cisti, seni o fistole. Quest’ultima si individua precocemente dacché l’urina fuoriesce dall’ombelico. I diverticoli vescicali possono essere congeniti ma più spesso provocati da una ostruzione persistente dell’uretra (acquisiti). Un’importante patologia della vescica è la cistite, un’infiammazione generalmente provocata da un’infezione (Escherichia coli, Proteus, Klebsiella, Enterobacter). La ritenzione urinaria acuta è senz’altro una delle patologie di maggior riscontro a livello vescicale, soprattutto nel sesso maschile. Nel maschio la causa più frequente è l’ipertrofia prostatica che strozza il primo tratto dell’uretra. Altre possibili eziologie sono: la stenosi infiammatoria dell’uretra (soprattutto gonococcica), l’incuneamento di un calcolo nell’uretra (raro).

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Tumore e cancro della vescica

Le più temibili patologie non congenite sono ovviamente le neoplasie, che si dividono per derivazione in:

  • tumori uroteliali (90%), che derivano dall’epitelio di transizione, tra cui:
    • benigni
      • Papilloma invertito
      • Papilloma (esofitico)
    • maligni
      • Carcinoma papillare uroteliale
      • Carcinoma in situ
  • tumori mesenchimali (5%), che derivano dalla muscolatura o dal connettivo della parete vescicale, benché rari, tra i più comuni il leiomioma benigno e il leiomiosarcoma maligno negli adulti, il rabdomiosarcoma embrionale maligno nei bambini
  • tumori di derivazione epiteliale ma non uroteliale, tra cui il carcinoma a cellule squamose e l’adenocarcinoma, e tumori di derivazione neuronale, tra cui il carcinoma a piccole cellule (5%).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Polmoni: anatomia e funzioni in sintesi

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-differenza-ventilazione-polmonare-alveolare-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenzaI polmoni destro e sinistro si trovano nella cavità toracica ai lati del mediastino. Ciascuno di essi è avvolto da una membrana sierosa a doppia parete, la pleura, che costituisce i sacchi pleurici, completamente chiusi. Nel sottile spazio tra i due foglietti pleurici di ciascun sacco vi è una pressione negativa che permette al polmone di espandersi nell’inspirazione e ricevere l’aria atmosferica. Il polmone destro è più voluminoso del sinistro La superficie esterna dei polmoni è percorsa da profonde scissure interlobari, che dividono il polmone destro in tre lobi e quello sinistro in due.  L’ambiente del polmone è molto umido e quindi facilmente attaccabile da batteri. Molte malattie respiratorie sono proprio dovute ad un’infezione virale o batterica.

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Funzioni dei polmoni

La principale (ma non esclusiva) funzione dei polmoni è quella di trasportare l’ossigeno atmosferico ai fluidi corporei come sangue o emolinfa, e di espellere anidride carbonica da essi all’atmosfera. Questo scambio di gas è compiuto in un mosaico di cellule specializzate che formano delle piccole sacche d’aria chiamate alveoli. Il 70% della respirazione è guidata dal diaframma il quale si trova in fondo al torace. La contrazione del diaframma espande verticalmente la cavità dove il polmone è semichiuso. Il rilassamento del muscolo ha l’effetto opposto. L’aria entra attraverso le cavità nasali o orali; essa passa attraverso la laringe e successivamente per la trachea, arrivando ai bronchi. I bronchi dividono i polmoni in parti sempre più piccole, chiamati bronchioli. I polmoni terminano con le sacche alveolari. Gli alveoli sono piccole sacche a contatto con il sangue capillare. Qui l’ossigeno viene diffuso nel sangue, trasportato dall’emoglobina fino al cuore attraverso le vene polmonari. Il sangue senza ossigeno dal cuore parte arrivando attraverso l’arteria polmonare fino ai polmoni per avviare il processo di ossigenazione.

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Funzioni non respiratorie dei polmoni

Oltre alle funzioni di respirazione come lo scambio di gas e la regolazione dell’idrogeno, i polmoni:

  • insieme al rene e ai tamponi ematici, sono i principali regolatori dell’equilibrio acido-base;
  • secernono sostanze quali l’ACE, fattore necessario per la conversione dell’angiotensina I (blando vaso costrittore) in angiotensina II, potentissimo vaso costrittore;
  • influenzano la concentrazione di sostanze attive e di farmaci nel sangue arterioso;
  • filtrano i piccoli grumi di sangue che si formano nelle vene;
  • fungono da protezione fisica per il cuore.

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Organizzazione strutturale

All’ingresso nei polmoni, i bronchi principali si ramificano dando origine all’albero bronchiale. Il bronco principale destro dà origine a tre bronchi lobari, che si portano ai tre lobi del P. destro, il sinistro ne forma invece due. Il parenchima polmonare è formato dall’insieme dei lobuli polmonari. Ogni lobulo ha forma poliedrica e riceve un bronco lobulare accompagnato da un ramo dell’arteria polmonare. Il bronco lobulare emette una serie di ulteriori ramificazioni, i bronchi intralobulari che, ramificandosi ulteriormente, danno origine a 10-15 rami più piccoli, i bronchioli terminali. Ciascun bronchiolo terminale si biforca in due bronchioli respiratori la cui parete presenta, a intervalli, estroflessioni sacciformi che vengono circondate da una rete di capillari originati dai rami dell’arteria polmonare. Sono gli alveoli polmonari, sede degli scambi gassosi e strettamente contigui gli uni agli altri. L’unità elementare del parenchima polmonare è rappresentata dall’acino polmonare, definito come l’insieme delle ramificazioni, provviste di alveoli polmonari, che originano da un bronchiolo terminale. In ogni acino sono presenti da 500 a 2.000 alveoli polmonari.

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Orecchio esterno: anatomia e funzioni in sintesi

MEDICINA ONLINE CATENA DEGLI OSSICINI ORECCHIO MARTELLO INCUDINE STAFFA MEDIO IMPEDENZA COMPRESSIONE MUSCOLI FUNZIONI PATOLOGIE SORDITA IPOACUSIA TRASMISSIONE IMPULSO SUONO SONORO RUMORE ANATOMIA 2L’orecchio esterno è, sostanzialmente, la componente dell’orecchio visibile a occhio nudo ai lati della testa. Le principali parti che lo costituiscono sono: il padiglione auricolare, il condotto uditivo esterno (o meato acustico esterno) e la faccia esterna del timpano (o membrana timpanica).

  • Padiglione auricolare. Ricoperto di cute, è una struttura prevalentemente cartilaginea, sulla quale gli anatomisti identificano varie zone caratteristiche, tra cui: due rime ricurve, una più esterna dell’altra, chiamate elice e antielice; due sporgenze, chiamate trago e antitrago,  che tendono a coprire il meato acustico esterno; la conca, che è la regione concava in cui prende posto l’apertura del condotto uditivo esterno; infine, il lobo, costituito da tessuto adiposo e localizzato sul margine inferiore.
  • Condotto uditivo esterno. Lungo tra i 2,5 e i 4 centimetri e ricoperto di pelle, è il canale che, con una caratteristica curva a S, va dal padiglione auricolare (precisamente dalla conca) al timpano.
    Il tratto iniziale del condotto uditivo esterno è di natura cartilaginea, mentre il suo tratto finale è di natura ossea. La porzione ossea che costituisce il tratto finale appartiene all’osso temporale del cranio e prende il nome di bolla uditiva (o bolla timpanica).
    La pelle che riveste il condotto uditivo esterno è ricca di ghiandole sebacee e ghiandole ceruminose. Il compito di tale ghiandole è secernere sostanze come il cerume, che servono a proteggere l’orecchio in generale da potenziali minacce.
  • Faccia esterna del timpano. È la faccia che guarda in direzione dell’apertura del condotto uditivo esterno.

Sull’orecchio esterno trovano posto diversi muscoli e legamenti.
Distinti in estrinseci e intrinseci, i muscoli dell’orecchio esterno umano sono strutture quasi del tutto irrilevanti dal punto di vista funzionale.
Al contrario, i legamenti hanno un ruolo di una certa rilevanza: quelli definiti estrinseci collegano la cartilagine all’osso temporale, mentre quelli definiti intrinseci mantengono in sede la cartilagine e danno forma al padiglione auricolare.

Innervazione dell’orecchio esterno

Aventi funzione sensitiva, i principali nervi che hanno rapporti con l’orecchio esterno sono:

  • Il grande nervo auricolare. Innerva i 2/3 inferiori della superficie anteriore e posteriore dell’orecchio esterno.
  • La branca auricolare del nervo vago (o nervo auricolare o nervo di Arnold). Innerva il pavimento del condotto uditivo esterno e la conca.
  • Il nervo auricolotemporale. Innerva 1/3 della parte superiore anteriore dell’orecchio esterno.
  • Il nervo piccolo occipitale. Innerva 1/3 della parte superiore posteriore dell’orecchio esterno.

Vascolarizzazione dell’orecchio esterno

Orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno possiedono, ciascuno, una propria rete di vasi arteriosi, la quale fornisce loro il sangue ossigenato necessario alla sopravvivenza dei diversi elementi anatomici costituenti.
Entrando nello specifico, l’afflusso di sangue ricco di ossigeno all’orecchio esterno spetta, principalmente, all’arteria auricolare posteriore e, secondariamente, all’arteria auricolare anteriore e all’arteria occipitale.

Funzione dell’orecchio esterno

L’orecchio esterno ha la funzione di convogliare le onde sonore in direzione del timpano; inoltre, grazie alla particolare conformazione del padiglione, è coinvolto nella capacità di individuare l’origine delle onde sonore (cioè di capire da che parte sta arrivando il suono).

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Palato: anatomia, funzioni e patologie più diffuse in sintesi

MEDICINA ONLINE WOMAN GIRL LIPS BEAUTIFUL SMILE WHITE TEETH DENTI BIANCHI LABBRA SORRISO RISO DONNA VISO VOLTO CARIE TARTARO PLACCA DENTIFRICIO COLLUTORIO SPAZZOLINO PULIZIA CLEANING WALIl palato è la parete superiore della cavità orale. È costituito nei 2/3 anteriori dal palato duro e nel terzo posteriore dal palato molle. Queste due porzioni normalmente sono scarsamente distinguibili alla vista, anche se il palato molle è più vascolarizzato e quindi può apparire di colore rosso più intenso, sono invece ben distinguibili al tatto.

Palato duro

Il palato duro una formazione osteo-fibro-mucosa, in quanto è costituito dai processi palatini dell’osso mascellare, dalle lamine orizzontali delle ossa palatine e da un rivestimento muco-periostale molto resistente. Il piano osseo è a volta, i cui bordi sono ancorati ai bordi delle emiarcate alveolari del mascellare; la conformazione di tale volta è variabile a seconda di età, sesso, conformazione del massiccio facciale e dallo sviluppo delle fosse nasali. In particolare, se il soggetto presenta fossi nasali strette avrà un palato ogivale, in caso di fosse nasali larghe il palato sarà più spianato e con distanza tra le due emiarcate superiori aumentata. La mucosa si presenta di colore rosa pallido, lungo la linea mediana si apprezza il rafe palatino che anteriormente termina con la papilla incisiva; da tale papilla e dal tratto anteriore del rafe si dipartono dei rilievi pleiomorfi chiamati rughe palatine, che rendono la superficie del palato duro anteriore alquanto irregolare. Tale irregolarità ha come fine l’agevolazione del processo della masticazione. La superficie posteriore appare liscia e regolare, ad un maggior ingrandimento si notano piccole crestoline da cui sboccano i dotti escretori delle ghiandole palatine.

Struttura del palato duro

La mucosa è di tipo masticatorio, ossia coperta da un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato, la tonaca propriapresenta una tessitura di tessuto connettivo denso, con numerose e alte papille in corrispondenza dell’interfaccia con l’epitelio (circa 150 per mm quadrato). La tonaca propria è strettamente adesa al sottostante periosteo soprattutto lungo la linea mediana grazie a robusti tralci fibrosi, e l’adesione è talmente forte da rendere impossibile la scollatura dei due strati e da rendere indistinguibile la tonaca propria dalla sottomucosa; più perifericamente, cioè vicino ai processi alveolari, poggia su uno strato cellulo-adiposo nel cui contesto corrono vasi e nervi del palato. Nei 2/3 posteriori del palato duro sono presenti le ghiandole mucose palatine.

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Vasi e nervi del palato duro

La vascolarizzazione è assicurata dall’arteria palatina maggiore e dall’arteria nasopalatina, l’innervazione invece dal nervo palatino anteriore e dal nasopalatino, entrambi rami della branca mascellare del trigemino.

Palato molle

Il palato molle ha la funzione di isolare la cavità orale dalla rinofaringe durante la deglutizione, poiché il suo ricco corredo muscolare lo rende particolarmente mobile. Detto anche velo palatino, è una lamina muscolo membranosa distinta in due porzioni:

  • una orizzontale, naturale continuazione del palato duro
  • una verticale, terminante con un margine libero

La porzione orizzontale fa parte della volta della cavità orale e ne costituisce il terzo posteriore, il passaggio da palato duro a molle non è molto demarcato, anche se si nota per un colore più intenso (per la maggior vascolarizzazione) e per la presenza di un epitelio più sottile. La porzione verticale presenta una superficie concava anteriormente e leggermente a sella rovesciata. Il margine libero presenta una piccola prominenza carnosa chiamata ugola al centro, ai due lati si inarca e si sdoppia in due pieghe chiamati pilastri palatini anteriore e posteriore o pilastri palatoglosso e palatofaringeo. Tali pilastri delimitano la fossa tonsillare in cui è accolta la tonsilla palatina.

Muscoli del velo palatino

Sono presenti cinque muscoli pari.

  • Muscolo tensore del velo palatino: Origina dalla fossetta scafoidea, dalla superficie antistante al foro ovale e dalla lamina laterale della cartilagine tubarica; le sue fibre procedono da tale origine verso il basso e in avanti lungo la lamina mediale del processo pterigoideo dello sfenoide e si espande quindi sull’aponeurosi palatina. La sua contrazione determina un’estensione del palato, importante per la modulazione della voce.
  • Muscolo elevatore del velo palatino: nasce dalla faccia inferiore della piramide del temporale in prossimità dell’apice, decorre sulla parete laterale della faringe e raggiunge il palato molle per espandersi sulla superficie dorsale dell’aponeurosi palatina ed entrare in rapporto col muscolo controlaterale. La sua contrazione determina il sollevamento del palato molle.
  • Muscolo Azygos: nasce dalla spina nasale posteriore e decorre ai lati della linea mediana dell’aponeurosi palatina e termina sulla punta dell’ugola. La sua contrazione determina una contrazione dell’ugola.
  • Muscolo palatoglosso: nasce dalla faccia anteriore dell’aponeurosi palatina, decorre nello spessore del pilastro palatino anteriore e raggiunge la radice della lingua dove le sue fibre in parte si accompagnano alle fibre del muscolo stiloglosso e in parte con le fibre del muscolo trasverso. La sua contrazione restringe l’istmo delle fauci.
  • Muscolo palatofaringeo: origina dalla superficie dorsale dell’aponeurosi palatina con due fasci che confluiscono verso il margine postero laterale del palato, da cui scendono lateralmente e dietro la tonsilla palatina e terminano in parte sul margine posteriore della cartilagine tiroide e in parte dalla tonaca fibrosa della parete laterale della faringe. La contrazione determina un accorciamento della faringe.

Struttura del velo palatino

La mucosa del versante orale caratterizzata da un epitelio pavimentoso pluristratificato non cheratinizzato con presenza di alcune gemme gustative e da una tonaca propria ricca di ghiandole, fibre elastiche, con numerose papille. Lo strato muscolaredal corpo del muscolo palatoglosso. L’aponeurosi palatina è lo scheletro fibroso del palato molle ancorato anteriormente al margine posteriore della volta del palato duro e ai lati agli uncini dei processi pterigoidei dello sfenoide, indietro si perde nello spessore dei muscoli cui fa da inserzione.

Vasi e nervi del velo palatino

La vascolarizzazione è assicurata dall’arteria palatina discendente (ramo della mascellare interna) e dall’arteria palatina ascendente (ramo dell’arteria facciale). L’innervazione sensitiva è fornita dai rami del nervo sfenopalatino, quella motrice dal trigemino, dal facciale e dall’accessorio del vago tramite il plesso faringeo.

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Funzioni del palato

Il palato molle è dotato di una ricca e complessa mobilità grazie alla sua componente muscolare, e interviene in due processi complessi: la deglutizione e la fonazione. Durante la deglutizione svolge la propria funzione con due azioni:

  • La formazione del bolo alimentare, grazie alla contrazione dei muscoli palatoglossi che spingono la radice della lingua contro il margine libero del velo palatino creando una barriera contro la quale il bolo viene compattato e modellato per essere deglutito.
  • Il passaggio del bolo nel cavo faringeo, tramite l’azione dei muscoli elevatori del palato e dei muscoli palato-faringei che sollevano il velo palatino e lo addossano alla parete posteriore della faringe chiudendo le coane nasali, impedendo che il bolo possa risalire in esse. Contemporaneamente grazie ad altri gruppi muscolari la laringe sale verso l’alto e viene chiusura della stessa grazie all’epiglottide: in tal modo il bolo scende nell’esofago.

Quanto alla fonazione il palato molle interviene indirizzando il flusso d’aria in uscita dalla laringe o verso le coane o verso la cavità orale, con una gamma di movimenti di abbassamento e sollevamento che vanno da un minimo di sollevamento nella emissione delle vocali A e O e al massimo di sollevamento per la vocale I. Per le consonanti nasali si ha invece il massimo dell’abbassamento. In caso di paralisi dei muscoli del velo palatino (es.: in caso di difterite) la voce diventa nasale e durante la deglutizione di liquidi avviene il rigurgito di questi nelle cavità nasali.

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Imene: dove si trova e come riconoscerlo

MEDICINA ONLINE IMENE ROTTURA SANGUE VAGINA DOLORE SESSO PENE PENETRAZIONE DONNA RAGAZZA SESSUALITA RAPPORTO SESSUALE SPERMA EMORRAGIA CHIAMARE DOTTORE FEMMINILE GINECOLOGIA MESTRUAZIONIL’imene è una membrana che ricopre l’ingresso del canale vaginale. Si tratta di una parte del nostro corpo spesso poco conosciuta, simbolo da secoli della verginità femminile, l’imene viene visto come una sorta di muro da dover abbattere per poter iniziare ad avere una vita sessuale. In realtà questa membrana mucosa ha caratteristiche molto diverse da donna a donna e la rottura dell’imene non necessariamente deve avvenire con dolore o un eccessivo timore. Cerchiamo di scoprire qualcosa in più sull’imene e di sfatare insieme alcuni falsi miti legati alla sua rottura.

Com’è fatto l’imene?

L’imene è una membrana di tessuto biologico che serve a proteggere l’ambiente interno della vagina. Non esiste una tipologia unica di imene, ne sono state rilevate almeno 8 diverse conformazioni. Senza scendere troppo nel dettaglio, cosa che potete comunque fare con il vostro ginecologo, diciamo che non tutti gli imeni sono uguali ma presentano caratteristiche simili. La membrana si estende delle pareti della vagina verso l’interno. E’ solitamente molto sottile ed elastica. L’imene non è certo una membrana a tenuta stagna, altrimenti sarebbe impossibile la fuoriuscita delle normali secrezioni vaginali e delle perdite del ciclo mestruale. Alcuni imeni presentano un piccolo forellino al centro, altri invece hanno diversi forellini lungo tutta la loro superficie, altri ancora invece hanno piccole aperture lunghe e strette (simili ad un taglio verticale).

Dove si trova?

Molti pensano, sbagliando, che l’imene si trovi in profondità all’interno della vagina. In realtà questa membrana è molto più esterna, talmente vicina alla parte esterna degli organi genitali femminili da poter essere osservata dalla donna stessa attraverso un piccolo specchietto.
E’ quindi chiaro che può facilmente rompersi anche durante i preliminari, senza necessariamente dover arrivare alla penetrazione completa.

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Cos’è il peritoneo: dove si trova, anatomia ed organi contenuti

MEDICINA ONLINE PERITONEO PARIETALE VISCERALE FUNZIONI ESAME OBIETTIVO ANAMNESI VISITA MEDICA GENERALE AUSCULTAZIONE ISPEZIONE PERCUSSIONE PALPAZIONE DIFFERENZA FONENDOSCOPIO STETOSCOPIOIl peritoneo è una membrana sierosa mesoteliale, sottile e quasi trasparente, che si trova nell’addome e costituisce il rivestimento della cavità addominale e di parte di quella pelvica (peritoneo parietale), inoltre ricopre anche gran parte dei visceri contenuti al suo interno (peritoneo viscerale), fissandoli al contempo alle pareti della cavità (legamenti dei visceri). Il termine peritoneo deriva dal greco περί (perì ) che significa intorno e τονείος (tonéios) che significa ricoperto, che a sua volta viene dal verbo τείνω (téinō), ricoprire: infatti il peritoneo è l’organo che ricopre intorno gli organi dell’addome e la parete addominale.

Anatomia

Il peritoneo è la più vasta di tutte le membrane sierose e, per la sua disposizione, anche la più complessa. Tale complessità deriva soprattutto dal fatto che anziché rivestire un solo organo a superficie relativamente uniforme, come avviene alle pleure che ricoprono i polmoni o al pericardio che riveste il cuore, di cui è l’equivalente addominale, il peritoneo avvolge parecchi organi, disposti ed orientati nei modi più vari ed aventi anche forme piuttosto irregolari. Il peritoneo viscerale, conformemente a questa irregolarità, forma inoltre grandi pieghe tra gli organi; un esempio lampante è il grande omento, che si stende come un grembiule sulla massa intestinale, partendo dalla grande curvatura dello stomaco. Il peritoneo è costituito da uno strato superficiale di cellule mesoteliali sostenute da sottili strati di tessuto connettivoextraperitoneale, il quale in alcune regioni si presenta particolarmente ricco di lobuli adiposi, come ad esempio in corrispondenza del rene, della regione inguinale, di alcune duplicazioni del peritoneo e della superficie esterna dell’intestino crasso; pare che questi accumuli di grasso svolgano una funzione di protezione e sostegno degli organi. Il peritoneo assolve la funzione, oltre che di rivestimento e di supporto dei visceri addominali, anche di “condotto” per i vasi sanguigni e linfatici e per i nervi della regione addominale.

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Tipologia

Il peritoneo, come le altre membrane sierose, consta di una sottile lamina continua. A seconda della sua posizione nel cavo addominale si distingue in:

  • peritoneo parietale, lo strato più esterno, che riveste la superficie interna delle pareti della cavità addomino-pelvica;
  • peritoneo viscerale, lo strato più interno, che ricopre la maggior parte dei visceri contenuti all’interno del cavo addominale.

Tra questi due strati è presente uno spazio, detto cavità (o cavo) peritoneale, che è del tutto chiusa ed è quindi una cavità virtuale riempita solo da una piccola quantità (circa 50 ml) di un liquido sieroso che funge da lubrificante permettendo ai due strati di scorrere tra loro senza un eccessivo attrito. Il peritoneo viscerale, con i suoi numerosi piegamenti attorno agli organi addominali, fa sì che la cavità peritoneale si riduca ad uno spazio notevolmente piccolo, quasi virtuale. Alcuni organi dell’addome sono completamente avvolti dal peritoneo e sono provvisti di un doppio foglietto, che prende il nome di meso (es. mesentere per l’intestino tenue, mesocolon per il colon, mesometrio per l’utero e così via), che li unisce al peritoneo parietale della parete addominale. In alcuni casi, come nel mesentere, uno strato costituito da due foglietti saldati di peritoneo viscerale tende a fondersi con un altro foglietto dando origine ad una piega che si inserisce sulla parete posteriore dell’addome secondo una linea obliqua che va dalla flessura duodeno-digiunale alla fossa iliaca destra. In altri organi, come il duodeno ed il colon ascendente e discendente, il peritoneo forma un rivestimento incompleto lasciando alcune aree scoperte a contatto con la parete addominale posteriore.

Suddivisioni

Il peritoneo è diviso in due grandi regioni, collegate tra loro dal forame epiploico:

  • La grande cavità peritoneale (o peritoneo della cavità peritoneale propria). Il mesocolon trasverso individua:
    • Spazio sovramesocolico
    • Spazio sottomesocolico, diviso in due metà asimmetriche, destra e sinistra, dal mesentere. La destra è più piccola, chiusa a livello del cieco, mentre lo spazio sottomesocolico sinistro è aperto in pelvi, divisa da questo dal mesosigma.
  • La borsa omentale (o piccola cavità peritoneale). Si possono distinguere:
    • Il Piccolo omento (o omento gastroepatico o piccolo epiploon) è collegato alla piccola curvatura dello stomaco ed al fegato (tramite i legamenti: epatogastrico ed epatoduodenale, rispettivamente pars flaccida e pars densa).
    • Il Grande omento (o omento gastrocolico o grande epiploon o grembiule epiploico) origina dal peritoneo viscerale che avvolge la parete posteriore ed anteriore dello stomaco, parte dalla grande curvatura dello stomaco e scende come un grembiule davanti alle anse dell’intestino tenue fino alla teorica linea passante per le creste iliache anterosuperiori, per poi incurvarsi formando un’ansa in senso anteroposteriore e collegarsi risalendo al colon trasverso, (in totale 4 foglietti); esso svolge una funzione di isolamento e protezione dell’intestino.

Fossetta inguinale

Le fossette inguinali sono dei compartimenti del foglietto parietale del peritoneo che, appoggiandosi sulla fascia trasversale, determina delle fossette sul versante interno della parete anteriore dell’addome. Esse si suddividono in:

  • Fossetta inguinale esterna: è posta lateralmente rispetto ai vasi epigastrici inferiori.
  • Fossetta inguinale media: è compresa fra i vasi epigastrici inferiori e il legamento ombelicale laterale (arteria ombelicale obliterata);
  • Fossetta inguinale interna: è compresa fra il legamento ombelicale laterale e il legamento ombelicale mediano (uraco obliterato).
Foglietti peritoneali della cavità pelvica
Nome Posizione Sesso possessore della struttura
Borsa retrovescicale Tra il retto e la vescica urinaria solo i maschi
Borsa retrouterina Tra retto ed utero solo le femmine
Borsa vescicouterina Tra vescica urinaria ed utero solo le femmine
Fossa pararettale retto maschi e femmine
Fossa paravescicale intorno al vescica urinaria maschi e femmine

Leggi anche: Differenza tra peritoneo parietale e viscerale

Classificazione delle strutture peritoneali

Le strutture situate nell’addome sono classificate come intraperitonealiretroperitoneali o infraperitoneali in base all’effettiva copertura da parte del peritoneo viscerale ed alla presenza o meno di mesenteri. Le strutture intraperitoneali sono solitamente mobili, mentre le retroperitoneali sono relativamente fissate nella propria posizione.
Alcuni organi, come i reni, sono definiti come “primariamente retroperitoneali”, mentre altri organi, come gran parte del duodeno e il pancreas(eccetto la coda che risulta intraperitoneale), sono considerati come “secondariamente retroperitoneali”; ciò significa che tali organi si sono sviluppati come intraperitoneali e che in seguito, con la perdita del proprio meso, sono diventate retroperitoneali.

Classificazione di alcune strutture addominali
Intraperitoneali Retroperitoneali Infraperitoneali
Stomaco, Prima parte del duodeno (5 cm), digiuno, ileo Il resto del duodeno
Cieco, Appendice vermiforme, Colon trasverso, Colon sigmoideo Colon ascendente, Colon discendente
Retto, terzo superiore Retto, terzo medio Retto, terzo inferiore
Pancreas (coda), fegato, milza Pancreas (testa e corpo)
Reni, ghiandole surrenali, ureteri, vasi renali Vescica urinaria
Nella donna: Utero, Tube di Falloppio, Ovaie Vasi delle gonadi

Patologie

Come gli altri organi, anche il peritoneo è soggetto a patologie, le quali comprendono processi infiammatori acuti o cronici, diffusi o circoscritti (peritoniti, perivisceriti, ascessi), di natura aspecifica o specifica. Abbastanza rari sono i tumori primitivi, come fibromi, lipomi, mixomi, mesoteliomi, sarcomi, e secondari a seguito di metastasi da altri organi.

  • Lo pneumoperitoneo, come lo pneumotorace nella cavità toracica, è la presenza di gas all’interno della cavità peritoneale, che può verificarsi in caso di perforazioni di stomaco o intestino; si origina così una situazione di grave pericolo, in quanto accompagnate alle perforazioni si hanno spesso fuoriuscite di liquido dallo stomaco o dall’intestino, che possono causare una grave forma di peritonite.
  • La peritonite è una condizione infiammatoria della membrana e/o del cavo peritoneale che si verifica in casi di perforazioni o di focolai infettivi dei visceri addominali o in entrambi i casi assieme. È una malattia che comporta un grave quadro clinico e spesso necessita di interventi di emergenza.
  • L’ascite è un accumulo in eccesso di liquido presente nella cavità peritoneale.
  • Le briglie aderenziali sono strutture fibrotiche reattive che comportano alterazioni della normale anatomia e fisiologia del piccolo intestino.

La dialisi peritoneale

In una particolare tipologia di dialisi, denominata dialisi peritoneale, una soluzione viene introdotta per mezzo di un catetere all’interno della cavità peritoneale. Tale fluido viene lasciato all’interno dell’addome per un determinato periodo di tempo in modo da assorbire le tossine uremiche che vengono poi eliminate assieme alla soluzione attraverso il catetere usato in precedenza. Questa “pulizia” avviene grazie al grande numero di capillari presenti nella membrana peritoneale attraverso il meccanismo della diffusione molecolare delle sostanze.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Ipotalamo: anatomia, funzioni ed ormoni prodotti in sintesi

MEDICINA ONLINE IPOTALAMO IPOFISI ADENOIPOFISI NEUROIPOFISI ORMONI STIMOLANTE RH HORMONE ANATOMIA FUNZIONI FISIOLOGIA SCHEMI ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO CERVELLO ENDOCRINOLOGIA CERVELLO GHIANDOLE METABOLISMO TSH TRH TIROIDEL’ipotalamo è una struttura del sistema nervoso centrale situata nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali. Costituisce la parte ventrale del diencefalo e comprende numerosi nuclei che attivano, controllano e integrano i meccanismi autonomici periferici, l’attività endocrina e molte funzioni somatiche quali la termoregolazione, il sonno, il bilancio idro-salino e l’assunzione del cibo. L’ipotalamo controlla molte attività connesse all’omeostasi e controlla anche l’ipofisi.

Anatomia

L’ipotalamo è situato ai lati del terzo ventricolo cerebrale e si continua col suo pavimento, è delimitato posteriormente dai corpi mammillari, anteriormente dal chiasma ottico, superiormente dal solco ipotalamico e inferiormente dall’ipofisi, con la quale è a stretto contatto non solo anatomicamente ma anche funzionalmente.

Nel suo contesto, in senso antero-posteriore si possono riconoscere tre gruppi nucleari principali:

  • gruppo anteriore: comprende i nuclei sopraottico e paraventricolare
  • gruppo intermedio: in esso, prendendo come riferimento un piano sagittale passante per la colonna del fornice, possiamo distinguere una regione mediale (con i nuclei: ventromediale, dorsomediale, perifornicale e arcuato, il quale si estende nell’eminenza mediana) e una regione laterale (nuclei: ipotalamico laterale e tuberali laterali)
  • gruppo posteriore: comprende i corpi mamillari nei quali si distinguono i nuclei mamillari mediale, laterale e intermedio, e i nuclei ipotalamici posteriori.

La superficie inferiore dell’ipotalamo si espande leggermente verso il basso formando il tuber cinereum, dal cui centro sporge l’infundibolo, riccamente vascolarizzato, che a sua volta si prolunga nell’ipofisi.

Il rapporto tra ipotalamo e ipofisi è detto asse ipotalamo-ipofisario e collega il sistema nervoso al sistema endocrino o, per meglio dire, permette al primo di svolgere azioni di regolazione sul secondo.

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Struttura e funzioni

L’ipotalamo è costituito da cellule di sostanza grigia raggruppate in numerosi nuclei, distinti topograficamente nei tre gruppi sopra descritti (anteriore, intermedio e posteriore), e collegati con la corteccia cerebrale e i centri del telencefalo, con il talamo e l’epitalamo, con il mesencefalo e il bulbo, da cui arrivano o ai quali vanno impulsi sensoriali vari e fibre nervose efferenti.

L’ipotalamo svolge pertanto una duplice funzione:

  • una funzione di controllo del sistema nervoso autonomo (attraverso il quale modifica la motilità viscerale, i riflessi, il ritmo sonno-veglia, il bilancio idrosalino, il mantenimento della temperatura corporea, l’appetito e l’espressione degli stati emotivi);
  • una funzione di controllo del sistema endocrino: due dei nuclei ipotalamici (sopraottico e paraventricolare) collegano direttamente l’ipotalamo all’ipofisi tramite neuroni che, partendo da essi e terminando con i loro assoni nei capillari della neuroipofisi (porzione posteriore dell’ipofisi, minore per dimensioni), formano un fascio ipotalamo-neuroipofisario che unisce i due organi e forma così il suddetto asse ipotalamo-ipofisario.

I neuroni presenti nei due nuclei producono due ormoni:

  • ossitocina: stimola la contrattura della muscolatura liscia, soprattutto quella uterina (è infatti importante nel parto);
  • vasopressina (od ormone antidiuretico o ADH): agisce sui collettori del rene e viene rilasciata quando aumenta la concentrazione salina nel sangue): questi, attraverso gli assoni degli stessi neuroni, vengono trasportati alla neuroipofisi e lì accumulati fino a quando non si presenta uno stimolo adeguato; infatti questi neuroni sono sensibili ai cambiamenti di pressione osmotica del plasma per mezzo dei neuroni osmocettori (capaci di recepire i valori della pressione osmotica) che, in base alle variazioni di concentrazioni saline, si attivano stimolando la neuroipofisi.

Gli altri nove nuclei ipotalamici:

  • anteriore,
  • sopraottico,
  • paraventricolare,
  • periventricolare,
  • arcuato,
  • soprachiasmatico,
  • premammillare,
  • dorsomediale,
  • ventromediale

presentano dei neuroni detti parvocellulari, dai quali si dipartono i relativi assoni che vanno a terminare con bottoni sinaptici su capillari infundibolari, e permettono in tal modo il controllo della adenoipofisi (ipofisi anteriore). Questo meccanismo di tipo vascolare è detto sistema portale ipotalamo-ipofisario, e si attua tramite il rilascio da parte dell’ipotalamo dei cosiddetti fattori di rilascio (RH) come:

  • TRH per la tireotropina,
  • GnRH per la gonadotropina,
  • CRH per l’ormone adenocorticotropo,
  • GHRH per il fattore della crescita,

ma anche di fattori di inibizione (IF) che vengono riversati nei capillari. Intercettati dall’ipofisi, essi controllano la produzione e il rilascio dei corrispondenti ormoni ipofisari, i quali agiscono a loro volta sulla secrezione degli ormoni secreti dagli organi bersaglio.

Il rilascio dei fattori RH o IF è controllata da uno tipo di regolazione a feedback negativo: infatti, una diminuzione della concentrazione ematica degli specifici ormoni secreti dagli organi bersaglio farà aumentare il rilascio dei fattori RH; al contrario, un loro aumento provocherà una diminuzione del rilascio degli stessi fattori. Questo tipo di regolazione è molto importante e il suo malfunzionamento crea squilibri anche gravi nell’organismo.

Per quanto concerne il controllo che l’ipotalamo attua sul sistema nervoso parasimpatico, esso avviene mediante l’attivazione di ulteriori nuclei, posti nella parte anteriore dell’ipotalamo, il nucleo anteriore e il nucleo preottico. Questi nuclei sono responsabili di fenomeni come la bradicardia(diminuzione della frequenza dei battiti cardiaci al di sotto dei 60 bpm), incremento di salivazione e sudorazione, ipotensione (abbassamento della pressione arteriosa), a seguito di un incremento dell’attività parasimpatica (vedi sistema nervoso parasimpatico). Viceversa, quando un individuo è improvvisamente allarmato o eccitato, le aree cerebrali superiori inviano segnali ai nuclei posteriori dell’ipotalamo, che stimolano il simpatico. Questo provoca tachicardia (accelerazione del battito cardiaco), tachipnea (aumento della frequenza respiratoria), midriasi (dilatazione delle pupille), aumento di flusso di sangue ai muscoli. Questo tipo di reazione si chiama “reazione di lotta o fuga” ed è un tipico esempio delle funzioni che possono essere svolte dall’ipotalamo. In particolare, aree diverse stimolano reazioni diverse.

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Un ulteriore esempio di quanto detto può essere riscontrato nell’azione svolta nella termoregolazione: infatti, i nuclei anteriore e preottico sono detti “centri del raffreddamento”; viceversa il nucleo posteriore è detto “centro del riscaldamento”. Le cellule di cui sono composti sono sensibili alla variazione di temperatura corporea, dato che ricavano dalla temperatura del sangue che arriva al cervello. Se la temperatura è al di sotto dei 36 °C, l’ipotalamo anteriore reagisce liberando serotonina, la quale attiva il nucleo posteriore che, stimolando il simpatico, crea un innalzamento della temperatura. Viceversa se la temperatura è elevata, il nucleo posteriore libera noradrenalina o dopamina, che stimolano i nuclei situati nella zona anteriore dell’ipotalamo, i quali agiscono aumentando la sudorazione e la vasodilatazione periferica. Questi meccanismi favoriscono la dispersione di calore e, quindi, l’abbassamento della temperatura corporea.

Altri ruoli fondamentali svolti dall’ipotalamo sono la regolazione del sonno, ad opera del nucleo soprachiasmatico che ha in particolare la funzione di mantenere lo stato di veglia; il controllo dell’alimentazione ad opera dei nuclei ventromediale e ipotalamico laterale, che possono essere anche detti “centri della fame, della sazietà e della sete” data la loro funzione. Questa è resa possibile grazie agli impulsi derivanti da alcuni ormoni implicati nella regolazione del metabolismo (in particolare quello del glucosio, per cui gli ormoni più importanti che regolano questa attività sono insulina e leptine) ma anche dalle informazioni ricavate dagli enterocettori relative alla concentrazione di zuccheri e acqua nel sangue che, se troppo bassa, stimola il desiderio di mangiare e di bere.

L’ipotalamo è anche in grado di controllare emozioni, stati d’animo e umore, nonché anche il comportamento sessuale. Questo è possibile grazie alla connessione anatomica dell’ipotalamo con il talamo e il sistema limbico (il quale è un insieme funzionale di zone del cervello che regola impulsi e comportamenti emotivi, ma è anche legato alle funzioni organiche vegetative. D’altra parte, sembra essere una delle parti più “antiche” dal punto di vista evoluzionistico); in questa accezione, si può affermare che l’ipotalamo funge da “connessione” tra i due sistemi suddetti e la relativa risposta corporea. Infatti, stimolazioni di diversi centri dell’ipotalamo, come già detto, danno luogo anche in questo caso a risposte diverse: la stimolazione del nucleo posteriore produce risposte aggressive, viceversa accade se vengono stimolati i centri laterali.

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Quali sono i muscoli che compongono la lingua?

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISILa lingua è un organo del corpo umano che occupa gran parte della cavità orale, essa è composta da varie strutture anatomiche: mucose, papille linguali (anche dette papille gustative) e vari muscoli. L’apparato muscolare della lingua è costituito dalla muscolatura estrinseca e da quella intrinseca:

Muscolatura estrinseca

La muscolatura estrinseca della lingua è composta da:

  • Muscolo genioglosso, muscolo laminare di forma triangolare, origina dai processi geni superiori della spina mentale della mandibola; a breve distanza si affossa nel corpo della lingua dove si snoda a ventaglio, mantenendosi in posizione sagittale paramediana. Le sue fibre si distinguono in anteriori (decorrono pressappoco verticalmente e si spingono nella punta della lingua), medie (decorso obliquo e si portano al corpo) e posteriori (decorrono orizzontalmente e raggiungono la radice). La contrazione dei fasci anteriori arretra e piega in basso la punta della lingua, la contrazione dei fasci posteriori spinge la lingua al di fuori della bocca e la contrazione dell’intero muscolo abbassa e appiattisce la lingua.
  • Muscolo ioglosso, muscolo laminare di forma quadrilatera che origina dal corpo e dalle grandi corna dell’osso ioidee, spingendosi in avanti e in alto lateralmente al muscolo genioglosso, si porta sotto la superficie inferolaterale del terzo posteriore della lingua dove le sue fibre si intersecano con quelle dello stiloglosso. La sua contrazione tira la lingua in basso e indietro
  • Muscolo stiloglosso, muscolo cordoniforme che origina dal processo stiloideo del temporale, decorrendo poi lateralmente al muscolo costrittore superiore della faringe si porta in avanti e in basso sul margine laterale della lingua nel punto di unione tra i 2/3 anteriori e il terzo posteriore della lingua. Qui le sue fibre si intersecano con quelle del muscolo ioglosso e proseguono lungo il margine della lingua fino alla punta. La sua contrazione tira la lingua indietro e in alto
  • Muscolo palatoglosso, origina dalla superficie inferiore della aponeurosi palatina, decorre nello spessore del pilastro palatino anteriore e raggiunge la radice della lingua, qui le sue fibre, intersecandosi con i fasci muscolari trasversali intrinseci della lingua, raggiungono la linea mediana e si interdigitano con le controlaterali formando una unità funzionale che agisce da sfintere. Nel corso della deglutizione e delle fonazione la contrazione di questo muscolo chiude la comunicazione tra cavità orale e faringe.

Muscolatura intrinseca

La muscolatura intrinseca della lingua è costituita da fasci di fibre disposte su tre piani e distinti in fasci longitudinali, trasversali e perpendicolari:

    • fasci longitudinali sono a loro volta distinti in superiori e inferiori, decorrono dalla radice della lingua alla punta e lungo i margini laterali della lingua sono accomunati con le fibre terminali dei mm. stiloglosso e ioglosso
    • fasci trasversali decorrono da un margine all’altro della lingua e in corrispondenza della radice sono strettamente connessi con le fibre del muscolo palatoglosso in modo da formare un dispositivo sfinteriale che chiude l’istmo delle fauci durante la fase di predeglutizione
    • Le fibre verticali sono disposte tra la superficie dorsale e quella ventrale.

Tutti i fasci intrinseci originano e terminano nel contesto dell’organo, e in parte sono ancorati allo scheletro fibroso della lingua. Grazie a tale muscolatura la lingua può accorciarsi, ispessirsi e appiattirsi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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